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Chapter 25 - XXV° i segreti dell'osservatore

Qualcuno spalancò la porta.

Il medico da strapazzo se l'è presa comoda.› -pensai tra mé e mé.-

«Mi serve sapere che le è successo prima

James «Non ne ho idea, sono arrivato e se ne stava stesa sul pavimento. Urlava. Non faceva altro che urlare, contorcersi, e–..»

Christian mi invase la visuale.

Mi mise una mano sulla spalla «Andiamo.»

«Come?» lo osservai.

Insistette «Ti devo riportare in cella d'i–..» «Non ne posso più di starmene lì dentro.»

Si massaggiò la fronte «Ho capito, ma non puoi comun–.. Uff.»

Mi misi a braccia conserte.

«Sembri stressato.»

Tirò un lungo sospiro.

«E non ho ancora finito, è quello il punto. L'ambulanza è ancora là fuori. Per fortuna se ne stanno occupando i miei colleghi, ma io dovrò comunque mantenere la calma tra i detenuti l'indomani...»Si sta proprio sfogando è?›

«Si verrà comunque a sapere che una detenuta si è tolta la vita.» gli ricordai.

Christian non disse nulla.

Il medico mise via le sue cianfrusaglie da dottore.

Ha già finito?›

Dopo essersi diretto verso di noi disse «Non ha niente.»

«In che se–..» «Come non ha niente?» esclamai totalmente incredulo.

James si intromise «Ricorda che non dovresti nemmeno trovarti quì. Quindi astieniti almeno dal commentare.» Ho già detto che questo lo ammazzo?›

Christian, dopo che ebbe lanciato un'occhiataccia ad entrambi, si rivolse al medico «Che cosa vuol dire? L'ha visitata?»

«Sì.» sembrò spazientito.

«Ma allora perchè non sa dirci che le è preso?»

«Christian...» gli mise una mano sulla spalla «Sono un medico. Non uno psichiatra.»

Detto questo, ci lasciò.

«Ma cosa cazzo vuol dire?» mi chiesi io.

*toc toc*

Christian aprì la porta.

«L'abbiamo cercata dappertutto ma non la trovavamo.» ‹Pure del lei gli danno...› -quasi alzai gli occhi al cielo.- «Abbiamo bisogno sia di lei che di James.»

Il "simpatico" amico di Christian gli si avvicinò «Ci sono novità?»

«Sì, presto verranno a portarla via.» gli disse.

Christian «Perfetto.» aggiunse in seguito «Arriviamo subito.»

«Ti precedo.» gli disse James e lui annuì.

Chiuse la porta col peso del proprio corpo.

Prese un bel po' d'ossigeno, poi disse rivolto a me «Volevi startene fuori un po'? Accontentato! Fumati una sigaretta, fai quel che vuoi, ma non uscire da quì.» mi avvertì puntandomi col dito indice.

Aprì la porta.

«Non sono stato io a non volerci tornare...» gli feci presente mentre avevo già la sigaretta in bocca.

Come aveva aperto la porta, la richiuse.

Si voltò guardandomi di traverso «Oggi è stata una giornata davvero pesante per me. Non hai idea! Sai quello che ho fatto? No, non credo!» Che noioso.› -commentai.- «Non sono stato tutto il giorno a grattarmi come te.»

Quasi risi «Ahà! Be' scusa se io sono costretto a "grattarmi" come dici per tutto il santo giorno.» lo fulminai.

Si grattò nervosamente la testa «Maledizione. C'è un cadavere che deve essere portato via e io 'sto quà a perdere tempo con te!»

Buttai fuori il fumo.

«Eh, allora vai.» gli dissi io per dargli fastidio.

Peccato che si fosse già chiuso la porta alle spalle quando lo dissi.

Udiì un colpo di tosse. Volsi lo sguardo verso di lei, non era il primo colpo di tosse che dava.

Sbuffai e andai ad aprire la finestra.

«Mh...» mugugnò.

Perchè mi devo ritrovare sempre in stanze varie con lei?!›

Non seppi quanto tempo passò.

Qualcuno apriì la porta. Sbuffò.

Ha fatto ritorno dalla sua missione.› -commentai perfidamente.-

«Maledizione...»

Entrambi puntammo lo sguardo sulla figura di Taylor.

Christian la raggiunse «Taylor?» continuò a domandarle «Mi senti?»

«Cosa...?»

Da quì non riuscivo a capire se avesse gli occhi aperti o che cosa.

«Dove mi trovo?» domandò.

«In infermeria.» le rispose.

Si toccò la fronte. Era ancora piuttosto intontita, non sembrava essersi ripresa.

Christian aggirò il lettino raggiungendo il suo fianco.

«Che è successo?»

Lei «Non lo so. Io–..» si bloccò.

Christian «Cosa?»

«Ho un gran mal di testa...» Mal di testa, è?› -mi ripetei le sue parole nella mente.-

Lui le chiese ancora «Hai fatto qualcosa di strano prima–..» «Le pastiglie...» lo interruppe.

Entrambi ci guardammo.

Christian «Di quali pastiglie parli?»

Lui ne rimase completamente perplesso, mentre io, no.

«Le mie pillole.»

«Quali pillole?» le domandò ancora.

Taylor si coprì il viso col braccio «Cavolo. Maledizione. Dannazione–..» continuò ad imprecare a raffica.

«Non è ancora del tutto cosciente.» decisi di parlare.

Christian mi diede ragione «No, probabilmente no.»

Lei «Perchè...?» sembrò parlare da sola.

Christian per il momento lasciò perdere le "domande complesse" e le chiese soltanto «Quante ne hai prese?»

«Cinque...»

Quante?!› -scattai in avanti.- Feci cadere sul pavimento un bicchiere di vetro plastificato nel compiere quel movimento improvviso.

«Cazzo.» esclamai.

Christian che si era già girato verso di me mi chiese «Che ti prende?»

«Sta parlando delle mie stesse pastiglie.»

«Cosa–.. Quelle là? Parli del Retsulc.A? Perchè lo prende?! Che–..» lo interruppi «Non lo so!»

Non sapevamo tutto, ma sicuramente ero più informato io di lei al riguardo, anche se di poco, ma a me quel poco bastava ed avanzava.

Christian si mise a pensare ad alta voce «Quelle pillole giravano solo nell'area vecchia del carcere...» Già, l'area vecchia...› -senza accorgermene mi stavo perforando la carne con le unghie per quanto stessi stringendo le mani.- «Perchè lei–..» «Non lo so! Va bene?! Non lo so!»

Avevo lo sguardo puntato davanti a me, rivolto al nulla. Non sapevo cosa dire e nemmeno cosa pensare.

Questa situazione è un rebus incomprensibile.›

Taylor Vega (POV'S)

La testa mi girava da morire e mi sentivo altrettanto intontita. Appena mi misi seduta, quasi caddi.

Schiusi le palpebre. Ero nella mia cella.

Ma che è successo?› -non ricordavo niente della sera prima.- L'unica cosa che ricordai, appena la ricordai...

«Merda...» mi misi le mani tra i capelli.

Dovevo uscire in fretta da quì e assicurarmi che non fosse davvero così.

Appena fui in mensa cercai con lo sguardo Enrico.

Appena lo trovai gli corsi in contro «Enr–..» ebbi un capogiro.

Mi prese praticamente al volo «Hey! Tutto okay?»

«S-sì.» mi scostai dalla sua presa, ancora barcollante «Devo sapere...»

«Cosa, Taylor?» ‹Il tono che ha usato non mi piace.› -pensai con ...forse, la mia, era irritazione?-

Scossi la testa.

«Ieri sera... cos'è successo?»

Non rispose.

Lo fissai dritto negli occhi, mentre lui non faceva altro che guardare altrove, ovunque, piuttosto che guardare dentro ai miei.

‹Perchè non mi guarda?!›

Alla fine mi fiondai su di lui.

«Enrico!»

Mi stavo aggrappando alla sua maglia come se fosse la mia unica ancora di salvezza. L'unica cosa a cui potevo appigliarmi in quel momento e l'unico che avrebbe potuto darmi risposte che non mi stava dando e né tantomeno aiutando.

«Lasciami...»

Strinsi di più la presa.

«Dimmelo!» alzai la voce.

Lo tirai verso di me e lui accerchiò i miei polsi con le sue mani.

«Lasciami!» alzò la voce «Mi stai facendo male!»

Lo mollai.

Che stavo facendo...?› -osservai le mie mani tremolanti.-

Avevo attirato l'attenzione. Percepivo tutta la tensione dei loro sguardi addosso. Erano ovunque. Li sentivo perforarmi ogni centimetro del corpo.

Non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi› -mi misi le mani tra i capelli.-

«Taylor...?»

non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi non guardatemi. Non guardatemi!›

Continuai ad arretrare. Passo dopo passo, fino a fuggire via.

Finirai nei guai.›

‹Non mi interessa.›

Espirai ed inspirai.

Stavo cercando in tutti i modi di arrancare dell'aria. Mi strofinai la faccia con le mani per poi tirarmi in dietro i capelli. Stavo respirando, ma sembrava che non lo stessi facendo, non la percepivo raggiungermi i polmoni. Eppure ero consapevole del fatto che stessi respirando, ma la sensazione che provai non riusciì a comprenderla.

Devo restare calma.› -mi dissi- ‹Devo solo rimanere calma.› -continuai a ripetermi.-

«Ciao.»

Quella sola parola mi riscosse completamente risbattendomi nel mondo reale.

Alzai lo sguardo lentamente.

«Sono Dylan.»

‹E allora?› -avrei voluto dirgli, ma non lo dissi.-

«Taylor.» gli porsi la mano.

Non la afferrò. Ed io la ritirai.

Qual era il suo problema?

Allora gli chiesi «Ti serve qualcosa?»

«No, non proprio.»

Ma allora che voleva?

«Volevo solamente presentarmi.» ‹Ma che senso ha?› -mi chiesi.- probabilmente avevo un'espressione sbigottita stampata in volto «Be', se sei così simpatica me ne vado.»

Mi fece un cenno con la mano e se andò via sul serio.

Ma quali sono i problemi della gente che sta quà dentro?!›

Ebbi un forte capogiro.

«Ah...!» premetti le dita sulla fronte.

Cos'e successo ieri sera esattamente? Perchè non riesco a ricordare?› -continuai a chiedermi senza trovare alcuna risposta.-

Ormai era pomeriggio, avremmo avuto solo due ore da trascorrere quì.

Notai Maria in lontananza.

Alzai una mano per salutarla ma lei si voltò dall' altra parte, così la rimisi giù. -Non stavo capendo- ‹Ma che le prende pure a lei?› -poi pensai in seguito- ‹Oh be'. Posso immaginare...› -mi spuntò un mezzo sorriso.- Come se non bastasse di Carlotta non ne avevo ancora visto traccia. Che mentisse quando mi aveva minacciata?

Enrico mi raggiunse.

Ci mancava lui...›

«Vuoi davvero saperlo?»

Mi osservò con un'espressione seria quanto decisa in volto.

Non feci in tempo ad aprir bocca.

«Sì è suicidata.»

Che me lo disse.

Mi sentiì le gambe pesanti, così mi accucciai per terra. Non mi sarebbe importato minimanete se avessi attirato l'attenzione.

Presi un gran respiro «Qui-nd-i...» mi usciì a scatti «Sofia si è davvero uccisa.» percepiì delle lacrime solcarmi le guance.

Anch'esso si accucciò e mi mise una mano sulla spalla iniziando poi ad accarezzarmela.

Rimase in silenzio, la cosa mi piacque, perchè forse anche lui sapeva che non sempre si aveva bisogno delle parole.

Mi premetti il palmo della mano in faccia.

Quando mi aveva detta che l'indomani se ne sarebbe andata...› -cominciai a dire tra mé e mé- ‹Perchè non l'ho capito?!›

‹Come avresti potuto?›

‹Non capisco mai niente di quello che mi circonda.›

Mi morsi il labbro inferiore con forza.

In seguito udiì una voce familiare.

«Probabilmente non aveva le palle per stare al mondo.»

Spalancai gli occhi all'improvviso. Tirai su il capo con lentezza. Le lacrime ancora mi appannavano la vista.

«Rose–..» Enrico mi interruppe «Lasciala stare, non ne vale la pena.»

Lei mi stava guardando con un ghigno stampato a lato della bocca.

Si mise poi a ridere mentre parlava con delle ragazze «È incredibile vero?» si rivolse direttamente a me in seguito «È?!»Sta facendo veramente sul serio?!› «Non aveva le palle la tua amica?»

Mi stavo già dirigendo verso di lei. Le arrivai faccia a faccia.

Rose «Uh! E adess–..» non la feci neanche terminare di parlare.

Ti ho capita, sai?›

Questa ragazza era tale e quale ad un cactus. Quel tipo di pianta a cui non ti puoi avvicinare, perchè pungente, assai pungente. La cosa sicura era che più le ti si avvicinavi, più rischiavi di farti male.

Lei era un frutto acerbo.

Forse era stata tirata giù dall'albero troppo presto senza rispettare il termine per la raccolta che sarebbe poi avvenuta in seguito. Mentre io, ero paragonabile più ad un ramoscello, una fragile e semplicissima piantina. Ma la differenza era grande.

Sapevo che dovevo ancora, oltre che germogliare, continuare ad imparare a sbocciare. E l'avrei fatto. Lo avrei continuare a fare.

Due cose differenziavano completamente questi due soggetti. E non era né l'aspetto, né la forma. Ma la differenza del loro approccio alla vita stessa.

Lei ormai era caduta, senza più alcuna possibilità di maturazione o di cambiamento. Mentre io ero agli inizi.

E se entrambi i soggetti si trovassero in un'ambientazione pluviale? Prendiamo un fiume ed un terreno scosceso che pende proprio verso di questo. Il frutto dopo essere caduto non può far altro che continuare a rotolare verso quel baratro, mentre quella piantina, potrà continuare a decidere di resistere a vento ed acqua.

E ora ditemi, qual è la dirreferenza tra di essi? Una sola.

Togliendo i paragoni, le metafore, e tutto il resto.

Se questo fiume fosse stato la vita? Lei non avrebbe potuto far altro che affondarci. Ed io non avrei fatto altro che continuarci a crescere.

«Tu...!» disse rabbiosamente.

Aveva ancora il viso voltato di lato, ed io la mano ancora sospesa a mezz'aria.

Io «Ascolt–..»

Mi assalì e nel farlo finì per terra insieme a me.

*fiiiiiii*

La guardia «Che sta succedendo quà?!»

Rose mi si tolse da dosso.

Mi puntò un dito contro «Non ho intenzione di finire di nuovo in isolamento per una stronzetta come te!»

Mi gridò addosso. Dopo si scostò alcune ciocche di capelli che le erano ricadute sul viso in modo alquanto nervoso, anche se non risolse chissà quanto la situazione.

La stavo guardando ancora dal basso verso l'alto, ero rimasta seduta comodamente, le mani a farmi da appoggio.

Quasi mi viene da ridere.› -misi una mano davanti alla bocca.-

Alla fine non ce la feci e mi misi a ridacchiare.

Rose fece un passo verso di me «Che cazzo hai da ridere è?!» sembrò impazzita, si notava chiaramente che aveva i nervi a fior di pelle. ‹Ed è proprio questo che mi fa divertire tanto.› -e per l'appunto non la smisi.-

La guardia la prese per le spalle e lei si scostò la sua presa di dosso in un modo piuttosto brusco.

Enrico mi raggiunse prontamente «Tutto bene?»

Mi tese la mano.

«.» mi rialzai «Tutto bene.» gli sorrisi.

Poco dopo mi raggiunsero Chiara, Ambra e Martina.

Dylan Parker (POV'S)

Mi stavo fumando una sigaretta mentre osservavo quella ragazza antipatica a cui mi ero andato a presentare.

«Da quando sono amiche di quella?» storsi il naso.

Carlos mi lanciò un'occhiata.

Io «Che c'è?» gesticolai con stizza.

Buttò fuori il fumo «Perchè ti interessa?»

Interessa che?!» misi le mani avanti «Non hai proprio capito.»

Carlos rispose con un'alzata di spalle.

È sempre il solito.› -feci il broncio mentre mi misi a guardarlo con aria annoiata.-

Sbuffò sonoramente.

«Dí quello che devi dire.»

Io «Non è che abbia da dire qualcosa in particolare.»

Carlos si mise a guardarmi con una delle sue espressioni tipiche «E allora?!»

Si sta già spazientendo? Wow, ogni volta batte il record. Anzi... no. Saranno passati un paio di minuti soltanto. Quindi... No, no. Una volta ci ha messo trenta secondi! Li ho contati. O forse era–..› -i miei pensieri vennero interrotti.-

«Ti sei di nuovo perso tra le nuvole?» mi fece una domanda retorica.

Avrei dovuto imparare a smettere di perdermi in questo modo.

Accidenti! Il mio è un brutto vizio. Anche perchè così mi perdo le conversazioni. Una volta mi è capitato addirittura di–..› -venni interrotto- ‹Lo stai rifacendo!›

‹Ma che diamine.›

Scossi la testa.

Poi tornai a guardare nella loro direzione.

-Stavano ridendo e scherzando- ‹Tranne lei.›

Mi misi a braccia conserte mentre finivo di fumare.

Nel mentre continuavo a percepire gli sbuffi di Carlos accarezzarmi i timpani ‹Fra: 3... 2... 1...› «La smetti?!» ‹Lo conosco troppo bene.› -quasi me ne compiacqui.-

Rimasi con lo sguardo puntato su di loro mentre gli dissi «Di fare cosa?»

«Di sembrare uno stalker.» era pungente come al solito è? «Smetti di seguirne ogni movimento.»

Io «Non se ne sono neanche accorte!» me la risi.

Martina Milton (POV'S)

Taylor «-..e quindi è andata così.» terminò di raccontare.

«Un bello spettacolo. Avrei voluto vederlo.»

Яка перерва.› -pensai annoiata.-

«Psst!» mi richiamò Chiara «È da un po' che està guardando de aquì, ti starà osservando.»

«L'ho notato.» dissi irritata.

Chiara ridacchiò ‹Lo trova divertente o qualcosa del genere?!› -la fulminai con lo sguardo- «Eddai...»

«No.» dissi risoluta «Può ебать себе.»

Lei mi guardò perplessa «Cioè?»

«Ho detto che può fottersi.»

Sbuffai sonoramente.

-Poi mi chiesi- ‹E lei sa che quell'altro invece sta guardando lei?›

Dylan Parker (POV'S)

Carlos «Ne sei proprio sicuro?»

Gli lanciai un'occhiata.

«Non importa.»

Lui «Comunque non ho ancora capito perchè sei interessato alla loro amicizia.»

Davvero non lo sa?›

«Perchè quella è pazza.»

«Quella chi?»

«Quella Taylor.»

«E come fai a dirlo?» mi chiese lui.

Io «Non lo so, ho provato a presentarmi ma poi mi ha fatto uno strano effetto...»

«Uno strano effetto?» ripeté scettico.

Questa volta lo guardai «Non hai sentito dell'altra notte quando si è ammazzata la tipa?»

Carlos prese un lungo respiro «Quando la smetterai con i pettegolezzi?» mi lanciò uno sguardo da ammonimento.

«Ma non sono pettegolezzi!» ribattei.

Smise di guardarmi,poi disse «Be' dovresti sm–..» «Ah!» mi venne in mente un'altra cosa «Gira voce» gli feci segno di avvicinarsi, lui non lo colse, così fui io ad avvicinarmici «che qualcuno stesse minacciando la sua vita.»

«E questo come faresti a dirlo?» Ma guarda guarda. Sono riuscito ad incuriosirlo?›

Feci spallucce «Méh.»

Carlos mi si allontanò di qualche passo «La tua fissazione verso le vite degli altri è da stalker psicopatico.»

Mi infilai le mani in tasca «Esagerato...» borbottai.

Mi puntò l'indice sul petto «Dacci un taglio!» Ramanzina fra: 3... 2... 1...› «La sai una cosa?» Eccolo...› -quasi ebbi l'istinto di spararmi un colpo.- «Se non inizierai a farti i cazzi tuoi interessandoti continuamente alle vite delle altre persone prima o poi qualcuno si interesserà alla tua. E lì vorrò vederti.»

Non si aspettò una mia risposta così dopo essersi allontanato scomparve dalla mia visuale.

Tornai con lo sguardo sulle ragazze. ‹Ma dove sono finite?›