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Chapter 29 - 12 Maggio 1168, palazzo reale

Emma era acquattata dietro un cespuglio con le orecchie tese per cogliere ogni rumore. Qualcosa si mosse dietro a lei. O forse era sulla sinistra? Si voltò di scatto, spaventando una rana che corse via nell'erba. Quella era solo una rana. Ma c'era anche qualcos'altro…

-Aha! Trovata!- gridò Sheridan comparendo tra i cespugli. Riusciva sempre a trovarla quando giocavano a nascondino. Cominciarono a correre verso la "tana", l'angolo delle stalle. Lanciandosi sguardi attraverso la siepe che li separava, entrambi cercavano di spingere più forte sulle gambe, buttando un piede dopo l'altro sempre più velocemente. Erano quasi fianco a fianco e solo la rotonda della fontana li divideva dalla tana. Emma vide Sheridan superarla e prendere il sentiero a destra. Per batterlo, doveva provare qualcosa di speciale.

Sheridan si schiantò sul muro delle scuderie gridando "Tana!" ma quando si girò non vide Emma ad inseguirlo. Ansimando mise le mani a coppa intorno alla bocca per chiamarla, ma anche se la sentiva rispondere, non riusciva a vederla. Tornò sui suoi passi e la trovò inginocchiata in un'aiuola. Con le mani sporche di terra si teneva il ginocchio sbucciato e un lembo del vestito era ancora impigliato nella siepe.

-Vieni, andiamo a disinfettarlo- disse Sheridan aiutandola a rialzarsi.

Percorsero al contrario il viale centrale del parco, circondati dalla vegetazione. Su entrambi i lati, basse siepi circondavano aiuole dove i fiori formavano motivi geometrici. Da alcune rocce scorreva un ruscelletto che andava ad allargarsi tra le radici di una mangrovia. Nel laghetto, le carpe boccheggiavano pigre mentre il gracidio delle rane si sovrapponeva allo scroscio delle fontane. Il parco era stata la prima parte del palazzo reale ad essere costruita. Oltre i prati, si vedevano i cantieri ancora all'opera: delle tre grandi costruzioni che avrebbero formato il complesso, solo l'ala nord era già stata completata. Erano stati installati lì molti degli uffici necessari alla gestione del regno, e alcune delle famiglie nobili che formavano la corte de re Isaac Velati ne occupavano gli appartamenti. Tra di loro, anche la famiglia Suriano, con Sheridan e la sorella Lynna.

Sheridan e Emma arrivarono all'ingresso posteriore dell'ala nord. La guardia riconobbe il rampollo dei Suriano e li lasciò passare, ma Emma si fermò fuori dalla soglia.

-Tutto ok? Sei con me, non ti faranno problemi.

-Beh… Mamma mi ha detto di non entrare senza di lei nel palazzo.

-Si ma bisogna fare questa cosa, se non disinfetti la ferita ti verrà una crostona!

-Mamma si arrabbierà comunque, non voglio entrare lì!

-Dai, non lo saprà mai.

-No! Ora torno da lei…

Sheridan alzò il mento e poggiò le mani sui fianchi, imitando suo padre.

-Io, Sheridan della nobile famiglia Suriano, ordino a te in quanto serva di seguirmi all'interno del palazzo.

Sheridan non aveva mai usato così il suo titolo, ma a Emma era stato insegnato di obbedire quando i nobili le chiedevano qualcosa e lo seguì dentro umiliata.

Il corridoio era in penombra e odorava di legno. La moquette rossa ai muri attutiva i suoni. Sheridan la guidò attraverso una serie di porte fino ad arrivare in una grande sala con il pavimento coperto di mosaici e un grande lampadario. In mezzo stava un grande tavolo di legno nero, sufficiente per più di trenta persone. Una targhetta indicava l'occupante di ogni posto e il suo titolo: ministro delle arti, tesoriere, alto generale e molti altri. Emma decise di aspettare nella poltrona destinata al re.

Intanto Sheridan era arrivato al secondo piano, nella stanzetta occupata dal medico di corte. Aveva bussato e lui gli aveva aperto, inginocchiandosi per parlargli alla sua altezza.

-Va tutto bene, giovane Suriano?

-Si! Ma vorrei un po' della pasta verde che mi avevi spalmato quando mi ero ferito al gomito.

-E per cosa ti serve?- chiese il medico sorpreso

-Umm… Una bambola di Lynna si è fatta male. È caduta e spero che stia bene prima che lei se ne accorga… Voglio medicarla come hai fatto con me!

-Va bene, signorino!- disse il medico ridendo. Versò un po' di unguento verde in una fiala e glie lo consegnò insieme ad una benda.

-Fai il tuo lavoro, mio apprendista!

Intanto, anche se erano passati solo pochi minuti, Emma aveva cominciato ad annoiarsi e decise di farsi un giro. Visto che ormai era lì dentro, tanto valeva approfittarne. Uscì in un diverso corridoio, infilandosi nella porta successiva, pentendosene subito. Era un piccolo ufficio, con una grande finestra e schedari allineati alle pareti. Dietro la scrivania, sedeva un uomo grasso con lunghi baffi e ricchi abiti.

-Ferma lì, piccoletta! Che ci fai qui?- le chiese brutalmente.

-Sto cercando Sheridan Suriano, stavamo giocando insieme…- rispose spaventata

-Non credo che mio figlio perda tempo con gente del tuo genere- rispose alludendo ai suoi poveri vestiti una donna che non aveva notato prima, seduta su una poltrona in un angolo. Indossava un lungo verde erba ornato di perle e portava i capelli scuri in una lunga treccia che girava intorno al capo. Tra le mani aveva un'alta pila di fogli fittamente scritti.

-Vieni qui, devi spiegarci un po' di cose- disse il grassone cercando di alzarsi goffamente. Emma non aspettò di vederlo in piedi e si lanciò fuori dalla porta con il cuore che batteva velocissimo. Sentiva l'uomo che continuava ad urlarle di fermarsi da dentro l'ufficio e delle guardie che stavano arrivando dalla sua destra. Prese l'altra direzione. Le porte erano tutte uguali in quel corridoio e aveva paura di ritrovarsi in un'altra stanza occupata. Ma sentendo la confusione, qualcuno stava mettendo fuori la testa e doveva nascondersi.

Si ritrovò in una larga anticamera bianca, che dava direttamente su uno dei grandi saloni dei ricevimenti. Gli alti soffitti a volta erano affrescati come un cielo sereno e lungo le pareti si alternavano specchi e larghi finestroni di vetro colorato. Emma rimase incantata davanti a tutta quella bellezza, alle colonnine di stucco colorato che reggevano il camino, ai lampadari di cristalli scintillanti. Correndo via, scivolò più volte sul pavimento di marmo rosato lucidato con la cera. Ma anche se aveva gli occhi pieni di tutta quell'eleganza barocca, la stavano ancora inseguendo. Riuscì a scappare in un'altra saletta e guardando fuori dalle finestre, capì di essere dalla parte opposta rispetto a dove era entrata. Aprendo porte a caso si ritrovò in un altro corridoio uguale a tanti altri. Ma lì c'era una scala, e magari se avesse raggiunto Sheridan lui avrebbe potuto spiegare tutto alle guardie che lo inseguivano.

I gradini erano alti, progettati per qualcuno più grande di lei, e il tappeto di velluto rosso rendeva tutto scivoloso. Non le servì voltarsi per sapere che dalla porta che aveva appena chiudo stava per uscire una guardia nella sua armatura sferragliante. Emma provò ad accelerare ma scivolò sul velluto, cadendo in avanti. Afferrò istintivamente il corrimano, ma anziché frenare la sua caduta quello cedette di pochi centimetri, con un rumore metallico. L'intera scalinata si inclinò verso il basso, facendo ruzzolare Emma in un corridoio stretto e buio per poi richiudersi sopra di lei. Attraverso le assi di legno, sentì la guardia correre su per i gradini e allontanarsi.

La ragazzina si guardò attorno spaventata. Il corridoio proseguiva per un paio di metri, terminando in una luminosa veranda arredata solo di un divanetto lasciato di traverso, dimenticato in mezzo alla stanza. Le pareti erano le stesse dei corridoi, di moquette rossa con gli infissi di legno scuro intarsiato. Nell'aria si sentiva odore di stucco fresco e sembrava che nessuno fosse mai stato lì. Tutto era silenzioso, tanto che Emma poteva sentire il suo cuore battere ancora velocissimo. In punta di piedi, si avvicinò all'unica porta della sala, sperando di trovare un'altra uscita. Oltre c'era una stanza simile alla prima, ma ancora più vuota. Sembrava quasi che quel posto fosse stato costruito e poi dimenticato, lasciato nascosto in un sottoscala segreto. Non sembravano esserci vie d'uscita, forse c'era un modo per riaprire le scale da cui era entrata, ma le finestre sembravano la scelta più semplice. Lì fuori, si sarebbe potuta nascondere nel parco.

Sheridan aveva sentito le guardie agitate perlustrare il palazzo e si era preoccupato per Emma, non sapendo che era proprio lei la causa di tanto trambusto. Si era preoccupato ancora di più quando non l'aveva trovata nel salone del consiglio dove l'aveva lasciata. Aveva poi fatto il giro del pianterreno senza trovarla, riuscendo per poco ad evitare sua madre e il suo segretario grasso.

-…inaccettabile che le guardie lascino entrare chiunque!- lo aveva sentito sbraitare

-La cosa che è davvero inaccettabile è che mio figlio giochi con una qualsiasi servetta. Gli darò una bella strigliata anzi, una settimana di punizione!

Quando si furono allontanati abbastanza, Sheridan riprese a respirare. Aveva fatto bene a nascondersi dietro a quelle tende. Uscendo, dalla finestra dietro a lui vide il parco e la testa di Emma sbucare dai cespugli. Era davvero pessima a nascondersi.

Nascosti da una siepe di alloro, tirarono il fiato. Mentre Sheridan le medicava il ginocchio sbucciato, lei le raccontò di tutto il caos che aveva provocato e si fecero una grossa risata pensando ai baffi tremolanti del segretario arrabbiato. Gli raccontò anche del passaggio segreto nascosto nelle scale e decisero che lo avrebbero esplorato insieme il giorno dopo.

Ma i loro piani risultarono vani: lady Alesa Suriano punì il figlio confinandolo per dieci giorni nel loro appartamento, e la madre di Emma non fu più clemente. Le bende con cui Sheridan le aveva avvolto il ginocchio attirarono la sua attenzione e riuscì ad estorcere alla ragazzina il racconto di tutta la giornata. Prima l'aveva coperta d'insulti, poi le aveva rifilato sei colpi di staffile sulle natiche: "Pensa a questo la prossima volta che vorrai combinare qualche guaio!"