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Chapter 8 - 8°capitolo - irruzione

«Molla quei fogli. E vattene.»

Sofia se la rise.

«Non spaventi nessuno, lo sai questo?»

Stava osando prendersi gioco di me?

Mi diressi verso il frigo, sotto al suo sguardo attento.

Devo prendere tempo. Devo pensare.›

Disse «Hai una pistola pure lì? Perchè nel caso, ti potrei fare i complimenti.»

«No. Mi dispiace rovinare le tue aspettative.» le risposi guardandola con la coda dell'occhio.

Afferrai una birra.

«Hai intenzione di offrire o...?»

Mi avvicinai al tavolo e tenendomi a debita distanza 'poggiai la birra sul bordo e poi la spinsi verso di lei. La raccattò e la aprì usando l' accendino che si trovava su di esso.

Si guardò in giro «Hai una bella casa, comunque. Fattelo dire.»

Anche lei, come me, stava prendendo tempo. E mi fu chiaro.

Entrambi non eravamo in una buona posizione. Io non sapevo come colpirla, e quei fogli erano l'unica cosa che avevamo fra le mani, a cui avremmo potuto aggrapparci, non potevamo permetterci di perderli. Mentre io ero in questa condizione, lei non sapeva come fuggire. Era riuscita ad entrare senza però pensare a come uscire. Forse aveva creduto di fare tutto senza che nessuno di noi se ne accorgesse. Be' in questo caso, le era andata male.

Presi parola «E dimmi, Sofia–..» «Ah, emh.» m'interruppe «Vorrei che mi chiamassi col mio vero nome, grazie.» la rimasi a guardare «Ah già!» si schiaffeggiò «Giusto, non lo sai. Come potresti?»Questa ha qualche rotella fuoriposto.› «Crystal. Questo, è il mio vero nome.»

«Okay, Crystal.» mi assicurai di scandirlo bene «Com'è che pensi di uscire da quì?»

«Non ne ho idea.» ammise «La più assoluta.»

L'unica cosa chiara è che nessuno sapevo cosa fare.

Bevve un sorso di birra. E mi venne un'idea.

Lei prese parola «Certo che, bere una birra col nemico, è un po' da malati. Non trovi?»

«Dicono di tenersi stretti gli amici e ancora più stretti i nemici.» commentai come un predicatore.

La guardai di sottecchi. Nel momento in cui terminai la birra, lei fece lo stesso, ed entrambi le appoggiammo a terra.

«Sai.» riprese parola «Mi sto chiedendo perchè tu non abbia ancora fatto una mossa.»

«Perchè per prima cosa hai una pistola.»

«Giusto.»

«E come seconda cosa sei brava con le prese.»

«Ancor più giusto!»

Quindi? Vuoi stare quì a guardarla semplicemente nelle palle degli occhi?› -mi chiese.-

No, ovvio che no.›

«Però s'è fatto tardino.» disse ad un tratto «Quindi ora me ne vado.»

Ha bluffato fino ad adesso?›

Fece il tiro del tavolo. Ed io, mi mossi.

«Non pensare di poter varcare la soglia di quella porta.» minacciai.

Cosa-posso-fare?›

Puntai lo sguardo sui fogli che ancora teneva fra le mani. Non potevo lasciarglieli.

E poi feci l'unica cosa che sapevo fare meglio. Una mossa avventata, senza avere piani.

Le corsi incontro.

Non seppe subito come reagire ed andò indietro, solo quando la raggiunsi, riusciì ad agguantarla per il lungo cappotto. La disarmai con una sola mossa.

«Oh oh!» esclamò.

Alzò la gamba per tirarmi un calcio ma quando lo fece gliela afferrai facendole perdere l'equilibrio, ebbe una buona prontezza, ed afferrò la superficie del tavolo per non finire a terra.

Raccattai velocemente la pistola dal pavimento mentre lei stette per tirarmi un colpo col gomito che io le parai.

Fu una lotta di mani, di gambe, e di parate.

Devo farle mollare i fogli.›

Ed un'altra mossa avventata, ma rischiosa, mi venne in mente di fare.

Mi fu facile spingerla fino alla finestra aperta. Per non far sì che la facessi cadere di sotto, dovette lasciare andare ciò che teneva fra le mani.

«Oooh...» disse «Che colpo basso.»

Mi tirò proprio un calcio dove non batteva il sole che mi fece piegare in due.

«Non hai comunque scampo.» parlai con la poca voce che riusciì a tirare fuori.

Salì sul cornicione.

«Sappi che sei sulla mia lista nera.» mi guardò dritto in faccia «Ci si vede!» ‹Si vuole lanciare giù?!›

Io «Che–..»

E si buttò.

Mi alzai in fretta dal pavimento e mi affacciai. Guardai a destra. Guardai a sinistra. Guardai giù. Guardai su. Di lei, non ci fu traccia. Notai il secondo dopo un aggeggio che era attaccato proprio al cornicione della grande finestra da cui partiva un cavo che portava di sotto. Ad un tratto, venne ritirato. Mi sporsi di più e notai di sfuggita una figura entrare nell'appartamento a qualche piano più in basso.

Ma dove siamo?! In una puntata di Totally Spies?› -e mentre me lo chiesi ebbi già aperto la porta.-

Nicolas «Ma che succede? Ho sentito casino, mi hai sveglia–..»

Lo sbattei contro al muro e nel farlo il vaso che si trovava sul comò cadde per terra frantumandosi in mille pezzi.

«Ma che cazzo fa–..» «Adesso ti svegli?! Adesso?!» gli gridai dritto in faccia.

Nicolas mi prese per i polsi «Quale cazzo di problema affligge il tuo cervello?!»

«È stata quì! Quella Crystal del cazzo, è stata quì!»

«Che sta succedendo?» Carol si stropicciò un occhio «Aron!»Aron un cazzo.› «Si può sapere cosa stai facendo?! Lascialo!» mise le mani sul mio braccio e lo tirò verso di sé.

Ripetetti «Sì stava per portare via i dati raccolti!»

«Ma chi!» sbraitò Nicolas.

«Crystal!»

«Ma chi diamine–..» «Sofia! Parlo di lei!»

«Sofia?» fece Carol, fu confusa.

Lo mollai poi in malo modo «Maledizione...» misi la mani in fronte.

Carol «Ma come diamine ha passato la sicurezza?»

«Non lo so!» tirai un calcio all'aria.

Nicolas «Ma quindi non ha preso niente?»

«No, gliel'ho impedito prima che se ne andasse.»

«E l'hai lasciata andare?» esclamò.

Frenai ogni istinto di mettergli le mani addosso di nuovo «È uscita dalla finestra!»

«Dalla finestra...?»

Mi diressi a passo felpato verso quest'ultima e la indicai «Con un fottuto aggeggio per calarsi giù!»

«Ma co–..» «Non so come spiegarlo okay?!»

Carol «Dovresti non urlare.» -Il mio sguardo ora nevrotico fu su di lei- ‹Sta-scherzando?› come poteva pensare che potessi mantenere la calma?

Mi allontanai da quei due.

Ad un tratto dissi «Se è riuscita a passare vuol dire che non siamo più al sicuro.»

Non potevamo permetterci che riaccadesse. E come ci era riuscita lei, poteva riuscirci chiunque, allora. Questo era un grosso problema.

Nicolas fece un'osservazione «E se fosse stata aiutata da qualcuno?»

Catturò la mia attenzione.

«Non è da escludere infondo.» disse Carol «Può essere brava quanto vuole, ma non è possibile che abbia fatto tutto da sola

Usciì dalla porta di casa senza rispondere quando chiesero dove stessi andando. Appena arrivai giù iniziai a suonare il campanello come un ossesso, dov'era quell'idiota che si occupava di far entrare ed uscire la gente?

Finalmente, fece capolino. C'era il ragazzo nuovo di turno.

Prima che potessi iniziare ad urlare, mi precedette «Oh, signor Jhones. Se sta cercando il suo assistente è uscito.» ‹Il mio... chi?› -rimasi totalmente interdetto.- «Io non volevo farli entrare all'inizio, ma poi... Ho capito, ecco.» mi fece l'occhiolino «Ho chiuso un occhio solo perchè è lei–..»

Gli stavo stritolando la sua stupida divisa con le mani.

«Di-cosa-cazzo-parli?!» gli ringhiai dritto in faccia.

Questo «S-si calmi! Io–.. Vede–..»

«Parla!»

«È arrivato il suo assistente, credo fosse Rodoh, non so...»Rodoh? Uno dei miei capidecina?! -non potei crederci.-

Chiesi senza averlo ancora mollato «Che cosa ti ha detto?»

«Ha detto che era quì per lei, e con lui c'era una donna, così ho inteso... Insomma...»

Si è fatta spacciare per una puttana?›

«E tu li hai fatti passare tranquillamente?!»

Lui ripose «Be', non era la prima volta...»

Quando lo lasciai andare quasi perse l'equilibrio.

Non potevo crederci. Rodoh era con me da ben due anni, come aveva potuto tradirmi? Da quanto tempo stava con loro? Ora però mi era tutto più chiaro. Aveva molto più senso la situazione ed il come avessero fatto a muoversi così bene.

La notte stessa, non fu una esattamente una bella scampagnata di piacere.

«N-no, per favore!» urlò in preda al panico «Non voglio morire in questo modo!»

Una nuvola coprì la luna che stava calando.

«Avresti dovuto pensarci prima.»

E non seppi se fu più la situazione a spaventarlo o il mio sguardo che non accennava ad avere un minimo di pentimento.

Davvero, non provi niente?›

‹No.› -le risposi- ‹Non posso permettermelo.-

Questo era un mondo marcio, dove non potevi, e sopratutto, non dovevi, provare né pentimenti e né tantomeno rimorsi. Se eri debole riguardo a queste cose non sceglievi questa vita. Ed io, l'avevo scelta. Quindi no. Non provavo niente.

«Non preoccuparti.» gli dissi «Dirò che te ne sei andato all'estero. Non c'è nessuno che ti possa venire a cercare. »

Il sottofondo della saldatrice non mi fece capire esattamente le sue parole, la sua voce mi arrivò ovattata. Ormai non lo vedevo più.

Non sapevo che faccia potesse avere. Quale espressione, gli si fu dipinta sul volto, ora rimasto al buio, consapevole che non sarebbe uscito mai più.

Nicolas si asciugò il sudore dalla fronte.

«Possiamo andare.» disse con tono serio.

Scavalcò il fossato e quando mi passò affianco non mi guardò in viso. ‹Fa sempre così. Ormai son abituato.› -pensai, conoscendolo.-

Mise la saldatrice nel baule del pick up. Ebbi un sussulto quando sbatté la portiera.

Gli lanciai una brutta occhiata.

«Cosa?!» spalancò le braccia. ‹Ed eccoci quà.› «Per quale motivo mi guardi così?»

«Dacci un taglio.» il mio tono fu irritato «Non far finta che sia la prima volta.»

«Be'. A me queste cose non piace farle–..» la mia risata lo interruppe «Non inventarti scuse.»

Girò la testa dall'altra parte «Non mi invento niente.»

«Be'.» feci io «Sapevi che cosa avrebbe comportato questa scelta di vita. E l'hai presa, quindi sì, ti dico di smetterla.» fui duro, perchè la verità questa era.

«Scusami se non riesco a mantenere il sangue freddo come te.» ed il modo in cui lo disse parve voler essere un insulto, e sapendo come fosse fatto, voleva essere proprio quello il senso.

Sospirai in modo rumoroso «Per questo comando io.»

«Ohóh.» commentò «Certo...»

Misi in moto l'autovettura e mentre ci allontanavamo mi ricadde lo sguardo sullo specchietto retrovisore. I miei occhi rimasero solo per un attimo su quei barili in alluminio in cui all'interno di uno di questi c'era ora una vita, che presto, si sarebbe spenta a causa dell'ossigeno mancante.

Il controllo.› -mi dissi- ‹Non pensarci troppo.›

Uscimmo dalla palude dove venivano solitamente a scaricare la spazzatura facendo ritorno a casa.

*brzz brzz*

La tasca posteriore dei miei pantaloni vibrò.

_lo svedese_

Non gli risposi. Volevo solo andare a dormire. Ne avevo bisogno.

Perchè sto camminando? Dove sto andando?

*plink plink*

«Hey, finalmente sei tornato.»

Mi parla una voce.

«Ti stavo aspettando.»

‹Chi è che parla?› -mi chiedo.-

*plink plink*

«Guardami.»

E lo vedo. Vedo lui.

«Claus.» ringhio, quasi. ‹No.› -lo guardo meglio- ‹Lui... È più uguale a me.›

Sorride.

«Per quanto ancora pensi di potercela fare?» mi chiede.

«Non capisco né di cosa parli, né che cosa vuoi.»

Piega la testa. Mi guarda.

«Ah, no?»

All'improvviso, mi è davanti. Sobbalzo di riflesso.

«Dovresti.» mi mette una mano in faccia.

Io non riesco a muovermi, mi sento come bloccato.

«N-non capisco...»

«Peccato.»

«Lasciami!»

Inizia a premere.

‹Combattilo.›

Gli afferro il braccio, lo stringo.

‹Puoi farcela.›

Lo graffio, lotto, ma non lascia la presa.

«Non ne riuscirai a rimanere fuori per sempre.» mi dice.

Il respiro inzia a mancarmi. Sento le sue unghie penetrarmi la carne.

Il battito si fa più veloce. Il respiro più irruento.

‹Il controllo, Aron.› -mi dice- ‹Ricorda-il-controllo.›

Nel mentre che mi alzai di scatto afferrai la mia gola, la tenni stretta. Dovetti cercare di calmare i battiti.

Sembrava così...›

‹Reale?›

Richiusi gli occhi, giusto un paio di secondi.

*toc toc*

Stavano bussando? O non faceva parte della realtà?

«Aron?» ‹Carol.› -era lei a chiamarmi.-

Mi presi un attimo per metabolizzare il fatto del doverle andare ad aprire prima che pensasse di buttar nuovamente giù la porta.

Quando mi fu davanti mi squadrò trattenendo un mezzo sorriso.

Disse «Te l'ho sempre detto che apprezzo il tuo fisico tutto tatuato, però...» fece ricadere lo sguardo più in basso e senza alcuna vergogna esclamò «Le mutande con i bacini no, cavoli!»

Guardai in basso.

-Perfino lei mi prese in giro- ‹Proprio una bella scelta, da vero uo–..› ‹Falla finita, maledetta.›

Con mille imprecazioni a gironzolarmi per la testa mi andai a mettere un paio di pantaloni.

«Comunque» si fece seria «ho provato a chiamare Rodoh. Mi da il numero inesistente.» ‹Sapevo che doveva parlarmi.› «È lui il motivo per la quale siete usciti alle 04:30 del mattino?»

«Sì.» e Carol, annuì e basta.

Non voleva sapere. Voleva starne fuori. Essere inconsapevole dei come o dei dove. Me lo aveva esplicitamente detto tempo addietro, ed io non ho mai avuto l'intenzione di andarle contro, non c'era alcun problema. Rispettavo la sue scelte.

Riaccesi il telefono. L'avevo spento perchè Jhon continuava a chiamarmi ed io non avendo dormito per niente la notte avevo bisogno di farmi qualche ora senza essere disturbato. Mi aveva lasciato sette chiamate, ora chi l'avrebbe sentito?

.CHIAMATA.

«Finalmente!»

Alzai gli occhi al cielo.

«Lo sai cos'è successo al confine a nord?»

Non capiì «Di che parli?»

«C'è stata un'arretata.» ‹Un'arretata?!› «Alcuni sono stati presi.»

«Ma quando è successo?»

«Non c'era nessuno di guardia e ne hanno approfittato.» mi disse.

Mi stropicciai il viso con una mano, perchè c'erano sempre problemi?

«'Sti sbirri del caz–..» «No.» mi fermò «Non erano sbirri qualunque.» ‹Che intendere dire?›

Continuai a non seguirlo.

«Stanno preparando qualcosa di grosso e fra due giorni ci sarà una riunione.»

«Una riunione? Quale riunione?»

Jhon mi spiegò «Coi "grandi" delle zone. Dobbiamo capire come muoverci, cosa fare, chi sono. Ultimamente stanno sgomberando tutto.» ‹Dannazione.› «A Nuevo Leòn non ci si può più muovere, ormai è fermo tutto, ed anche una parte di Coahuila è messa allo stesso modo. Si vogliono spostare verso il Chihuahua, vogliono chiuderci i confini, così da bloccarci.»

«Cazzo.»

«Sono bravi questi bastardi.»

«Sappiamo dove hanno la base?»

«Sì.» rispose «Fra il New Messico e l'Arizona, verso le montagne, non molto lontano dalla foresta.»

Mi sedetti sul letto, con una mano a tenermi la fronte. Queste notizie già appena sveglio mi sfiancavano.

«Ed è una buona idea a parer tuo? Organizzare proprio un incontro adesso?»

Sospirò «No.» disse «Ma non abbiamo scelta.»

«Dove sarà?»

«In un posto sicuro, a Colima.»

Mi fuoriusciì uno sbuffo.

«Sarà una cosa molto discreta.» mi informò.

«Okay.» dissi io «Ci vediamo là. A dopomani.»

Mi trovai coi ragazzi nel salotto.

«Tu non verrai. Rimarrai quì.» spiegai a Carol «Perchè nel caso le cose dovessero mettersi male dovrei pensare solamente a due persone e non a tre.»

Lei sospirò «Ho capito.»

Nicolas girò il pc verso di noi dopo aver analizzato ciò che c'era «Dalle informazioni che abbiamo ricevuto dicono che il capo di questi non sbagli un colpo.»

«Sì. È così. In più non è neanche da chissà quanto tempo dentro alla cerchia. Ha praticamente la nostra età. Com'è possibile?»

Osservai le foto. Veniva preso raramente di viso, e se così era, era spesso semicoperto o di profilo. Più che fotografie del personaggio c'erano recensioni sulle missioni che aveva diretto.

«Sarà uno stronzo di quelli davvero bravi.» osservò Nicolas.

Sbuffai.

«Bene.» battei le mani «Si partirà per l'13:00.»

James Award (POV'S)

Puntai con la stecca di metallo il monitor.

«Loro dovrebbero vedersi quì, nei dintorni della zona.» spiegai «E la cosa è certa. C'è soltanto da capire esattamente dove e a che ora.»

«Continua.» mi incitò.

Mi spostai per mostrarlo meglio a tutti quanti dopo che ebbi segnato il punto «Probabilmente cercheranno di essere discreti e di passare nelle vie non principali. Sono sicuri di loro stessi e non si aspetteranno mai che ci troveremo proprio lì vicino dato che pensano che siamo troppo impegnati a chiudere i confini.»

Uno dei ragazzi alzò la mano per richiamare la nostra attenzione.

Il mio collega, che mi affiancava, gli diede il permesso di parlare.

«Come ne è sicuro?» chiese.

Già. Come fai ad esserlo? -mi mise la pulce nell'orecchio.-

«Con questa gente non siamo mai sicuri di niente.» rispose al posto mio.

Io «Già.» concordai.

E poi guardò proprio me «È un'operazione importante. Lo sai, vero?»

Ovvio che lo so. Ne va della mia carriera.› «Assolutamente sì signore.» risposi.

Fece qualche passo verso i ragazzi ed esclamò «Seguiremo il piano del tenente colonnello.»

«Ma è instabile.» commentò Lorenzo.

Venne fulminato all'istante da quest'ultimo «Non ho visto alcuna mano alzarsi.»

Il ragazzo in questione abbassò la testa «Mi scusi.»

Egli «Fino ad ora con l'organizzazione di James e la mia guida è andato tutto secondo i piani, e 'sta volta, non sarà diverso.» parlò a tutti.

Io dissi in fine «Probabilmente, stando a guardare le tempistiche, si ritroveranno circa per le 15:00.»

Si toccò la barba sfoltita e diede un occhiata al monitor con attenzione «Bene. Allora...» prese la stecca dalle mie mani «Noi faremo in modo di farci trovare in ogni strada. Sarà un'operazione che includerà nella fase 1 una cinquantina di uomini. Solo nella fase 2 saremo solo in venti.»

Ne va della carriera. Dovrò dare il meglio.› -e lo avrei fatto.-

Questa era una delle operazioni più grandi della storia per l'organizzazione.

«Award dirigerà le squadre d'appostamento. Coordinandoli. Mentre io, avrò la maggior parte degli uomini che entreranno.» fu riassuntivo «Tutto chiaro?!»

Si alzarono in piedi.

«Sì signore!»

Misimo un braccio dietro alla schiena e con l'altro ci battemmo un pugno sul petto, dove stava il cuore.

«Nel nome dei miei compagni.»

E ripetemmo «Nel nome dei nostri compagni!»

«Porterò gli onori, ed anche i pesi.»

«Porteremo gli onori ed anche i pesi!»

«Di ogni morte. Di ogni vittoria.»

«Di ogni morte! Di ogni vittoria!»

«E cederò sul campo solo se sconfitto.»

«E cederemo sul campo solo se sconfitti!»

«Combatto per ciò in cui credo.»

«Combattiamo per ciò in cui crediamo!»

«Il sangue, non sarà versato mai invano.»

«Il sangue non sarà versato mai invano!»

«Armiate le anime di coraggio.»

«Armiamo l'anima di coraggio!»

«E corazzate i cuori con la forza.»

«E corazziamo i cuori con la forza!»

Puntammo le mani al cielo.

«Do il cuore!» urlammo all'unisono.

Fui l'ultimo dei ragazzi a rimanere nella stanza, spensi tutto ed il capo dell'operazione riaccese la luce.

«Sei pronto per la missione?» mi chiese.

«Sì signore.»

«Come hai detto?»

Con fare militaresco urlai «Sì signore!»

Ci guardammo in modo serio. Lui con le braccia dietro la schiena ed io con ancora la mano alzata, come il bravo soldato che ero.

Scoppiammo a ridere.

Lui mi disse «Sei sempre il solito.» -mentre negò con la testa io pensai con divertimento- ‹Ma sentitelo.› «Sei solo peggiorato con gli anni.»

«Hey!» lo spintonai «Proprio tu parli?»

Mi fermai un attimo a guardarlo. Era cambiato un sacco. Non era più quel ragazzo di una volta, molte cose, erano diverse ora. Il tempo portava via i danni e dava le esperienze. E a lui ne aveva lasciate tante.

«Sono contento che il nostro rapporto sia sempre questo nonostante ciò che è successo.»

Mi sorrise «Non potrei mai dimenticare tutto ciò che hai fatto per me, James.»

Mi diede un colpetto sulla spalla, il massimo dell'affetto che la sua persona di adesso riusciva a dare.

«Ci vediamo futuro colonnello.» mi fece un gesto di saluto.

Sarebbe stata una giornata bella impegnativa l'indomani.

«Ah, ascolta!» lo feci fermare «Stasera pizza da me, vengono tutti, e non accetterò un no questa volta. Ti aspetto alle 20:00.»

Era da almeno un mese che non si prendeva un attimo di tregua.

Sbuffò «E va bene.»

Lo rimasi a guardare mentre usciva dalla stanza, ogni volta rimanevo ad osservarlo quando andava via.

Presi la mia giacca e mi preparai anch'io per tornare a casa.