Crystal (POV'S)
Era uno stramaledetto inferno. Il pavimento era ora sporco di sangue e ricoperto di corpi, sia dei nostri, che dei loro. Non era mai successa fino ad ora una carneficina simile. Ma a fuoco, bisognava rispondere fuoco. Ed in guerra potevi solo versare il sangue.
Con la pistola ancora fra le mani le dissi «Alza il culo idiota!»
«Ma io...» ‹Accidenti a lei!›
La tirai su in piedi con la forza. Vidi una porta a qualche metro, la puntai col dito.
«Devi andare in quella direzione! Io ti coprirò le spalle!» quando mi volle ascoltare, la spintonai in malo modo «Vedi di levarti dal cazzo!»
Ero nervosa. Ero agitata. Era una situazione di merda, da cui non sapevo come uscire illesa, dovermi preoccupare di qualcuno non mi rendeva lucida. Per questo doveva andarsene in fretta.
In quell'attimo, quando lei fu alla porta, vidi il piede di qualcuno. E poi una figura. E poi la sua divisa.
L'aveva catturata fra le sue grinfie.
‹No.› -gridai nella mia testa- ‹Merda!›
Subito dopo notò me. Gli puntai contro la pistola.
«Ferma!» mi disse.
Feci partire il colpo.
Nicolas Kepler (POV'S)
Damon «Dobbiamo uscire da dove sono entrati loro!»
Mi guardai attorno. La strada era ora libera. Corsimo verso quell'unica via di fuga, senza pensarci.
Qualcosa mi afferrò la caviglia e mi fece cadere al suolo.
‹Shit!› -voltai il capo.-
Un ragazzo ricoperto di sangue e di cenere mi stava trattenendo.
«Io-non-morirò.» sussurrò a viso basso.
‹Devo liberarmi. Devo andar via da quì.›
Non sentendo più la sua mano attorno alla caviglia ne approfittai per alzarmi in fretta.
La tenda ora in fiamme coprì la via d'uscita. Cercai con lo sguardo un'altra via di fuga, ma non la vidi.
«Aaaah!»
Quasi non feci in tempo a voltarmi che me lo trovai addosso!
Mi scosse «Dov'è Christopher?!»
Misi le mani ad arpionargli i polsi, e non intendendo lasciarmi, gli tirai una testata in pieno viso! Questo imprecò.
Me ne fregai del dolore.
‹Devo scappare, devo–..› -mi si fermarono i pensieri.-
Mi aripionò per la maglietta e poi mi tirò un gancio che mi fece barcollare. Mi tenni lo zigomo. Prima che attaccasse di nuovo risposi al suo colpo.
E molti pugni volarono in un instante, botta, e risposta. Finimmo a terra.
Lui «Dov'è?!» parve fuori di sé.
Cominciò a farmi sbattere la schiena sul pavimento.
«Dimmi dov'è!»
Gli misi una mano in faccia e feci pressione sul suo viso.
Io «Non lo so!»
«Cazzate!»
Fuori di sé, continuò a tempestarmi, senza lasciarmi tregua.
‹Devo fare qualcosa. Mi massacrerà.› -fu l'unica cosa che riusciì a pensare.-
«Merda, Nic!» era Damon, da dov'era rientrato?
Ne approfittai per sfilargli l'arma dalla cinta, ma peccato che se ne accorse. Mi tirò una gomitata. Riusciì solo a salirgli sopra ma la pistola ora la teneva in mano.
La caricò.
«Nicolas!» gridò.
Quando fu distratto misi le mani sulla canna dell'arma. Riusciì a rigirarla e a puntarla quindi verso di lui. Fu una lotta di forza bruta, di autosopravvivenza, di forza di volontà.
Me lo ritrovai a qualche centimetro distante dal viso -Sbarrai gli occhi- ‹Ma–..› «James di merda...?»
E in quell'esatto secondo...
*bang*
Partì il colpo.
Crystal (POV'S)
«Corri!» gridai.
Notai il movimento. Non feci in tempo a pensare. Fui disarmata, mi fu addosso. Come diavolo aveva fatto?
«Ora-starai-ferma.» mi disse all'orecchio.
‹Questa presa...› -per la prima volta, mi ritrovai a pensare- ‹Non la conosco.› E non c'era mossa, che io non conoscessi.
Lo guardai con la coda dell'occhio. Chi diamine era questo tizio?
E poi ci fu lo scoppio. Fummo sbalzati. Finimmo a terra. Il fuoco cominciò a divampare, il fumo si fece più fitto.
Il ragazzo si alzò in fretta «Dobbiamo andarcene via!» e mi trascinò con sé ‹Dove diamine pensa di andare?› «Di quà!»
Fermai la corsa «Hai intenzione di prendere le scale?!»
«È l'unico modo!»
Corsimo di sopra. Il piano di sotto era in fiamme. Ci ritrovammo in un corridoio, in un vicolo cieco, il fuoco ci avrebbe raggiunto presto.
Lui disse «C'è un'unica via di fuga.»
-Puntai lo sguardo nella sua stessa direzione- ‹La finestra.› Era forse impazzito?
«Saranno almeno cinque metri!»
«Non c'è altra scelta!»
Fummo raggiunti dalle fiamme.
Io «Aspe–..» mi tirò con lui.
Mi copriì il viso col braccio usandolo come scudo, ruppimo la finestra, dandogli addosso come arieti viventi. La legge naturale fece sì che il fuoco divampasse e la pressione fu sbalzante. Non feci in tempo a pensare, atterrammo sul tetto di un'auto, e quanta fortuna pensai di avere avuto in quel momento.
Cercai di tirarmi su e mi sembrò l'impresa più ardua che avessi mai potuto compiere. Feci una fatica immane, e quando finalmente mi fui messa in ginocchio, mi arpionò per la caviglia, ma la presa era debole.
Commentai «Ah, quindi non sei morto.»
Mi tolsi la sua presa da dosso e fu piuttosto semplice.
«È così che ringrazi chi ti ha salvato la vita?»
«A quanto pare hai abbastanza energie per scherzare.» dissi io. ‹Che rottura. Accidenti.›
Mi diedi una mossa a scendere dall'autovettura prima che potesse riprendere un po' troppe energie nonostante le mie fossero quasi a zero.
«Ci si vede, agente delle F.S.M.I.»
Alzò il viso sporco «Come...?» fu incredulo.
Sogghignai «Riconosco la divisa.» e decisi di fargli sapere «La mia ai tempi era identica.»
Feci un passo, ma quasi mi cedette la gamba.
Disse qualcosa ‹Che?› -volsi il viso verso di egli- «Come dici? Sai hai fin troppe energie per i miei–..» ansimò e si tirò su i gomiti.
«Mh?»
Lo rimasi un attimo ad osservare, in attesa, tanto non avevo fretta. ‹Ce l'hai eccome invece.› -mi ricordò.-
«Christian.» ‹Un nome?› «Quando ti ritroverò, ricordati il mio nome.»
Christian Jay (POV'S)
La guardai andarei via. Non potei fermarla.
Me la risi «Oh, James, quando te lo racconterò...» parlai da solo.
Chi avrebbe mai pensato che avrei mai incontrato l'eretica disertrice che conosceva e che una volta lavorava con lui quando io avevo mollato?
Quando mossi il braccio mi arrivò una fitta al muscolo. ‹Dannazione.› -cominciai ad imprecare.-
‹Così impari, te, e le tue stupide idee suicide.› -mi disse la coscienza.- Ebbe ragione. Ma, infondo, se così non fossi stato, non avrei mai potuto diventare colonnello.
Il telefono cominciò a squillare, com'era possibile che non si fosse rotto?
«Signore!» disse una voce squillante «Dove si trova? Sta bene? È ferito?»
«Non ho ferite gravi, ma non sono messo bene.»
Gli feci poi sapere la posizione, in cinque minuti sarebbero stati quì.
Mi misi seduto a fatica. Si udirono dei passi, segno che fossero quì.
«Signore!»
-Guardai i miei uomini- ‹Bastardi...› Strinsi i denti. Quanti erano rimasti coinvolti?
«Il conto delle perdite?» scesi e nel farlo mi cedettero le gambe.
«Aspetti–..» «Quanti-sono-morti?» scandiì, interrompendolo.
Simòn deglutì «N-non ne siamo sicuri. Però...»
Piantai una mano sulla portiera della vettura «Non ne siete ancora sicuri?!»
«Gran parte dei corpi staranno ormai già bruciando, signore.» disse un'altro.
‹Merda merda merda, merda!› -scoccai i denti fra loro- Ringhiai «E che cazzo aspettate ad andare a spegnere l'incendio?!»
«Ci stanno già pensando Jordan, Lorenzo, Daniela e Mikael.» disse uno di loro.
Cercai di rimettermi i piedi ancora una volta, ma non mi fu facile. Questo mi causò ulteriore nervosismo.
Un telefono squillò.
«Signore, è per lei.» mi dissero.
Appoggiai il telefono all'orecchio.
«Christian!» era la voce del generale «Che stracazzo è successo?!» ‹È incazzato nero.› -confermai nella mente.- «Per quale fottuto motivo c'è stato questo macello?! L'operazione è andata completamente a puttane!»
«Io–..» fui interrotto «Te ne rendi conto?! È?!» sbraitò come un'ossesso, dovetti allontanare il telefono «Quante perdite contiamo?»
«Quanti sono?» chiesi quando vidi Jordan.
«Sette riconoscibili.»
‹Sette,' riconoscibili'...› -strinsi così tanto il labbro fra i denti che ne percepiì il sangue.-
«Sette...»
«Come dici?»
«Sette, signore. Sette perdite tra quelli riconoscibili.»
Ci fu silenzio dall'altro capo della linea.
Per un'operazione di questo calibro, così precisa, per com'era stata pensata, sette erano tanti. Troppi. E forse neanche tutti.
Non era mai successo prima.
«Sarai sospeso dall'incarico per una settimana, oltre che degradato.» fu il suo verdetto.
Mi chiuse il telefono in faccia.
«Chi...» ‹Christian.› -mi chiamò, ma non la stetti a sentire.- «Chi, di voi... è partito prima del previsto?!» per quanto urlai mi bruciò la gola.
«Abbiamo eseguito l'ordine del tenente colonnello.»
Mi voltai di scatto verso chi aveva parlato. Fui su di lui, coi nervi tesi.
«Come dici?» strinsi il suo colletto in un pugno.
«Il signor–..» «Impossibile! Inconcepibile!» gridai ancora.
Qualcuno zoppicò verso di noi assieme a Mikael.
«Signore...» tossì.
Mikael parlò «Lo abbiamo trovato sotto alle macerie, ancora vivo. Assieme ad altri due.» -Quasi provai sollievo- ‹Allora sono di meno i–..› «Sono rimasti coinvolti, dei nostri, più di quanti ne abbiamo contati.»
Il mio pugno si schiantò contro il vetro dell'auto che andò in mille pezzi e me ne fregai del sangue che iniziò a colare.
Il sopravvissuto disse «Io facevo parte del secondo team...» ‹James.› -come un lampo mi passò il suo nome per la testa.- «È–..» «Dov'è?!»
Un terrore familiare si impossessò delle mie viscere.
Jordan «Non lo sappiamo.» disse.
Mi copriì il viso con la mano.
‹No.› -pensai, tremando- ‹Non... James. No. Non lui. Per favore. Non James!›
Il ragazzo sopravvissuto venne aiutato a togliere il casco.
«È stato lui.» ‹Cosa...?› -lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite.- «Lui–..» gli fui addosso.
«Signore!» chiunque stesse provando a toccarmi fu spintonato in malo modo.
Io «Di-che-parli?!»
‹Ti stai accanendo su un uomo ferito che a malapena si regge in piedi.›
‹Non me ne frega un cazzo.›
‹Devi calmarti.› -mi disse.-
«Il tenente Award si è lanciato sfondando la finestra e creando il putiferio.» nel suo sguardo non lessi alcuna forma di bugia «È la verità. È colpa sua–..» «Basta così.» venne interrotto.
Respirai a fondo.
«Signor colonnello...» misero una mano sulla mia.
Mollai la presa, lo lasciai andare.
‹James... perchè?› -strinsi il labbro inferiore fra i denti.-
Lui sapeva che avrebbe scatenato un casino. Che sarebbe potuta finire solo male. Allora perchè lo aveva fatto? Qual era stato il motivo?
Lui era sempre stata l'ultima persona al mondo che avrebbe mai potuto non eseguire un ordine. Ce l'aveva nel dna, cosa di cui l'avevo sempre preso in giro e che mai avevo sopportato di lui, ed era sempre stata la sua unica pecca.
Io «Vedete di trovarlo, sarà rimasto ferito.» pian piano la paura fece ritorno, sentiì uno strano stato d'allarme «Muovete il culo!» alzai la voce più d'un ottava.
Per dieci minuti non feci altro che fare avanti e in dietro.
Uno dei ragazzi mi venne a dire «Signore, l'ambulanza è quì.» vide che non risposi così continuò «Dovrebbe farsi controllare anche lei.»
«Fino a che non avrò notizie non ho intenzione di muovermi da quì.» ed il tono che usai non ammeté la minima replica.
Stufo, mi diressi verso la villa, zoppicante. Ma non me ne importò. Mi ero stancato di aspettare.
Appena vidi i due uomini che avevo mandato dentro uscire assieme alle persone che si stavano occupando dei corpi qualcosa dentro di me si agitò sempre di più e le loro facce non aiutarono il suo placarsi.
«Lo abbiano trovato.» e mi fece segno di seguirlo.
Il verdetto, poi, venne dato.
‹James.› -il suo nome esplose nei miei pensieri.-
Gli uomini vestiti di bianco si avvicinarono a noi.
«Bene, questo è l'ultimo–..» «Non-azzardatevi-a-toccarlo.» la mia voce fu irriconoscibile.
Caleb «Signore. Perf–» ‹No.› «No!»
«Signore, devono–..» lo interruppi «Fuori da quà!»
Iniziai a gridare e a spintonarli fuori come un'ossesso, nessuno poté riuscire a calmarmi. Mi ero già frapposto tra loro ed il suo corpo.
Come un'animale che stava proteggendo la sua prole, stavo ringhiando a quegli intrusi.
«Lui-non-è-morto.» masticai fra i denti «Respira. Lo sento.»
Ed era così. Era la verità. Doveva, esserlo.
Il mio compagno «Diamogli un momento.» ‹Un momento?!› e gli uomini, non concordanti, accettarono.
Rimasi con lui.
«Sei una testa di cazzo.»
Non ebbi risposta.
«Testa-di-cazzo.»
‹Guardalo.›
‹Perchè non lo fai?› -sopraggiunse anch'essa.-
Avevano ragione. Perchè non lo stavo guardando?
‹Sta bene.› «James, è vero. Tu stai bene.»
‹Guardalo, Christian.›
‹Di cosa hai paura?›
-Strinsi i pugni- ‹Di niente.›
‹Hai forse paura che quando lo guarderai lui non lo starà facendo?› -mi fu impossibile non ascoltarla- ‹Forse proprio perchè non potrà più farlo?›
«Certo che può!» dissi con tono forte.
Ma lui, quando feci scattare lo sguardo verso di egli, non lo fece.
«Osi non guardarmi in faccia?!» gridai.
‹Stai parlando con un corpo morto.› -mi parlò- ‹E questo lo sai.›
Scossi la testa ripetutamente.
«Guardami in faccia stronzo!» voltai l'intero busto verso di lui, e la rabbia montò «Non hai il coraggio di farlo, vero?!»
‹Smettila.›
«Dopo il cazzo che hai combinato?!» mi diressi verso il suo corpo disteso.
‹Christian, basta.›
«Maledetto stronzo!» la mia voce s'incrinò «Te la farò pagare!»
Strinsi la sua giacca fra i palmi.
«Rispondimi maledetto bastardo!»
La vista mi si appannò, iniziai a non vederci, e m'incazzai più di prima.
‹Non ti risponderà.› -continuò- ‹Non potrà più farlo.›
«Ti devi prendere le cazzo di conseguenze!» gli diedi uno strattone, sbatté il capo «Mi hai sentito?!»
Continuai a ripetere le stesse frasi, ad imprecare, e a scuotere.
«Mi devi dire per quale fottuto motivo hai sacrificato quegli uomini!»
E lo scossi. Lo scossi. Lo scossi. In ripetizione, senza fermarmi.
«Guardami cazzo!»
Non mi importò dei colpi che la sua testa potesse prendere. Volevo che si lamentasse del dolore, che reagisse. Che ne provasse tanto quanto avrei potuto provarne io nel prendere dei colpi così forti.
Così gli cinsi le spalle con le dita, e gli feci sbattere il busto contro il pavimento, sempre più forte, sempre più forte, per quattro, sei, sette volte.
Ma né si lamentò, né fece alcuna smorfia, né poté udire i miei insulti, le mie grida, l'incrinazione della mia voce, le mie unghie graffiargli la pelle sotto la divisa.
‹Agli occhi del mondo sei solo un pazzo, un pazzo che pretende di trovare spazio in un posto già crollato su sé stesso. Che pretende di trovare dell'aria in una bolla ormai scoppiata.› -mi sussurrò la mia tessitrice di incubi- ‹Uno sciocco che pensa ci possa esser vita in dei polmoni a cui non arriva più ossigeno. In una voce che non può usufruire delle sue corde vocali. In un paio di occhi vitrei e vuoti. In un cuore che ha smesso di far funzionare il suo battito.›
E qull'ultima parte buona del mio passato che ancora riusciva a farmi provare sentimenti umani, se ne andò tutta.
«Christian...»
Una voce appena udibile spaccò il silenzio.
Il mio sguardo era già scattato su di egli, che ora, teneva gli occhi aperti.