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Chapter 16 - 12 luglio 769, palazzo reale

Santippe era rimasto stupito quando gli era arrivata la notizia di essere stato convocato a palazzo per una seduta del consiglio del re. Il nuovo sovrano si era circondato di consiglieri sconosciuti, persone poco sapienti ma bravi adulatori. In cambio di favori, avevano consigliato il re su come aumentare le tasse e lasciare concessioni edilizie a chiunque le chiedesse. Il quartiere di Porta Orientale era rimasto indietro, impoverendosi rispetto ai nuovi brutti sobborghi che crescevano incontrollati e un enorme pozzo minerario era stato scavato dove un tempo giocavano i bambini. Il popolo non era contento, tutti ricordavano ancora il periodo d'oro che avevano vissuto con Gal.

Dopo la sua morte il regno aveva celebrato un mese di lutto. L'estate era sembrata fredda e immotivata. Poi l'incoronazione di Dragomiro, che cerimoniosamente aveva sollevato la corona dal mausoleo di Gal ponendosela in capo. Da allora, sia Santippe che Shugo e Nico Velati erano stati al palazzo reale solo una manciata di volte quindi era stato strano venire convocati, dopo tanto tempo.

Santippe era arrivato tardi, correndo nella sera di Civilty. Attraversando il ponte, vide le stelle riflettersi nell'acqua e sentì le cicale cantare nella sera. Nella sala del trono c'erano alcuni dei nuovi consiglieri, Joan e Nico Velati, Shugo e la regina consorte Diamonda. La seduta era cominciata: Milita Lang, consigliera, stava già interrogando la baronessa dell'oceano.

-Dopo quanto tempo dopo la tempesta sono arrivati i soccorsi degli indigeni?

-Quattro o cinque giorni circa

-Se fossero arrivati prima, avrebbero salvato delle vite?

-Indubbiamente, dopo il naufrago non ci era rimasto equipaggiamento medico.

-Il punto di ritrovo per le due navi da chi era stato deciso?

-Gli anziani di Pasir-Emas ci avevano indicato quella baia, noi pensammo che era un punto buono per incontrarci.

-Eravate stati messi in guardia contro i pericoli del meteo?

-Si, ci avevano…

-Ho concluso le mie domande!- la fermò Milita, sistemando i suoi appunti. Tra i fogli sparsi sul tavolo, Santippe riconobbe molti dei verbali delle riunioni a cui aveva partecipato con Gal.

-Io vorrei porre un solo quesito- riprese subito il secondo consigliere -Il nome del posto che hai appena nominato…

-Pasir-Emas

-Esatto, proprio così. Ha una traduzione nella nostra lingua?

-Si può tradurre approssimativamente come sabbia d'oro- rispose ingenuamente Joan.

Calò un attimo di silenzio. Shugo si alzò dalla sedia incespicando nel suo bastone per passeggiare nervosamente vicino al muro di fondo. Dopo aver sistemato il suo mazzo di tarocchi, fu il turno di Diamonda di alzarsi e parlare.

-Sire, le testimonianze sono inequivocabili e anche le carte avallano la nostra ipotesi. Ecco la lettura che ho appena concluso: il passato è la luna, ovvero l'inganno, quello che ha portato Gal Targari alla morte. Il presente: la torre. La superbia punita, il fallimento delle imprese dei nostri nemici. Il futuro, radioso! Il sole, il successo della nostra impresa!

Prese subito parola re Dragomiro, dall'alto del suo trono

-La decisione a lungo ponderata, dunque, è confermata. Gli abitanti del nuovo mondo, rei di aver portato mia madre Gal alla morte, privando il glorioso regno di Civilty della sua regina, saranno puniti. Le ricchezze in loro possesso serviranno ad aumentare il nostro prestigio!

Si levò un vociare allarmato dai vecchi consiglieri, messi a tacere dai nuovi. Solo Shugo era rimasto zitto, rassegnato.

-Silenzio, rispetto! Sta parlando il sovrano!

-L'annuncio sarà dato domani, primo anniversario della mia incoronazione, a tutto il reame- continuò lui -Civilty marcia per la guerra!- decretò.

-Shugo, amico mio- Dragomiro lo chiamò quand'era già sulla porta. Nel vasto salone reale non era rimasto nessun altro, e quasi tutte le luci erano già state spente -Spero mi perdonerai per il nostro screzio di qualche giorno fa. Non sto prendendo una decisione facile, immagino sia normale sentirsi nervosi quando si ha sulle spalle la sorte dell'intero regno- disse affabile

-Si, capisco

-La tua opinione è sempre la stessa?

-Dragomiro… Spero solo che ti fidi davvero dei tuoi consiglieri- disse allontanandosi.

Shugo si fermò nel cortile centrale del palazzo, riempiendosi i polmoni dell'aria della notte. C'era qualcosa che non andava. Si guardò intorno, il cancello era aperto e dentro le stanze solo pochi lumi erano ancora accesi. Le guardie facevano la ronda sui bastioni… le guardie. Perché stavano controllando l'interno del castello? Schivò il colpo del primo soldato, colpendo con il pomello del bastone l'altro che era appena apparso dietro a lui. In un attimo ce n'erano cinque intorno a lui, armati di lunghe alabarde. Pessimo errore, armi troppo lunghe per una mischia. Shugo poteva afferrarle e sbatterli uno contro l'altro, colpendo con il bastone nella fessura tra il pettorale e la gola dell'elmo. Sarebbe riuscito a liberarsene presto se non fosse stato per quel dolore alla gamba destra. Cadde in ginocchio con un grido guardando il quadrello che aveva piantato nel polpaccio destro. Un'ombra armata di balestra si dileguò tra i merli delle mura. Le guardie gli furono subito addosso, trattenendolo a terra con le braccia dietro la schiena. Udì la voce di Dragomiro, potendo vedere solo le sue scarpe

-Mi dispiace tanto che sia finita così, Shugo. Ti sono davvero grato di avermi fatto arrivare qui, ma non mi sono piaciute le tue parole alla festa. Magari erano solo parole, ma mia madre mi ha insegnato ad essere prudente quindi ti terrò qui per un po', va bene?

Le guardie lo sollevarono di peso, portandolo all'interno del castello. Ogni movimento della gamba gli provocava un dolore viscerale che veniva dal punto più profondo del muscolo per poi risalire tutto il nervo fino al cervello. Sentiva come una fila di chiodi conficcati al suo interno. La reazione elementare e istintiva del corpo era agitarsi, cercare di arrivare almeno a togliere il quadrello ancora piantato nella sua carne sanguinante, ma le guardie lo tenevano ben stretto. Non poteva camminare e aveva perso completamente l'uso del piede destro in realtà, quindi veniva soprattutto trascinato. Per un lungo corridoio, poi giù per le scale. Le segrete erano una lunga stanza sotterranea col soffitto a botte, bassa e polverosa, dove venne lanciato in una delle celle. Senza il supporto delle guardie cadde a terra inerme, troppo debole per reggersi anche solo sulla gamba buona. Lì, finalmente, riuscì a svenire.