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Chapter 44 - XLIV° come fiori di higan

Ci fu silenzio. Uno di quei silenzi agghiaccianti che non ti facevano muovere i muscoli.

Devo andarmene.› -mi autosuggeriì.-

Quando le gambe ricominciarono a muoversi mi voltai e corsi via. Svelta.

Con ancora il batticuore mi trovai appostata dietro al muro. Non mi aveva seguita, che avesse pensato di aver avuto un lapsus?

C'era un qualcosa di quel posto che mi attirava e al coltempo mi intimava nel profondo di starci lontano.

Non mi mossi. Non me ne andai. Rimasi lì dietro.

Volevo sapere. La mia curiosità mi spingeva a non andarmene.

Ed è sempre quella che ti ucciderà, come fece col gatto.›

Aron Jhones (POV'S)

...FLASHBACK...

«E poi il pazzo sarei io!» sento dire.

Qualcosa dentro me scatta.

«Sta' zitto Claus.» lo guardo con astio.

«È che io almeno non mi metto a parlare con le tombe.» mi dice «Non prendertela! Ma, sai...» alza le mani in segno di resa «Io perlomeno con la mia pazzia ho fatto amicizia, mentre tu... be'.» osa davvero fare del sarcasmo?

Volto l'intero corpo verso di lui e mi avvicino pericolosamente al suo viso.

Claus sbuffa.

Nemmeno si è degnato di darle uno sguardo...› -una smorfia si dipinge sul mio volto schifato.-

Lui non ci fa troppo caso e gira il busto verso le guardie che non perdono di vista neanche il nostro più insignificante movimento.

«Dai, andiamo, dobbiamo essere riportati a "casa".» virgoletta «Tra le sbarre... ricordi?» Oh, lo ricordo benissimo.› « Mentre quello stronzetto se ne starà a fare il capetto d'ufficio ed andrà in giro a sfoggiare la sua divisa.» ghigna divertito mentre indica nostro fratello poco più lontano da noi.

Gli tiro anch'io un'occhiata fugace ma non mi ci soffermo troppo.

«Non ti fa rabbia?»

Lo osservo, vedo il suo odio. Lo stesso odio che ho sempre visto anche nel mio sguardo e lo stesso con cui lo sto guardando io adesso.

Claus scatta con il busto verso di me «Andiamocene, ritorniamo alla nostra vecchia vita.»

«Cosa?» mi faccio attento.

«Dai, non ci stanno guardando!»

La nostra vecchia vita...? E quale vita?› -rispondo senza muovere le labbra nel mentre che lo guardo.-

«Non vi conviene.»

Quand'è che si è avvicinato?

«Christian, tranquillo. Non ho né la voglia e né le forze.» dico «E poi so benissimo che ci sparerebbero a vista. Sono a conoscenza degli ordini che gli sono stati impartiti.»

Claus di fianco a me non e mette suono.

Christian «È ora di andare.» dice e dopo essersi girato s'incammina.

Lo seguo senza osar darle un ultimo sguardo.

Vengo bloccato dal braccio.

«Non mi saluti neanche?» ride.

Sto per girare la testa a rallentatore.

«Non calcolarlo.» mi consiglia Christian.

«Wow!» esclama il mio gemello «Il cattivo sarei esclusivamente io quì? Siete proprio degli stronzi èh...»

Non calcolarlo. Non calcolarlo. Non calcolarlo. Non calcolarlo. Non calcolarlo. Non calcolarlo. Non calcolarlo...› -continuo a ripetermi imperterrito.-

Claus parla, ma non più con noi «Bene, ciao madre. Quanto mi spiace che tu non sia più fra noi, mah, be'...»

Prima che possa volargli addosso io lo fa Christian!

«Come cazzo ti permetti?!» gli grida contro mentre lo stringe saldamente.

Una furia cieca gli brilla negli occhi.

Claus ride «Oh, quanto sei tenero quando ti incazzi.» dice in modo derisorio.

Stringo così forte i denti che temo di romperli.

Le altre guardie si avvicinano.

Christian «No, non serve.» gli fa cenno di fermarsi, poi gli dice «Quando lo riporterete dov'era buttate via quella maledetta chiave!»

Riporta lo sguardo su Claus.

«Levami le tue mani traditrici da dosso!» sbraita Claus.

I due si guardano, nessuno sembra dire niente  finché il mio gemello non sembra volere aprire nuovamente bocca.

«Ricordatevi che io tornerò sempre come uno spettro per infestare le vostre vite.» parla ad entrambi.

Christian lo molla «Allora fai buon viaggio "fantasma".» gli risponde a tono.

Lo riprende per le spalle per poi trascinarselo appresso e condurlo verso l'auto.

«Non toccarmi!» gli urla questo «Levami le mani di dosso!»

Christian gli tira una manata sulla nuca e lo porta davanti a sé, gli intima di stare zitto ma lui non gli da retta. Il momento dopo gli arriva una testata che gli fa mollare la presa!

Claus comincia a scappare verso la mia direzione «Andiamo!»

Mi strattona e mi obbliga ad iniziare a correre con lui!

Odo le armi che vengono caricate.

Christian li supplica «Non sparate! Non sparate!»

Uno di loro non lo ascolta e fa partire due colpi! Mi prende di striscio.

«Merda!»

Mi dice col fiatone «Dobbiamo solo raggiungere il bosco! Da lì–..» mi dice, ma smetto di ascoltarlo.

Una nuova vita...› -penso a quella frase.-

Rallento la corsa fino a che non mi fermo, e di conseguenza, fa lui.

Siamo già entrati nel bosco.

«Che stai facendo? Perchè ti sei fermato?»

«Che razza di vita ti aspetteresti di poter fare?» parlo, anche se mi sembra di non starlo facendo con lui.

Claus mi osserva quasi con divertimento «Ma che–.. Ah!» sventola una mano e il tintinnino delle manette si ode nell'aria «Non ti starai facendo venire una specie di crisi esistenziale proprio adesso!» mi dice ed io mi divincolo dalla sua presa, così le chiama?

Rimango serio. Lo guardo.

«Non sto più a seguirti.» gli dico.

Lui mi dedica uno sguardo che non riesco ad interpretare con chiarezza e poi si mette a ridere. Pensa che stia scherzando?

«Ho capito...» dice.

Smette di guardarmi e nell'attimo dopo mi tira un pugno sulla mascella! Il colpo mi arriva, forte e chiaro.

«Fott–..» Claus m'interrompe «Sveglia!» sbraita mentre mi massaggio il mento «Che vita pensi di fare? Pensi di startene a marcire dietro a delle sbarre?!»

Prima che possa rispondere si odono ancora degli spari e ci abbassiamo prontamente entrambi!

Si sente la voce di Chrisrian «Aron! So che tu non vuoi questo!»

Ma che cosa vuole da me?

«Dai muoviamoci!» mi dice Claus a bassa voce.

Christian arriva dietro di noi, puntandoci la pistola contro.

«Fermi!»

Ci alziamo in piedi senza fare mosse avventate. Io alzo le mani e lo osservo dritto negli occhi, mentre le sue invece, rimangono distese lungo i fianchi. Ci stiamo osservando tutti a vicenda. Nessuno per il momento dice nulla.

Claus sogghigna «Ti permetti di puntarmi la pistola contro?»

Christian aumenta la presa su di essa «Non ti muovere Claus.»

«Dove sono i tuoi amici?»

«Loro...» tituba «Erano dietro di me, ma ora arriveranno.»

Claus mi tira un'occhiata sfuggente, poi, gli si avvicina. Christian gli intima di stare dov'è ma lui non lo ascolta.

Claus parla «Premeresti mai il grilletto?»

Gli arriva praticamente faccia a faccia. Christian sembra avere un tremolio, e come lo noto io, lo nota anche lui. Sogghigna divertito.

«Mh. No, no.» commenta «Devi puntarla più in alto...» quando mette la mano sulla canna della pistola lui non gli dice niente «Vedi? Così.»

Se la punta dritta in fronte e poi sorride.

Trascorrono un paio di secondi, solo un paio, quelli che gli servono per ribaltare la situazione.

Ora è Christian ad avere l'arma puntata contro.

«In ginocchio.» gli intima.

«Non è–..» «Ora!»

Christian fa come dice.

Claus comincia a girargli attorno.

«Sai qual è la differenza fra di noi?» si abbassa appena alla sua altezza «Mh? Lo sai o no?!»

«No!»

Continua a camminargli in torno «È che tu, parli e basta. Cerchi di incutere timore e tutte quelle cose lì... Ma non ne ne sei capace.»

Christian gli dice «Hai finito?»

Si ferma dietro di lui, fa una smorfia «No!»

Lo colpisce forte sulla nuca.

«Claus!» dico.

Christian si lamenta, gli ha dato una botta forte.

«Così impari a colpirmi. Sai che sono vendicativo.» gli fa presente.

Che cos'ha in mente di fare?!›

Continua a parlare «E sai la mia di differenza tra te qual è?» gli fa alzare la testa «È che io, le palle di spararti, le ho.»

Gli punta la pistola addosso.

«Claus!» grido.

E lui, spara.

Il rimbombo mi è ancora impresso nei timpani.

Li osservo.

Claus «Eddai!» esclama «Non tremare! Te la sei fatta addosso? Vuoi che controlli?» lo prende in giro.

Christian ha ancora gli occhi serrati e le mani a coprirgli la testa.

Vado verso mio fratello gemello «Che cazzo fai? È?! Sei forse impazzito?!»

Claus smette di ridere fra sé e sé «Uffaaa! Volevo solo spaventarlo.» mi dice annoiato.

«Sei un–..» sta per dire Christian.

«Un...?» lo intima a continuare.

Si odono dei passi.

«Di quà!»

«Ops, li ho attirati quì.» esclama con noia.

Christian mentre è ancora in ginocchio alza la testa.

«Bene, adesso basta.»

Gli punta nuovamente la pistola addosso.

«Ora faccio sul serio.»

«Claus!» lo chiamo.

«Oggi ci sarà un altro funerale, ma noi non verremo. Spiacente!»

«Che cazzo fai?!» continuo a dire senza smuoverlo.

Sta per premere il grilletto, ed io, scatto.

La pistola gli cade dalle mani.

Guardo Christian «Che cazzo aspetti, l'invito a riprendere quella pistola di merda o che altro?!»

Claus «Cosa cazzo stai facendo?!» grida con fare strozzato.

Sto usando una pressione tale che finisco per cadergli sopra. Gli trattengo il collo nell'incavo del braccio, stringo forte, non lo lascio. Non oso lasciarlo.

Io «Ho fatto una promessa.»

«Le tue promesse non sono mai state mantenute. Quindi non dire stronzate!» ringhia inferocito.

La mia stretta è ferrea, forte, senza cedimenti,perchè so che il minimo cenno di debolezza potrebbe far sì che si liberi.

Crescendo per le vie di Brixton e girando ogni buco di Westminister avevo imparato sia come attaccare che come difendermi, e ancor di più, come mettere a terra, o addirittura, uccidere, il mio avversario.

«Buonanotte, fratello.»

Stringo sempre di più fino a che non percepisco la forza venirgli a mancare. Se non smette di resistermi, potrei finire per ucciderlo definitivamente.

«Non mi scapperai...» non capisco cosa intenda «Sarò la tua malattia infestante e com tale non potrai mai uccidermi.»

Serro gli occhi, stringo i denti.

Lui finisce per svenire fra le mie braccia.

Le guardie ci raggiungono. Prendono su lui di peso e a me mi fanno alzare, dopo avermi spintonato torniamo agli autoveicoli.

Mentre camminiamo Christian mi guarda.

«Cosa c'è?»

«Grazie.»

«Non l'ho fatto per te.»

Volto di nuovo il capo in direzione eretta.

Do uno sguardo per l'ultima volta alla sua tomba così come guardo per l'ultima volta mio fratello mentre le porte dell'altro minivan vengono chiuse.

...FINE FLASHBACK...

Non faccio altro che pensare, pensare, pensare e pensare ancora.

Mi do dei colpi sulle tempie.

La tua testa non regge più.›

Non l'ascolto, cerco di non farlo.

Ero già consapevole del fatto che oggi sarebbe stata una giornata no. Me lo diceva la mia testa, e non solo i pensieri, ma anche i dolori che mi stava dando.

Dovresti curarti.› -mi diceva la coscienza- ‹Prendere le medicine.› - E delle volte, non capivo se stesse dalla mia parte, oppure dalla loro.-

Ormai era un'abitudine convivere col mal di testa. Passavano giorni in cui era sopportabile, altri meno, ed altri ancora, tutto il contrario.

Mi avevano deviato così tanto la mente che era un miracolo ricordassi ancora il mio nome.

...FLASHBACK...

Mi guarda con quel suo sguardo che non sembra mai avere il minimo rimorso.

«Muoviti, fra poco chiuderanno il reparto.» mi avvisa.

Entro nella stanza e lo trovo lì.

Non mi era mai piaciuto quest'uomo, ha sempre avuto un qualcosa che tiene nascosto di dannatamente macabro.

«So che cosa fai quì dentro.» dico a bassa voce mentre lo guardo con astio.

Ero venuto a conoscenza di cosa faceva realmente in questo posto e quando ho provato ad avvertire mio padre lui mi aveva risposto che ognuno dei due non si immischia negli affari dentro l'area dell'altro.

Qualcosa di estremamente protettivo mi spinge fuori le parole di bocca in modo automatico «Allontanati!»

Con tutta la calma del mondo si gira verso di me.

«Sei il figlio di Jonathan, vero?» e aggiunge «Sei arrivato quì da poco. Come sei crestiuto...»

Non gli rispondo. Mi si avvicina

«Ho saputo che ne hai combinate parecchie, ed ora, ai tuoi 19 anni tuo padre è riuscito a metterti dentro. Dev'essere stato brutto per lui scoprire cose del genere, ma non era mai a casa, non ha potuto farci niente...»

Come osa parlare di fatti che non sa?

Fa la sua entrata «Ciao, Fhilipp.»

«Jonathan.»

Osservo mia madre nel letto.

Senza che mio padre chieda niente Fhilipp gli dice «Sembra stabile ma imbottirsi di tutti quegli psicofarmaci non le ha giovato affatto. Con le cure di cui ha bisogno non possiamo più somministrarglieli.»

«Ti ringrazio ancora per farmela tenere quì.»

«Ci mancherebbe altro, per me sei un amico.»

«So che sei il migliore in assoluto nel lavoro che svolgi.»

Fhilipp gli sorride.

Ho voglia di ucciderlo. Ho voglia di ucciderli.›

Peccato che questo aggeggio autoconfezionato per me non mi permetta di compiere chissà quale movimento e quà fuori ci sono tre guardie armate che seguono ogni mio movimento coi mirini laser. Dannazione!

Hanno una paura fottuta di te.›

‹E fanno più che bene.›

Poi i due si voltano verso di me.

Fhilipp dice «Vieni con me un attimo.» e mio padre lo segue.

Le guardie entrano e loro rimangono fuori, ma io, li sento lo stesso.

«Sto sperimentando un nuovo tipo di Cluster, ho deciso anche per il nome.» dice Philipp.

«La pastiglia sperimentale? E cosa avrebbe di diverso?» chiede mio padre.

Mi faccio attento.

«La sua diversità è il deviare completamente la mente di una persona per riconstruirne una nuova.»

«È una sottospecie di nuova cura?» chiede «A questo lavoravi?»

«Sì. Esatto. E l'ho già testata, ti dico che funziona.»

«Se dovessero scoprire tutto? Ci hai pensato?!» gli fa presente.

«Non lo scopriranno. È impossibile.»

«Come fai ad esserne certo?»

Ascolto attentamente.

«Ne sono certo finché mi occuperò del reindirizzamento e tu del reinserimento.»

Che divertente...› -mi viene quasi da ridere.-

Una delle guardie mi riprende con quel suo fare beffardo «Che cosa trovi divertente?!»

«La tua faccia di merda.»

Quando questo sta per avanzare l'altro lo ferma per il braccio «Non fare mosse avventate.»

Si zittisce, così io me ne torno ad ascoltare. Ho sempre avuto un udito al di sopra della media.

«Dimmi, in realtà, qual è il tuo piano?»

«Creare una struttura nuova e all'avanguardia. Con solo 1 anno di tempo potremmo inserire nella società un qualcosa di assoluto!»

«Stai giocando a fare lo scienziato pazzo...»

E dopo quell'attimo ci fu silenzio. Iniziano poi una una discussione, per la prima volta per quanto io sappia, da quando si conoscono.

«Vieni con me. Te la voglio far vedere...» gli dice Fhilipp.

Due giorni dopo mi portano nell'area del manicomio.

Passano 6 mesi, ma la mattina dopo qualcosa cambia, l'allarme suona. Tutto sta andando a fuoco.

...FINE FLASHBACK...

Osservai quei garofani.

«Mh...» sorrisi amaramente «Mi hai lasciato, vivo, ma morto, nato e poi rinato, su questa terra degli orrori. Quanto può essere egoista?» mi ritrovai a parlare da solo come accadeva sempre quando mi ritrovavo quì.

Un giorno, all'aria aperta, a parlare ad una pietra che annunciava il nulla e la sera a parlare con degli steli dai rossi petali pieni di vita in un posto che ti toglieva ogni aspettativa.

Quanto poteva essere sarcastico tutto questo?

Sbattei il pugno sul terreno.

Le fitte si stavano facendo insistenti, sempre di più, sempre di più...

Vorresti scavare e poi sprofondare, vero?›

‹Sì, lo vorrei.› -risposi- ‹Ma non posso.›

Tutto ciò non era più sopportabile. E l'indomani lo sarebbe stato ancor meno essendo l'anniversario della sua morte.

Taylor Vega (POV'S)

Perchè sono tornata?!› -continuavo a ripetermi da cinque minuti buoni.-

Ero tornata perchè avevo sentito recitargli quelle parole piene di tutto e fatte di niente.

Come il canto della sirena fa col suo capitano mi aveva fatta avvicinare al pericolo senza lasciarmi alcuna via di scampo. E ci avrei sbattuto contro. Fino ad affondarci, ad affondarmi.

Il suo respiro parve farsi più pesante. Fremette. Tremò. Si pezzò. E poi si piegò. Gridò, gridò con fare strozzato. Come se perfino le proprie urla rischiassero di soffocarlo. Come se tutto il male che si portava dentro avesse bisogno di uscire una volta per tutte. E questa, sembrava proprio essere una di quelle volte.

Assomiglia alla voce del demone che dentro alla tua cassa toracica grida ogni notte.›

Strinsi il lembo della mia felpa fra le dita, non mi sarei mai aspettata di vederlo così.

Così simile...› -spinse ancor di più il coltello nella ferita.-

Aron Jhones, stava crollando, nei miei stessi modi.

Le sue parole ed i suoi gesti mi erano rimasti talmente impressi che non mi ero neanche accorta che aveva iniziato a diluviare.

Strano vero? Come il tempo atmosferico si prenda tanto gioco del nostro umore.

Senza nemmeno accorgermene, toccai la sua spalla.

Aron Jhones (POV'S)

«Aron, adesso basta...»