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Chapter 58 - LVIII° allarme tornado

Me la risi fra mé e mé.

«Ooooh! Giusto.» mi strofinai la faccia «Giusto, giusto.» tornai a guardarlo «Scusami.» misi una mano sul petto «Me n'ero dimenticato.»

E prima che potesse rispondere il mio pugno sferzò l'aria.

Taylor Vega (POV'S)

*stock*

Si udì un rumore terribile.

Nicolas reagì prontamente. ‹Ovvio.› -commentai nella mia testa.-

«Smettetela!» fu ciò che dissi «Basta!» non mi ascoltarono.

Perchè doveva sempre essere questa la manfrina quando si trattava di questi due?

Un'idea folle s'impossessò di me. Con uno scatto, mi misi in mezzo. Mi copriì la testa con le braccia ma nessun colpo arrivò.

«Taylor!» dissero all'unisono.

Sono fuori pericolo?› -mi chiesi prima di abbassare le difese.-

Aron mi inveì contro «Sei per caso impazzita?!»

Da lontano scorsi delle figure familiari in cui non mi imbattevo da un po'.

Nicolas «Che cazzo vogliono adesso.» ringhiò a voce bassa.

«Non ne ho idea.» rispose l'altro.

Quando ci ebbero raggiunti io notai solo ed esclusivamente uno di loro. Il mio corpo fu scosso dal fremito che venne causato da una presenza per me immonda.

Ero consapevole che mi stesse guardando. Io non volli farlo. Nel suo sguardo ci leggevo cose, quando posava gli occhi su di me, che soltanto io e forse altre avrebbero potuto leggerci. E non volevo vederle.

Il mio vecchio amico Mr calvizia disse «Si può sapere per quale motivo siete sempre voi tre i problemi?» e io che c'entravo?

Aron «Senti str–..» «Taci, Jhones.» sputò acido Jo.

Nicolas li guardò in cagnesco, e Mario se ne accorse «Tu...» lo prese per il gomito «Ora ti porterò nella tua cella.»

«Non ha fatto niente.» mi feci sentire.

E, chi era rimasto in silenzio, parlò «Oh, innocente Taylor...» -Un brivido mi percosse- ‹No. Non esisto. Non notarmi.› «Come sei aggressiva.»Non parlarmi. Non guardarmi.› «Non ti ricordavo così.»

Intravidi il volto di Aron spostarsi da me, a lui. Rimase zitto. Ma ora sapeva... Sapeva, che qualcosa non andava.

Dopo essersi avvicinato alzò una mano, segno che stava per toccarmi «Ascolta–..» «Non ti azzardare!» feci un balzo fulmineo all'indietro «Non provare a toccarmi!»

«Taylor...?» fu Aron quello a parlare.

«Figlio di puttana...» venne insultato da Nicolas «Che cosa le hai fatto?!»

Lui ha capito.› -una paura cieca prese il possesso di me.-

Lo sguardo di Aron cambiò completamente.

Steven ci raggiunse «Che state facendo?»

Neanche il tempo di dirlo, Aron precedette Nicolas, fu addosso a Liamh.

«Le hai fatto qualcosa?» gli ringhiò dritto in faccia.

Stava stringendo così tanto la collottola della sua giacca che aveva le nocche bianche.

«Aron!» dissi il suo nome.

Era stato steso a terra in un nanosecondo da uno di quei maledetti taiser.

«Jo!»

Mi fiondai sul suo corpo tremamente riverso a terra.

«St-stai bene?! » gli chiesi mentre non sapevo dove mettere le mani.

«Lo.» pausa «Ammazzo.»

Perchè dovevamo sempre finire così? Con loro in piedi, a guardarci, e con noi a terra. Disarmati. Sofferenti.

Jo se la rise «Sì, provaci adesso ad ammazzarmi. Anzi anzi. Aspetta! Te ne do prima un'altra.» mostrò l'aggeggio «La vuoi?»

Nicolas si avventò su Jo, gli tirò un destro da capogiro.

Da lì a poco si sarebbe scatenato il caos, se solo, non si fosse udito quel suono di stop.

*fiiiiiii*

«Che cazzo sta succedendo quà?!»

Ma né il suono del fischietto, né le parole, fecero fermare Jo.

Nicolas «Se–..» gli arrivò un destro, e poi un sinistro, e poi ancora un destro.

*fiiiiiii*

La guardia suonò ancora «Basta adesso!»

Steven cercò di trattenerlo con l'aiuto di Mario.

Christian allora chiese «Che diavolo è successo?!» era arrabbiato.

Nicolas si tirò su da terra e si pulì il sangue che gli stava colando dal naso, aveva uno sguardo così impregnato di rabbia che temetti potesse contrattacare sbattendosene altamente delle possibili conseguenze.

Ci fu confusione nella riposta alla domanda di Christian.

C'erano due se non tre versioni totalmente diverse, c'era trambusto e non si capiva niente.

Io li stavo semplicemente guardando.

Urla, insulti, sangue ancora fresco, stavano facendo a gara a chi sovrastava l'altro. Era alquanto difficile stabilire come fossero andate le cose visto da fuori.

Alzai la mano. ‹Dove pensi di essere, a scuola?› -mi fece sentire stupida, ma non la ascoltai.- «Posso raccontarvelo io.»

Il ragazzo che si trovava vicino a Christian mi guardò scettico «E tu chi saresti?»

«Lei potrà dirci cos'è realmente successo.»

Christian, si fidava di me. E dovetti solo ringraziarlo con lo sguardo.

Iniziai il racconto, ma continuavo ad essere interrotta. Ed indoviamo da chi? Così lui mi portò poco più lontano.

Gli raccontai che avevo avuto un "attacco", senza specificare, gli dissi che Nicolas era intervenuto e che si era messo a litigare con Aron, di come mi fossi messa in mezzo e di quando ci avevano raggiunto loro quattro. Feci fatica a continuare. Non gli raccontai esattamente il seguito.

Come avrei potuto?

Gli dissi poi soltanto che Liamh, difficile pronunciare il suo nome, mi aveva presa in malo modo e mi aveva detto delle cose alquanto... discutibili. Sapevo non essere vero. Ma, forse era meglio che mi avesse portato poco più in là per parlare.

Gli raccontai che prima che potesse intervenire Nicolas lo aveva fatto Aron, di come gli avessero dato la scossa, di come Jo avesse fatto una delle sue battute di merda. Ed in fine, di come Nicolas fosse scattato su di lui per difenderlo.

Quando fecimo ritorno si udirono degli schiamazzi, avevano ricominciato.

Christian «Hey!» esclamò «Per quale motivo avete assunto le posizioni migliori di Rocky?! E perchè voi altri avete su i taiser come se fossero delle spade pronte a colpi–..» ma non terminò, perchè non lo stavano nemmeno ascoltando.

Volarono pugni, urla, insulti, strattoni. Successe tutto a rallentatore.

Aron che si scaglia su Liamh, Nicolas, che lo tenta di tenere per le spalle ma che poi viene tirato via. Buttato a terra. Quell'altra guardia che cerca di tenere Mario per la giacca ma che riceve una gomitata mentre ci prova. Steven, urla, sbraita e poi parte anche lui.

E Liamh. Lui, guardava me. Ed io, guardavo lui. Sorrise, sghembo. Con quel suo fare. E mi mossi.

*bang*

Il suono riecheggiò nell'aria come un tuono.

Con ancora il mio pugno alzato in aria voltai il viso verso chi aveva cliccato il grilletto.

Christian teneva ancora la pistola lungo il suo fianco «Vi-ho-detto-basta.»

Il mio sguardo puntò per terra, di fianco ad egli c'era un piccolo buco nel terreno.

«Il prossimo sarà per chi continuerà a non ascoltarmi.»

«Chri–..» «No, Marco.» lo interruppe «Non me ne frega un cazzo.»

Volsi lo sguardo verso Liamh, che ora, mi stava guardando con una cieca ferocia.

L'ho colpito. L'ho fatto.›

Il presunto Marco aiutò Nicolas, che si teneva ancora il fianco su cui era stato colpito dal taiser, ad alzarsi. Mentre quegli altri tre a parte Liamh si stavano o alzando in piedi o cercando di ricomporre. Si erano presi ben più di qualcue pugno. Aron invece stava spostando lo sguardo da me a Liamh. Con fare sospetto, con quel fare che gridava: 'lo so, io lo so, che è successo qualcosa'. Ma mai avrebbe avuto conferme, non da me.

Steven, rise «Wow, come sembri serio.» si rivolse a Christian.

«Lo sono, infatti.»

Continuò a ridere «Ma fammi il piacere...» si beffò di lui.

S'avvicinò ad Aron, gli puntò il taiser in faccia, ma lui non si scompose.

Sta giocando sul serio a questo gioco?›

Marco disse «Mc Gragory, smettila!»

Steven tirò su un angolo della bocca.

«No, no, voglio proprio vedere.» disse colui che stava incintando il quì presente a scaricargli contro il caticatore «Perchè sono proprio curioso lo sai?»

«Non ti conviene.» ringhiò.

Steven tirò su il mento, un lampo gli passò negli occhi «È divertente come il figlioletto voglia già cercare di prendere le redini della struttura.»

-Diventai di marmo- ‹Che cavolo vuole dire questa frase?!› Voltai il viso verso di lui, e lo vidi, quel fastidio bruciante inerente ad una rivelazione che sarebbe dovuta rimanere sepolta.

Christian «Chiudi quella cazzo di bocca.» digrignò i denti.

«È anche molto divertente come voglia cercare di proteggere il suo beneamato fratello, quando dovresti proteggerti tu, dall'odio che nutre verso di te.»

Prima che Christian non potesse più rispondere di sé Marco gli prese la pistola dalle mani, ma non si fece problemi a dargli addosso all'improvviso. Il suo collega dovette tirarlo su da terra per far sì che si fermasse mentre questo scalciava in aria.

«Basta, basta! Calmati!» gli intimò Marco «Non serve a niente, hai capito?»

Con ancora il fumo che sembrò uscirgli dal naso, nervoso come un toro, non gli diede più addosso.

Chiuse gli occhi giusto il tempo che gli serviva per ricomporsi un attimo.

Nicolas, dolorante, disse «Ora ce ne possiamo and–..» «Tu tornerai in cella.»

«Cosa?!» si oppose «No!»

Lo sguardo di Christian incombé su di lui «Eccome.»

«Non ho fatto niente!»

«Ho visto che quando stavo parlando con lei tu sei ripartito contro Liamh e poi Jo.»

«È successo qualcosa.»

E quello strato sottile di ghiaccio ancora rimasto, si spaccò. Si ruppe con una semplice frase.

La mia guardia preferita non capì e poi, puntò i suoi occhi nei miei. Non seppi se ci lesse qualcosa, ma io nel suo sguardo sì. Un barlume. Un lumino appena acceso.

«Perchè gli hai tirato un pugno?»

Merda.› -pensai mentre spostai per un attimo lo sguardo sullo zigomo arrossato di Liamh.- Anche se, fieramente, si era trattato di un bel pugno.

Rimasi zitta. Un grosso nodo in gola mi stava togliendo la capacità di potergli rispondere.

«Era stata portata nelle celle d'isolamento da Jo.» pian piano feci scivolare lo sguardo sulla figura di chi aveva deciso di prendere parola, e non era né Mr calvizia, né Jo, e né tantomeno Liamh «Poi è stata lasciata con Liamh. Un giorno sì e l'altro pure.»

Mi trovai Aron addosso «Quei segni, quella paura, erano causa sua?»

Christian «Cosa...»

«Ti ha violentato?»

La mia mente non fu più in grado di funzionare.

Fui a terra, seduta, a stringermi le ginocchia.

Ed udiì soltanto il tono di voce troppo alto di Aron «A questo lurido schifoso piace tormentare e torturare le detenute con l'umiliazione! Con l'infliggergli la paura! E se non si piegano a lui, le punisce. Minacciandole, picchiandole. Lo sapevi? È?! Toccandole. Facendole spogliare. Ama giocare a fare il "padrone".» disse molte altre cose, che però non ascoltai.

Non voglio ascoltare niente.› -e chiusi gli occhi- ‹Non voglio vedere niente.›

I giorni seguenti furono spossanti, pesanti. Un mix di ricordi sordi e logoratori. Dovetti rispondere ad un mucchio di domande così da poterle trasformare in una testimonianza. Ciò che fui in grado di fare fu solo annuire e dire qualche parola, perchè, raccontare... No. Non ce l'avrei potuta fare. Ma per fortuna non fui l'unica che aveva subito le mani di Liamh su di sé, così venne mandato via, non seppi quel che gli successe, nemmeno volli saperlo. L'unica cosa che sapevo era che il peso che avevo sullo stomaco e la nausea che sentivo al solo ricordarmene mi avrebbero perseguitata per mesi, se non per tutta la mia intera vita.

lunedì

Ormai erano i primi di Aprile, ma io non sentivo aria di Primavera e né ne vedevo i fiori. Dentro avevo ancora l'Inverno. Nei miei occhi. Nel mio petto. E nella mia testa, lastre di ghiaccio spesso. Sentivo solo il freddo e l'abbandono.

In questi giorni avevano dato l'allarme rosso. C'erano stati molti disastri in giro, sia a causa di tuoni e fulmini e sia dei tornado. Più tardi se ne sarebbe dovuto abbattere uno proprio quì proveniente da est, ne potevo già scorgere i bagliori e le nuvole in lontananza. Ci avevano già intimato di rientrare.

Con nonchalance mi sedetti di fianco a lui.

«Come stai?» mi domandò Aron.

«Ti rispondo soltanto se mi offri una sigaretta.»

E senza le sue solite battute, me la porse.

«Una merda.» dissi atona mentre buttai fuori il fumo.

Nessuno dei due disse più una parola finché non spensimo le nostre sigarette.

«Dici di non sentirti più, cosa intendi?» ‹Non c'è bisogno che gli domandi di cosa stia parlando.› -continuai a guardare davanti a me.-

«C'è qualcuno dentro di me.» sussurrai «E vuole uscire. Rivuole il controllo.»

'Poggiai la testa sulla sua spalla.

«Lo sogno, di notte.»

«Che cosa?» mi chiese.

«Sogno la stanza, e le urla strazianti che rimbombavano tra quelle pareti.» pausa «E poi vedo lui...»

«Philipp.»

«Non lo so come si chiami, io al posto del suo viso vedo la faccia del diavolo.»

Ma... Aspetta.› -mi rimisi dritta.-

Notai i suoi nervi tesi, e poi, i miei occhi si scontrarono coi suoi. E quel che ci vidi non lo avevo visto mai nel suo sguardo.

Il vento si alzò di botto. I capelli mi volarolo sul viso.

«Tu eri lì.» disse piatto «Perchè.»

Non capiì quel che disse, lui... ‹Sa.› Ma che cosa sapeva, che io non sapevo?

Ebbi una fitta fortissima. Quel che mi domandò in seguito non lo udiì, non ce la feci, troppo sconcentrata dal mio dolore. Fu come se degli atroci spilli mi stessero pungendo il cervello.

Nicolas Kepler (POV'S)

Ci hanno appena fatti rientrare perchè da lì a poco sarebbe dovuto venir giù il finimondo.

«Okay, ascoltate.» iniziò a dire l'altoparlante «Fra meno di un'ora si abbatterà su di noi una delle tempeste più disastrose mai viste negli ultimi decenni con possibili uragani.» ‹Questa è la voce del direttore.› -pensai stringendo la mandibola.- ‹È Jonathan.› «Siete pregati di non uscire per nessun motivo al mondo, ripeto, non uscite. Fra cinque minuti non sarà più possibile rientrare. Faremo in modo di bloccare le porte per un'eventuale sicurezza. La struttura è stata costruita su fondamenta rigide, nonostante sia molto vecchia, ma questo non ha garanzia. Rientrate nelle vostre celle con ordine.»

-Mi guardai in giro- ‹Dov'è?›

Fra poco avrebbero chiuso le porte ma non la vedevo.

Erano dietro di me dove si erano cacciati? E poi, lo notai. Ma di lei non c'era traccia.

Mi armai di tutta la pace del mondo che non possedevo e mi diressi verso di lui. Il mio orgoglio se avesse potuto mi avrebbe sputato in faccia di sicuro.

«Aron.» quando il suo nome scivolò giù dalle mie labbra ebbe il sapore del fiele «Dov'è Taylor? Era con te.»

Ma quando si voltò non ebbi neanche bisogno che parlasse.

«Ciao, Nic.» sorrise sghembo.

Quello stupido soprannome non lo sentivo fuoriuscire dalla sua bocca da un sacco di tempo, forse da anni.

«Sapresti per caso indicarmi dove sia il mio adorato gemello?» mi chiese.

Strinsi i pugni lungo i financhi.

«Oh, andiamo...» mi disse «Non guardarmi in questo modo.»

Si avvicinò.

Chiese nuovamente «Allora? Dov'è?»

«Se sei quì a girare bello tranquillo vuol dire che lo sai.»

«Oh!» la sua bocca si trasmormò in una o perfetta «Non ricordavo fossi così tanto in grado di ragionare. Bravo!»

«Che cosa vuoi?!»

«Niente, volevo salutarti.»

«Salutarmi?» assottigliai lo sguardo.

Claus annuì «Già, salutarti. In fondo siamo grandi amici io e te. Abbiamo molte cose in comunque.»

«Del tipo?» chiesi scettico mentre rimasi sull'attenti.

«Il voler vendicarsi su chi ci ha tradito.» mi mise la sua mano sulla spalla.

La scostai «Ti sbagli.» gli dissi «Non è più il mio obbiettivo.»

Il suo sguardo si fece più cupo «E quale sarebbe, ora?»

Lo guardai con attenzione.

«Il mio obbiettivo, ora sei tu.»

Sghignazzò.

«Lo trovi divertente?!» m'innervosiì.

Non la smise per un intero minuto.

«Comunque scommetto che sono insieme, vero?»

«Cosa...?» ma, poi, capiì.

«Tu la stavi cercando e sei venuto a chiederlo poi a me

Ha in mente qualcosa.

Ma prima che potessi fermarlo, o afferrarlo, lui aveva già indietreggiato e si era disperso in una marea di maglie arancioni.

Andai a cercarlo in lungo ed in largo. ‹Maledizione, maledizione, maledizione! Dov'è?!› -non feci altro che pensare.-

Le porte, furono chiuse.

Mi guardai in giro e lo vidi. Lo notai ad una decina di metri da me. Purtroppo, era l'unica persona su cui avrei potuto contare in quello stramaledetto momento.

Ed il mio orgoglio mi sputò in faccia per la seconda volta.