‹Si conoscono?›
Carol disse coi nervi a fior di pelle «Conosci questa stronza che mi ha colpito?!»
«Oh, andiamo.» disse con nonchalance «Ho chiesto scusa.»
Prima che potesse scoppiare una rissa mi misi fra loro.
«Aron Jhones.» disse il mio nome «Mi aspettavo che fossi...» non terminò.
«Come?»
«Più alto, forse.» rispose piegando il viso.
Chi diavolo era questa quà adesso?
Nicolas «Tu eri morta.»
«No.» alzò l'indice e negò «Tu, mi avresti voluto morta.»
«Come...»
«Come faccio a saperlo?» disse Sofia «Perchè io non ero una detenuta.»
‹Perchè io non so niente di tutta questa storia?!›
Nicolas, sembrò avere un "risveglio mentale". Lo capiì da quel che passò per i suoi occhi.
Nicolas Kepler (POV'S)
«Tu eri un'infiltrata.»
Sorrise «Esatto.»
Il mio cervello stava andando in tilt.
Sofia «Ah, e, sono stata io ad aver lanciato quell'areoplanino.» disse ad un tratto.
Stava parlando del biglietto che avevo trovato e poi perso? A causa di quello, Claus, mi aveva buttato fuori dai piani. -Strinsi i pugni- ‹Che vipera.›
«Che cosa facevi dentro a quel carcere?» le chiese Aron.
«Indagini sul posto.» rispose «Era stata aperta un'inchiesta di un certo calibro su quella struttura. Sulle sue metodologie. E sui suoi teorici esperimenti.»
‹Esperimenti?›
Guardai Aron, ora teso. Era la verità? Non fui in grado di capacitarmene. Lui non mi aveva mai raccontato niente, e da ciò che gli lessi addosso, forse ne compresi il motivo.
Lei continuò «Dovevo indagare non solo su questo, ma anche suoi suoi "topolini".»
Parlava di Aron? E di chi altro?
«Come la nostra Taylor, ad esempio.»
E quel nome esplose nell'aria. Il mio compagno, quà affianco, reagì senza volerlo. Aveva sussultato. In lui quel nome rievocava ricordi ed emozioni spiacevoli, conoscevo bene la storia, e da diversi punti di vista. Sapevo a grandi linee tutta la faccenda, tranne per quel "dettaglio", che ne fosse stato sottoposto anche Aron. Non quello. Il resto sì. Ma non quello.
«Peccato che io sia incappata in una vecchia faida e che uno dei due avesse ordinato a questo idiota» mi indicò «di farmi fuori.»
-Sorrisi, da falso innocente qual'ero- ‹Lei l'aveva saputo.› «E quindi, hai pensato bene di "morire" per scappare da tutto quanto. Giusto?»
«Precisamente!» schioccò le dita.
«Peccato che io non mi spieghi una cosa.» dissi.
Lei «Mh?»
«Perchè ti sei voluta mettere in mezzo a quella faida?»
E da ciò che lessi sul suo viso, fu proprio questa la domanda da un milione di dollari.
«Sono una persona piuttosto vendicativa.» -Quasi mi cadde la mascella- ‹C-che?!› «Chi pensa di potermi uccidere ne paga le conseguenze.» era davvero questa la ragione?
Questa tizia era davvero matta.
Carol, dopo tempo immemore, aprì bocca «Non ne fai più parte.»
-La guardammo- ‹Che sta dicendo?›
Sofia inarcò un angolo della bocca «Cioè bella bionda?»
«Se ci stai raccontando tutto questo vuol dire che non fai più parte di alcuna organizzazione di spionaggio. Perchè a quest'ora saresti una condannata a morte avendo infranto un codice d'onore che ti obbligano a rispettare pure sotto tortura.»
Come avevamo fatto a non pensarci prima?
«Tu ci stavi seguendo. E se non sei più una spia, chi è a mandarti? Di cosa fai parte adesso?»
Intravidi una certa luce nello sguardo della ragazza che ci stava davanti «Tu eri una poliziotta.» ‹Che cosa?!› -scattai con lo sguardo su Carol.- «Ecco perchè sei così brava a capire con cosa hai a che fare davanti a te.»
Il silenzio che si formò fu tombale.
‹Ma certo! Come ho fatto fino ad ora a non pensarci?› -quasi mi volli tirare una manata in fronte.-
Poi ad un tratto volli domandare «Sofia, come hai fatto a fingere la tua morte?»
«Ti basta sapere che avevo buone conoscenze?» incrociò le braccia fra loro «A quanto pare no.» si rispose da sola «Eravamo in tre.» ‹In tre?!› -la sua confessione mi spiazzò.- «Abbiamo poi corrotto un paio di uomini intimandoli ad azionare l'antinciendio per far entrare un manichino dopo averli per l'appunto distratti, perfettamente uguale a me, e per piazzarlo nella mia cella verso l'01:30 del mattino. Io sono uscita prima da quest'ultima e sotto stretta segretezza mi hanno fatta fuggire.» ‹E il direttore non ha saputo niente?› -mi dovetti chiedere.- «Non starò quì a spiegare come, quando, e tramite chi. Alla breve è andata così.» gesticolò.
«Come hai fatto col direttore?»
«Un paio di "distrazioni" ed il dado era tratto. Doveva occuparsi delle pratiche riguardanti il mio finto cadavere ed è stato tenuto impegnato.»
Tutto questo sotto al suo naso? Non potevo crederci. Quasi mi venne da ridere, sembrava essere sempre stato onnipotente ed un passo avanti a tutti, ma a quanto pare così non era.
Carol «Non hai ancora risposto.» tornò all'attacco.
«Calmati ex sbirra, che fretta c'è?»
«Stai giocando.» fu Aron a parlare «Stai prendendo tempo.»
Sofia rispose tranquilla, con una semplice alzata di spalle «No.»
«No?»
«Non ne ho motivo.» e sembrò la verità.
Carol la raggiunse andandole muso a muso «Chi ti manda?»
«Siete curiosi, èh?»
«Chi-ti-manda.» le ringhiò contro.
Lei se la rise «Una persona a cui state molto a cuore.» e quando lo disse, guardò Aron.
E lui domandò «Cosa intendi?!»
«Vi dirò questo: una persona che non vuole essere trovata, non viene trovata.»
‹Sta parlando di Claus.› -e ne fui certo.-
Sofia fece un balzo all'indietro. Prima che potessimo raggiungerla, o ancor meglio circondarla, tirò fuori dalla tasca un aggeggio rotondo.
Aron «Ferma!»
Quando lo lanciò a terra una coltre di fumo ci fece lacrimare gli occhi.
«Il re del crimine vi manda i suoi saluti!»
‹Il re del crimine?›
Nel mentre che il fumo si disperdeva chiesi «Stava parlando di–..» «Non lo so cazzo!» calciò l'aria.
Poi, come un fulmine, si voltò verso la nostra bionda dall'incognito passato.
«Tu» la puntò col dito «dovrai spiegarci un paio di cose.»
E già sapevo che la serata sarebbe stata bella lunga.
Ci diressimo verso la mia auto non avendo più motivi di stare quà. Tirai fuori le chiavi e la apriì, Carol si sedette affianco a me. Prima che però potessi accenderla una delle portiere posteriori venne aperta. Aron salì nella mia macchina.
Lo guardai con un cipiglio «E la tua super auto scusa?»
«La lascio quà.»
‹Come?!› «Ma vorrai scherza–..» «Parti.» tuonò.
E con la lacrime quasi agli occhi misi la prima per poi uscire da quì abbandonando per sempre quella dea d'una macchina.
Carol Watson (POV'S)
23:50
Era dannatamente tardi ed io avevo una voglia stratosferica di andare a letto.
Quando apriì la porta della mia stanza fui fermata.
«Ci vediamo fra due minuti in salotto.» disse Aron con un tono che non ammetteva repliche.
Entrai poi in camera. ‹Domani avrò delle occhiaie pazzesche.› -mi misi a pensare quando passai davanti allo specchio.-
Due minuti esatti dopo, eravamo tutti e tre riuniti nella grande stanza.
«Quando ti chiesi per quale motivo volevi entrare nel team, mi risposi solo che avevi dei conti in sospeso con mio fratello, e che lo volevi trovare.» cominciò a parlare «Quindi a meno che tu ora non voglia essere fatta fuori ti conviene parlare.»
‹Non l'ho mai visto così.› -mi misi a pensare.- Avevo sempre visto Aron sotto diversi punti di vista, ma mai come il capo che minacciava il suo sottoposto.
Sospirai rumorosamente «Ognuno quà ha un passato che non vorrebbe tirare fuo–..» «Ma tu devi.» ‹Prego?› «Io mi sono voluto fidare di te.»
Mi adirai istantaneamente «Fino ad ora ho fatto il mio dannato lavoro alla perfezione e adesso solo perchè non sapevi che facevo parte della polizia viene tutto messo in dubbio?!»
«Sì, Carol, se non so con chi sto lavorando.» rispose a tono.
‹Glielo devi dire, lo sai.› -fu dalla sua parte.›
Ribattei ancora «Non eri tenuto a sape–..» «E invece sì!» batté la mano sul tavolo provocando un suono sordo.
Nicolas «Aron...»
«No.» tuonò «Non provare a dirmi di dovermi calmare.»
«Dico solo che ci sarà un motivo.»
«Non me ne frega un cazzo del motivo.» ‹Oh, certamente.› -mi scappò una risata sommessa.- «Lo trovi divertente?!» scattò di nuovo con lo sguardo su di me.
«Trovo divertente come tu possa pensare che ti sia tutto dovuto solo perchè sei tu che comandi.» gli sputai dritto in faccia quel che pensavo.
Potei quasi vedere uscire del fumo dalle sue orecchie, e la cosa, mi divertiì abbastanza «Sta' bene attenta a come parli.» puntò un dito in aria proprio davanti a sé.
‹Mi sta facendo incazzare.›
Come lui aveva un caratteraccio, anche il mio non era da meno.
Mi erano sempre stati poco simpatici certi suoi modi. Non amavo i comandi e le impartizioni ma ero sempre stata abbastanza intelligente da capire quale fosse il mio posto. Dove c'era rispetto, io davo rispetto. Ma in questo momento mi sentivo come una bambina che stava venendo sgridata dal genitore per una cosa in cui infondo non aveva sbagliato, perchè sua, e di nessun altro.
E fu questo, a farmi incazzare.
Ad un tratto si alzò e si accese una sigaretta proprio nel salotto, cosa che io non sopportavo.
«Devi fumare proprio quì?» prima che potessi scatenare una guerra fatta di divani e di sedie che volavano, chi c'era seduto affianco a me mi precedette, e lo ringraziai col pensiero.
Il ragazzone da 1.90 fece un verso frustrato ed andò ad aprire la finestra. ‹Grazie a Dio.› -commentai nella mia testa.-
«Carol.» fu Nicolas a parlare «Perchè non ce ne hai mai parlato prima?»
Ecco, questi erano i modi che a me piacevano e coi quali avrei potuto accettare conseguentemente di spiegare.
«È successo un anno e mezzo fa.» cominciai a dire «E–..» ma mi bloccai.
Un grosso groppo mi si formò in gola.
‹Stai calma.› -mi dissi- ‹Respira.› -e respirai- ‹Respira, fai con calma, senza fretta.›
Nicolas mise la sua mano sulla mia.
«Dopo il passaggio del tornado Still in Italia ci furono molti disastri. Ci avevano già detto che alcuni sarebbero dovuti partire per fornire supporto. Case, edifici, palazzi e strutture avevano subito danni e in particolare un paio di carceri. Il vostro fu quello messo peggio, era tutto andato distrutto, quasi tutti erano fuggiti.» presi una pausa «Siamo partiti in tre gruppi. Ognuno aveva una mansione. A noi avevano dato il compito di aiutare con la cattura dei fuggitivi essendo in molti, ed alcuni di questi, erano pure particolarmente conosciuti.»
Nic disse «Come i Jhones.»
«Come i Jhones.» confermai.
Diedi un'occhiata veloce ad Aron.
Mi misi a giocare con le dita, non sapendo come continuare. Stavo per arrivare al punto.
‹Puoi farcela.› -mi incoraggiò.- Buttai fuori l'ossigeno trattenuto.
«Zakaria–..»
Il suo nome punse la mia gola e graffiò i miei timpani. E con un'atroce delicatezza, mi strappò via un battito del cuore.
«Il mio ragazzo» e mi tirai via il secondo battito «era particolarmente bravo a scovare gli indizi.» ‹E, Dio, se era bravo.› «Era un vero Sherlock.» mi venne da sorridere in modo amaro «Se sono così capace è grazie a lui.»
Ci fu silenzio. E fece male.
Era quel tipico silenzio che susseguiva una morte, quello basato sul rispetto della dolorosa perdita. Ma io non volevo questo. Io volevo che venisse spaccato. E 'fanculo il rispetto. Perchè non c'era giorno che non passassi a rispettare la sua morte in atroci notti senza rumori e senza lune.
«Forse...» Nicolas prese parola «Sarebbe meglio rimandare a domani.»
Aron si alzò «Lo penso anch'io.»
«No!» finiì per gridare. ‹No.›
Mi ritrovai in piedi senza volerlo.
«Se ne parla adesso.» masticai fra i denti «E domani questa conversazione non sarà mai esistita.»
Stavo tremando. Tutto, di me, tremò.
‹Non-crollare.› -parlai a me stessa- ‹Carol è forte. Carol non crolla. Carol non piange. Carol soffre solo da sola. Carol soffre al buio.› -continuai a ripetermi come un mantra- ‹Carol permette al suo cuore di tremare quando nessuno può toccarlo. Carol permette alla sua anima di soffrire quando nessuno può guardarla.›
Un rivolo di sangue macchiò la moquette, mi accorsi solo dopo che provenì dal palmo della mia mano, per quando ci avessi conficcato le unghie.
Mi risedetti.
«Seguimmo la pista del suo grande intuito. Ma quando lo scovammo, ci trovammo davanti ad un Claus armato.» e non ebbi bisogno di continuare.
Tornai a guardarli in faccia.
«Dopo l'accaduto me ne tornai a casa e diedi le dimissioni. Iniziai da sola a cercarti, ci misi tempo, ma alla fine riusciì a trovarti.» parlai a lui, lo guardai in faccia «Tu eri l'unica possibilità che avevo di scovarlo. Perchè sapevo con certezza che mai mi avrebbero dato la mano che cercavo, ed io, non volevo averlo solo le sbarre. Ma tra le mani.»
«Così hai deciso di intraprendere la via che hai sempre combattuto.»
Incrociai le braccia al petto e mi appoggiai con la schiena.
«Sì.»
Aron si alzò in piedi.
«È ora di andare a dormire. Domani ci aspetta una lunga giornata.» se ne usciì così tutto ad un tratto, non guardandomi neanche in faccia «Meeting alle 10:30.»
Anziché avercela con lui per il poco tatto usato e per aver liquidato il tutto con quella velocità lo ringraziai mentalmente come mai avevo fatto con nessuno fino ad adesso.
Feci per entrare in camera ma una mano si 'poggiò sulla mia spalla.
Me la strinse «Notte, Carol.»
Il sorriso non fece neanche in tempo a nascere che mi si sciolse direttamente sulle labbra. ‹Non per forza. Non stasera.› -dissi fra mé e mé- ‹Da domani Carol, da domani.›
«Buona notte Nic.»
Scivolai fra le lenzuola, mi girai sul fianco e poi chiusi gli occhi per cercare dormire. Come di routine allungai la mano verso il posto accanto al mio che non sarebbe mai più stato riempito da nessuno.
Cercai di addormentarmi il più in fretta possibile, così da poter toccare quell'illusione lancinante, che nonostante facesse male, dava comunque meno gelo.
*bibip bibip bibip*
‹Dannazione...›
*bibip bibip bibip*
‹Sveglia maledetta.›
*bibip bibip bibip*
‹Ma dove cacchio è?!›
*bibip bibip bibip*
Mi alzai già coi nervi a fior di pelle notando che anziché trovarsi a destra del comodino stava a sinistra.
‹È vietato tirare madonne già da appena svegli?›
‹Sì. È vietato.›
«Aaarrgh!» soffoccai il mio verso di frustrazione spiaccicando la faccia nel cuscino.
Cinque minuti dopo fui in salotto.
‹Dove sono?!› -continuai a tamburellare le dita sul tavolo della cucina- Diedi uno sguardo all'orologio sulla parete. Erano già le 10:39, dove diavolo erano quei due?!
Nicolas fu il secondo a varcare la soglia della stanza.
«Ma non dovevamo trovarci in sala?»
Mi stava prendendo in giro?
«Sì.» dissi collerica «Tipo una decina di minuti fa.»
«Buon giorno.» salutò Aron con uno sbadiglio.
«Alla buon'ora.»
«Non mi è suonata la sveglia.»
Era questa la sua scusa?
Aron «Bene, possiamo andare in sa–..» «Eh no!» lo fermai «Adesso io aspetto che il caffè venga su.»
Fecero una smorfia in sincrono «Perchè non usi direttamente la macchinetta?» disse il "boss" mentre ci si avviava.
«Preferisco la moka.»
«Ma si fa prima.»
«Non mi interessa.»
«Si fa comunque prima.»
«Non mi interessa ugualmente.»
Poi puntai lo sguardo sulla figura di Nicolas «Che c'è?!»
«È?»
«So che vuoi dire la tua. Quindi dilla.»
Si grattò la testa «È che è vero che si fa prima.»
‹Perchè devo sempre avere a che fare coi casi umani?!›
Dovetti trattenere ogni mio possibile istinto omicida mattutino.
Quando ebbimo tutti il nostro caffè in mano ci spostammo finalmente in salotto.
«Bene, facciamo il punto.» disse Aron «Non è Claus il contatto di Ivan, me lo ha detto in modo esplicito, quindi...» si rigirò i fogli dei dati che avevo raccolto fra le mani e li lanciò sul tavolo «Chi cazzo è che sta cercando di buttarci fuori?»
«È una bella domanda.» incrociai le braccia al petto e mi grattai il labbro superiore.
*dlin dlon*
«Ma è il citofono?»
Aron «No Nicolas, è il microonde.» gli fece la battuta e si alzò dalla sedia.
Questo «Ah ah! Che ridere.» commentò irritato.
«Sì. 50° piano.»
Fece ritorno da noi l'attimo dopo.
Io chiesi «Chi diavolo è?»
«La parte dell'accordo che più mi sta sul cazzo.»
L'instante dopo un'altra testa bionda fece capolino nel nostro salotto.
«Ciao.» Damon alzò la mano «Sono la parte dell'accordo non consenziente che sta sul cazzo ad Aron.»
Quest'ultimo si stropicciò il viso con entrambe le mani e borbottò qualcosa che però non capì nessuno.
Disse «Vediamo di fare in fretta.»