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Chapter 31 - 10 ottobre 1171, taverna di Jimmy il Sorcio

Quando Sheridan partì per il suo addestramento alla scuola cadetti della Marina, Misaloa di Glicalea si ritrovò sola con la madre, nel Palazzo Reale. Allora il suo nome era ancora Emma, e non aveva un cognome. Abituata a giocare con Sheridan, gli altri figli della servitù le sembravano tutti troppo stupidi o pavidi. Ci parlava, certo, ma la loro semplicità era disarmante. La loro massima aspirazione era raggiungere i genitori al servizio di quella enorme macchina governativa che stava diventando il Palazzo Reale. Così, a tredici anni decise di scappare.

Per quanto Emma fosse una ragazza sveglia, conosceva il mondo esterno solo tramite i racconti di Sheridan. Ma tra quelle favole e la reale maestosità di Civilty c'è una grossa differenza e la bellezza del Boulvart non è gentile con una ragazza senza cognome e senza istruzione, con tutti i suoi averi in una sacca di juta. La gente come lei finiva a Porta Orientale. Le baracche pencolanti, i ceffi del porto e la melma del fiume che copriva le strade non comparivano nei racconti di Sheridan. La ragazzina finì presto nel sottoscala di Jimmy il Sorcio insieme ad altri come lei, che servivano nella taverna per pochi spiccioli. Dalle prime ore del mattino fino a sera tardi quei ragazzini giravano tra i tavoli portando da bere ad energumeni e tagliagole, pirati e contrabbandieri. Molti erano i clienti abituali che usavano la taverna come base per le loro fosche operazioni. C'era Dita d'Oro lo strozzino, chiamato così perché pagava sempre con monete d'oro di grosso calibro e Red von Bock, la cacciatrice di taglie, con il suo lungo cappotto di pelle rossa che si diceva fosse umana. C'era la piratessa Sabella con la lunga sciabola alla cintura e il gigantesco Saldiran Boga, alto quasi due metri e mezzo e largo quanto tre bambini affiancati. Con quella clientela particolare erano frequenti le risse ma bastava che Jimmy il sorcio uscisse da dietro il bancone per farle cessare.

Era una serata d'autunno come tante altre. Il pavimento era stato lavato dal vomito e dal sangue e ai piani superiori tutte le lampade erano state spente. Nel camino del seminterrato non si alzavano più fiamme ma le braci erano sufficienti per scaldare l'umido sottoscala in cui vivevano i ragazzini. Delle stuoie affiancate per terra, un lavandino e un secchio per i bisogni. Emma era coricata con gli altri intorno, ognuno che respirava ad un ritmo diverso. La taverna doveva essere vuota, ma sentì comunque delle voci nella sala. Ad un tavolo erano seduti due uomini con Jimmy il Sorcio. Uno portava una bauta sul viso, l'altro era calvo con un grosso tatuaggio sul cranio.

-Lui è l'uomo per te. Garantisco io- esordì Jimmy.

-Puoi entrare dappertutto, dici?- chiese Testa Tatuata

-Ovunque- l'altro da sotto la maschera

-Beh, vedremo. Mi interessa l'ala professori dell'accademia Duluoz. C'è un oggetto, un orologio di legno smaltato sulla mensola del camino della sala comune. Sarai pagato bene.

-Quanto bene?

Testa Tatuata rispose con una cifra abbastanza alta da sembrare irreale.

Era la prima volta che Emma sentiva parlare della Duluoz. Poteva essere la sua occasione? Se fosse riuscita a trovare quell'orologio per prima, avrebbe potuto abbandonare quella vita da sottoscala. Sembrava troppo facile.