Taylor Vega (POV'S)
Il suo volto si adombrò.
«Quale fottuto problema hai?» mi ringhiò contro a denti stretti.
Qual era il mio di problema?
Lo guardai con un cipiglio, non riuscivo proprio a comprenderlo.
«Prima ti avvicini a me augurandomi il peggio e poi fai la vittima?!»
Fu la mia volta di guardarlo stralunata.
«Di cosa stai parlando?» domandai.
Aron perse completamente le staffe «Mi prendi per il culo?!» gesticolò, persino la vena sul collo gli si era gonfiata a causa della forza che aveva usato per gridare.
Indietreggiai «Tu non sei a po–..» «Non provare a darmi a me del pazzo!» mise l'indice in bella vista.
Mi voltai per andarmene. ‹Non ho intenzione di far sì che lui mi urli in faccia in questo modo.› -pensai nervosamente.-
Mi sentiì strattonare per le spalle, quasi caddi all'indietro!
Lui sbraitò adirato «Non ti azzardare a voltarmi le spalle!»
Tirai uno strattone e lo spinsi «E tu non azzardarti mai più a fare così!»
‹Ora sono incazzata.›
Aron alzò il pugno stretto in aria, si trattenne. Lo portò vicino al viso e poi chiuse gli occhi per poi voltarsi e far due passi. Fece fuoriuscire l'aria dai polmoni e poi si mise le mani fra i capelli mentre aveva il capo volto verso il cielo.
Questa volta mi voltai e lui non mi fermò.
1h
Mi trovavo in cortile da un po' ed i miei nervi non si erano ancora calmati.
«Dannazione, ho pure finito le sigarette.» parlai da sola.
I soldi che ogni tanto mi arrivano in forma anonima avevano smesso d'arrivarmi dopo che avevo rotto i contatti con Claus. Ora capivo da dove provenissero, anche se il perchè non mi era affatto chiaro. Sarà stato per il mio silenzio? Per l'aiuto che pensava gli dessi? Non avrei saputo dirlo. Di certo, però, avevano fatto comodo. Forse gli avrò fatto pena, o chissà.
Sbuffai.
Qualcuno mi venne chiaramente addosso, lo aveva fatto apposta. Potei dirlo dal fatto che nel mentre che si stava dirigendo verso di me mi stesse pure guardando.
‹Che faccia di merda.› «Non è giornata Dylan.»
«Oooh, andiamo!» esclamò, l'attimo dopo mi mise un braccio attorno alle spalle «Non fare così adesso.»
Cercai di scrollarmelo di dosso «Dimmi che cosa vuoi e poi sparisci.«
Maicol, che era con lui, disse «Dylan, smettila.»
«No!» puntò un dito in alto «Oggi sono in cerca di affetto.»
Lo fulminai.
‹Perchè non mi lasciano in pace?›
Dylan «Ah, comunque» s'avvicinò al mio orecchio «c'è qualcuno che mi sta ammazzando con lo sguardo.»
Puntai lo sguardo proprio dritto davanti a me.
«Non sta fulminado te, sta fulminando me.» gli feci sapere.
Aron se avesse potuto mi avrebbe letteralmente fatta diventar cenere.
Dylan, ovviamente, non rimase zitto «Avete litigato tu e il tuo–..»
Gli tirai una gomitata nello sterno.
«Maledetta stro–..» «Smettila, andiamocene.» Maicol lo prese per le spalle «Scusalo.» io non gli risposi, annuiì solamente.
Decisi di andarmene via da quì.
‹Prima o poi gli sp–.. Mh?› -i miei pensieri vennero fermati per un secondo.- Avrò avuto un lapsus?
Come avrei potuto vedere Aron se era in cortile fino ad un attimo fa?
Avrò avuto le allucinazioni, sarà stata colpa del mal di testa che mi stava tornando.
‹Vedi sempre quello che non c'è.› -mi disse- ‹Ma tu infondo ci vivi di allucinazioni.›
Mi tappai le orecchie, peccato che sapessi che non avrei potuto farla tacere.
Il problema non era il rumore esterno ma il rumore che mi proveniva dall'interno. E, quello, non potevi smettere di ascoltarlo.
Rose Valentine (POV'S)
Stavo camminando con le mani dentro alle tasche.
Il chiacchiericcio degli altri detenuti era insopportabile, mi stava facendo venir mal di testa.
Dicisi di andarmene nella mia cella.
‹Lo sai che se ti beccano–..› ‹Sì.› -la interruppi- ‹E non me ne può fregar di meno.›
«Rose Valentine.» sentiì dire.
Neanche feci quasi in tempo a girarmi che qualcuno mi tirò per il polso e mi fece sbattere la schiena contro al muro del corridoio adiacente.
Sorrisi divertita «Mi eccita essere sbattuta al muro, ma così è un po' troppo.»
«Oh, perdonami. La prossima volta starò più attento.»
Aron ridacchiò.
Io «Sen–..» fermai le mie stesse parole. ‹Aspetta, mi ha appena dato corda?›
Mi accarezzò il viso. Schiaffeggiai la sua mano. Lo respinsi.
«Tu chi cazzo sei.» mi misi sulla difensiva.
Dylan Parker (POV'S)
‹Non permetto a nessuno di trattarmi così.› -ero molto arrabbiato- ‹Dove cazzo sta'?›
Appena la trovai la assaliì.
«Lo sai che mi hai fatto male maledetta?!»
Taylor capovolse la testa leggermente all'indietro «Mh?» ‹Mi prende in giro?› «Che vuoi?»
Le andai muso a muso «Senti fottuta–.. Aih!»
Lei, con il mio polso fra le grinfie e le mie dita torte all'indietro, proferiì «Oggi mi hai seccato.»
«L-lasciami maledetta pazza!»
Ghignò ‹Avevo ragione. Avevo ragione!› «Oh, tu non vuoi davvero affibbiarmi questo soprannome. Vero?» non ebbe finito, prese solo una pausa «Perchè sennò mi toccherà farti vedere di cosa sono davvero capaci i pazzi.» mi mollò con uno scatto.
La osservai sorridere mentre andava via con quel sorriso storto che avrebbe potuto infestare gli incubi di un bambino.
Rose Valentine (POV'S)
L'impostore esclamò divertito «Ma che brava...»
Più lo rimanevo a guardare e più mi rendevo conto che non si trattasse di Aron.
«Non mi hai risposto.»
«E anche più tagliente di ciò che mi hanno raccontato.» ‹Ma che significa?›
Lo rimasi ad osservare con astio «Non so chi tu sia, ma se pensi di–..» «Sì sì, so già cosa stai per dire.» sventolò una mano in aria per minimizzare mentre l'altra la teneva sul fianco.
Non avrei potuto fuggire.
«Ti illuminerò.» prese parola «Io sono Claus, non sono Aron.»
«Co–..» «Aah, ah, ah!» mi mise un dito sulle labbra «No. Non far domande, non ne sei tenuta.»
Mi scostai dal muro.
Claus, mi avvertì «Non ti conviene per niente. Né a te, né a me.»
Rimasi ferma, in posizione.
Proferì di nuovo parola «Non provare ad attaccarmi. Pratichi ancora le arti marziali per caso?» ‹Ma-come-cazzo...› «Ti starai chiedendo come so tutte queste cose, lo so. Ma vedi il tutto più come: 'davanti a me si trova un Dio'!»
Gli ringhiai contro «Basta con queste cazzate.»
«Ma non sono cazzate!»
Indietreggiai ancora.
Lui «Vuoi andare?» feci un altro passo «Va' pure. Corri, dai.» e mi voltai.
Ma, quel nome, bloccò i miei arti.
‹Lui, è morto.› -masticai tra i pensieri.-
«Sì, hai sentito.»
Volsi il capo di nuovo verso di egli, come se tutto avesse preso a scorrere a rallentatore.
E con altrettanta lentezza gli domandai «Come hai detto?»
«Damon.» ‹Lui-cosa-sa?!› «Questo è il motivo per cui tu deciderai di collaborare con me. Sai... Non ho più la mia "spia preferita", mi serve qualcuno ch–..»
Non seppi come, né da dove avessi tirato fuori la forza, ma lo avevo sbattuto contro la parete ed alzato di qualche centimetro da terra. Anche se per un solo attimo.
Le mie mani stavano tremando incessantemente.
Lui, fu calmo. ‹Troppo calmo.› -mi suggerì persino lei.-
«Prima che ti spacchi entrambe le tue belle manine ti consiglio di mollarmi.» parlò con una lentezza tale da far venire un groppo in gola per la suspense.
Lo mollai con uno scatto.
Con la voce che ebbe un tremolio gli domandai «Tu come sai di lui? Come fai a conoscerlo?»
Mi mise una mano sulla spalla «Io so un sacco di cose.» mi scrollai la sua presa da dosso.
‹Chi diavolo è questo mostro? Anziché un Dio, lo definirei un diavolo.›
Ridacchiò «O, suvvia, non fare così.»
«Cosa-sai-di-lui.» scandiì.
Claus sbuffò «Gli diedi una mano proprio dopo che scappò.»
‹Scappato...?› -quasi mi venne un crollo.-
...FLASHBACK...
«Puttana!»
«Bastardo!»
Si ode un piatto che viene rotto.
«Non sei in grado di fare niente!»
«E tu sei uno scansafatiche!»
Comincia a sentirsi il rumore di passi veloci e di altri insulti, e di altre cose che vengono rotte. Stavano andando avanti così da almeno un'ora.
Stringo di più la coperta, ficco la testa sotto al cuscino e premo con le mani sulle orecchie.
Una mano stringe la mia «Dai, sta' tranquilla.»
Tiro via il cuscino, guardo mio fratello. Nemmeno questa volta sta versando mezza lacrima. Perchè lui non piange mai? Ogni volta che gliel'ho chiesto mi ha sempre risposto che lui non può permetterselo. Per me, per darmi la forza che io non ho mai avuto.
A 11'anni questi discorsi non sarebbero neanche da fare, eppure, lui li faceva, alla sua sorellina più piccola di sei anni.
«Non è giusto.» dico mentre singhiozzo.
Damon mi dice «Sssh.» mi accarezza «Dovresti dormire. Vuoi che canti per te?»
Annuisco prontamente con la testa, e lui, comincia ad intonare la solita melodia.
Mi sveglio di soprassalto, è buio. Tasto nel letto ma la presenza di mio fratello non c'è.
«Devi starne fuori! Tornatene di sopra da tua sorella, ora!»
«Non gli parlare così! Se si è svegliato è solo a causa tua!»
«Ora basta! Mi hai stancato! Che cos'è che hai detto prima?!»
«Che mi fai schifo! Schifo e basta! Non sei un vero uo–..» «No!» sento urlare Damon.
Sto già correndo di sotto mentre si odono ulteriori passi e cose che si rompono, arrivo in lacrime e vedo che mio padre tiene una pentola fra le mani mentre rincorre mia madre che scappa usando il tavolo come ostacolo per egli. Lei fugge. Va verso la porta. Peccato che lui riesce ad afferrarla, le tira i capelli. Lei appena si gira comincia a prenderlo a pugni in testa!
«Bastaaaaaa!» grido disperata.
Damon corre fra di loro e cerca di separarli, io, rimango quà. In balia di quelle scene senza poter far nulla a parte gridare.
‹Sono schifosamente inutile.› -brutti pensieri per una bambina di sei anni, vero?-
Con uno scatto corro anche io verso di loro.
Mi aggrappo ad un lembo di stoffa «Papà, papà, basta! Basta!»
Mi colpisce in viso proprio sullo zigomo.
Damon, appena vede la scena, si fionda su di me!
«No, no!» lo spintono «Aiuta la mamm–..» «Non me ne frega niente! Se per colpa di questi due stronzi ti devi fare male ti porto via da quà!»
Mi prende in braccio, io scalcio, cerco di dimenarmi, ma non ci riesco.
Stiamo attendendo fuori, dall'altra parte della strada.
«Ho chiamato degli amici, starai con loro solo per qualche notte okay?» mi fa sapere, io lo guardo preoccupata «Tranquilla. Il tempo di sistemare a casa e poi ti ripasso a prendere.»
«Me lo prometti?» dico con voce sottile.
Damon, mi sorride «Ti verrò sempre a riprendere.»
Una macchina sta arrivando, si ferma poi davanti a noi.
1 settimana
Sono passati i giorni. Ancora non si è visto.
Odiavo rimanere senza di lui, gli ero attaccata quasi in un modo tossico.
‹Ti ha abbandonata.› -mi ricomincia a dire.-
Mi rannicchio su me stessa.
Sono almeno due giorni che mi rifiuto dino mangiare e se mi addormento faccio gli incubi.
La sera, non ho più nessuna mano che stringe la mia per darmi sicurezza e farmi fare sogni d'oro. Se allungo il braccio non sento il calore di un altro corpo, ma solamente il freddo più intenso.
‹Mi sento sola.› -stringo il lenzuolo dall'altra parte del letto.-
Mi aveva promesso che sarebbe tornato, che sarebbe venuto a riprendermi.
‹Ma ti ha mentito.›
‹Sì, mi ha mentito.›
5 giorni
Sento aprire la porta ma ho ormai smesso di catapultarmici.
Avevo smesso di sperare.
Quanto poteva essere triste, quando nel vocabolario di un bambino di solo sei anni non sarebbe neanche dovuto esistere questo verbo?
«Ro?»
Ho un fremito. È la sua voce.
Nella prontezza che uso per alzarmi dal pavimento quasi inciampo nei miei stessi passi.
«Damon! Damon!» urlo il suo nome mentre gli corro incontro.
Lui «Hey... Ti avevo promesso che sarei torna–..» lo spingo «Stupido!» stringo i pugni, comincio a colpirlo, non gli arrivo al petto «Avevi detto solo qualche notte!»
Lui non cerca di fermarmi, mi resta semplicemente a guardare. Mi lascia sfogare.
Smetto solo dopo quelli che sembrarono minuti interi.
Si butta su di me «Scusami...» mi stringe forte a sé.
Io non riesco a rimanere arrabbiata e scoppio in lacrime, con le mie manine gli cingo il collo con disperazione.
Lo sento sussultare. Mi blocco.
Cerco di allontanarlo da me, ma lui non me lo lascia fare.
«Che stai facendo?» chiedo mentre mi trema la voce.
Aspetta un attimo prima di rispondere, scosta un braccio dalla mia schiena e l'attimo dopo dopo avermi stretta più forte a sé mi allontana da lui.
Mi guarda «Non ti lascerò mai più. Okay?»
Io con ancora gli occhioni ricolmi di lacrime inizio a far su e giù con la testa in modo frenetico.
«Andiamo a casa?»
Si alza e mi porge la mano.
5 anni
Scendo di sotto, faccio le scale e quando arrivo al penultimo gradino l'ultimo lo salto.
«Ciao.» mia mamma mi saluta col sorriso.
Io ricambio, triste.
Quando mio fratello mi venne a prendere, tornando a casa, non ci fu più traccia di nostro padre. Se n'era finalmente andato. Non domandai mai quel che successe.
‹So solo che ora lei... è ridotta così.› -penso mentre osservo le sue mani rovinate dall'uso continuo.- Non abbiamo abbastanza soldi per permetterci una vera sedia a rotelle, così Damon gliene ha costruita una. Non era il massimo. Ma era qualcosa.
Damon mi spunta da dietro «Dai, aspetta, ti do una mano.» e la raggiunge.
Agosto/2009 00:30
Sono in cucina a bermi un bicchierone d'acqua, mi sono svegliata a causa del caldo.
La porta si apre.
‹Damon è tornato a quest'ora?› -mi chiedo.- Ultimamente usciva sempre più spesso per recuperare dei soldi da portare a casa.
Sento dei passi ma la luce non viene accesa.
Chiudo l'anta del frigo per andare a vedere se sta bene.
«Damon–..» mi fermo.
Dopo aver varcato la soglia noto una figura molto più alta.
«Oh, sì, chiamamelo perfavore.» una voce molto roca rompe il silenzio della casa.
«Ma chi...»
Il bagliore delle luci che sono fuori, quando viene più avanti, lo illumina per intero.
Sorride «Ciao, bambina.»
Tremo.
«Come sei cresciuta!»
‹No, questo è solo un incubo.›
«Dov'è la mamma?»
Singhiozzo.
«Tesoro?» ‹No.› «Sei quì?» ‹Vattene via.› «Ho sentito una voce–..»
Le ruote cigolano, spunta dal salotto.
«Samuel...?» parla a rallentatore.
Mi metto davanti a lei.
«Credevate di esservi sbarazzati di me?» ringhiano le sue corde vocali.
Fa un passo. E poi un altro.
«Damoooon! Damon, Damon!» comincio ad urlare il nome di mio fratello.
Lo sento correre giù per le scale.
«Sei cresciuto molto anche tu vedo.» dice.
Lui in tutta riposta lo rimane a fissare.
Mio fratello dice «Non saresti dovuto uscire così presto.»
«'Così presto'?» gli balla un occhio «Ho passato quattro schifosi anni in una cella di merda a causa tua!» fa per raggiungerlo.
«No!» mi paro davanti a lui.
Mi è a neanche un metro di distanza.
«Per colpa di una stronza sono stato tradito dal mio stesso figlio...» se la ride fra sé e sé e poi si alza di poco un lembo della maglietta.
‹Che posso fare? Che posso fare? Che potrei fare, io?!› -penso imperterrita.-
«Ma» tira su la mano «quando un uomo ormai non ha niente da perdere, può concentrarsi su ben altro.»
Il battito del mio cuore aumenta. Aumenta. Aumenta. Aumenta. Aumenta.
«Come sulla vendetta.»
Ci sta puntando contro la pistola.
Damon fa per andare verso di lui, io lo fermo subito, ora è su di noi.
«Che cosa vuoi fare? Ancora l'eroe?» gli dice nostro padre «Se qualcuno prova ad intralciarmi ci finirà di mezzo.»
«Perchè devi fare così?» dico fra le lacrime che ormai copiose scendono sul mio viso.
«Quella donna mi ha rovinato la vita!» ripunta la pistola su nostra madre.
'Sta volta, è lei a parlare «Io...? E allora tu?»
Volto la testa verso la sua figura.
«Guarda...» continua a dire.
Con una gran forza di volontà si cerca di mettere in piedi.
Faccio per andare verso di lei «Mam–..» «Mi vedi?!»
Si tira su in piedi ma non riesce a rimanerci nemmeno un secondo. E cade.
«Mamma!» corro verso di lei. ‹Perchè deve succedere tutto questo?!›
«Ferma!»
«Rose!» mio fratello dice.
Mio padre dice mentre la cerco di sorreggere «Allontanati!»
Damon si volta verso di lui «Vattene.» gli intima.
Si mette a ridere «Come?»
Io non ho idea di che cosa fare.
«Sono rimasta in coma per una settimana a causa di ciò con cui mi hai beccato in testa ed il risultato è stato per fortuna solo questo...» ringhia fra le lacrime.
«Mamma...» dico in un lamento.
«E hai il coraggio di dire che sono io ad averti rovinato la vita?!»
Punta i suoi occhi di fuoco in quell'uomo che anziché far crescere fiori ne strappava gli steli.
Con prontezza punta la pistola contro di lei, e spara.