Ludovica era nel suo letto, ad ascoltare i respiri delle sue compagne che si sovrapponevano asincroni. Le notti insonni e le fughe verso il club le avevano insegnato a capire quando era l'unica ancora sveglia. Si alzò infilandosi il cappotto sopra ai vestiti da ginnastica con cui era rimasta sotto le coperte. Gli appigli fra i rampicanti fuori dalla finestra erano sempre lì. Come un gatto, arrivò alla lavanderia e da lì ai tetti dei cottage. E poi nella torre d'ingresso e infine sulle mura esterne. Le rovine gotiche sembravano fatte apposta per essere scalate, per muoversi di notte senza essere individuati. Infine, si calò a terra fuori dall'accademia, utilizzando i rami di una grande quercia nera. Hermia era già lì fra le radici che sbucavano dal terreno.
-Vai, ecco la tua roba.
Aveva aiutato Ludovica a cambiare il cappotto con un lungo tabarro di feltro verde scuro, con un cappuccio che le stava troppo largo. Sul volto calò una tetra bauta di cartapesta bordeaux. Hermia aveva addosso un abbigliamento simile. Era un'ottima notte per girare mascherati per Porto nuovo. La luna bassa sul mare gettava ombre oblique attraverso i sottili fili di bruma che salivano dai sampietrini. Il silenzio era assoluto, i passi venivano attutiti dall'oscurità e non rimaneva altro che un sinistro fruscio. Passando sotto i portici dell'aerodromo si staccò da una delle colonne un'ombra mascherata simile a loro.
-Colin o Algie?
-Algie. Dovevamo venire entrambi ma Colin ha avuto una botta di sonno e non è venuto.
Da sotto alle maschere, le voci suonavano cupe e distorte.
Ripresero il loro lugubre cammino fino ad arrivare ai capannoni del porto. Lì la luna illuminava direttamente i loro cappucci. Si scambiarono una fugace occhiata da sotto le maschere, carica di significato.
Varcarono l'enorme portellone del magazzino numero cinque. Era un'enorme saracinesca aperta a metà, così larga che ci sarebbero potuti passare tre carri affiancati. L'interno era buio, dominato dalle sagome dei container dormienti e rischiarato solo dal chiarore riflesso dal lucernario sul soffitto. Si vedeva una stella.
La bauta bianca di Holliday Granbotti si stagliava netta nel buio, nel centro del deposito. Lì, stavano per giocarsi l'operazione più pericolosa del Presence Club.