«Taylor.» mi richiamò Christian.
Io «Mh?»
Mi osservò con serietà «Perchè frequenti il detenuto Nicolas Kepler?»
«Come?»
«Rispondi.» insistette.
Lo guardai di sbieco «Perchè dovrei risponderti?»
«Perchè ti ho fatto una domanda.» mi si avvicinò.
Aron s'intromise «Lasciala perdere. È inutile.»
La mia testa scattò verso di lui «Come?»
Incrociò le braccia «Sei sempre la solita.»
«Anche tu non sei cambiato per niente, anzi, si può dire che tu sia peggiorato e basta.» gli risposi a tono.
«Come dici?» mi fulminò «Avrei proprio una gran voglia di vederti trascorrere tutto il tempo che ho trascorso io in isolamento senza peggiorare la tua persona!» dopo avermi guardata in cagnesco mi urlò pure addosso.
Christian «Adesso basta.» ci ammonì «Più tardi te lo richiederò. E questa volta dovrai rispondermi.» disse autoritario.
‹Perchè mi sembra di essere sempre l'unica a non capire cosa le succeda intorno?›
Ormai ero rimasta solamente io.
Aron Jhones (POV'S)
Stavo seguendo Christian. Ogni tanto si voltava a guardarmi, ma non diceva nulla.
‹Sta facendo finta di niente di proposito?› -mi chiesi, irritandomi ancora di più.-
Poi, si fermò.
«Si può sapere cosa c–..» «Da quanto lo sapevi?!» lo interruppi in modo brusco.
Lui «Cosa.» ‹Non hai proprio intenzione di guardarmi in faccia è?› -commentai nella mia testa.-
Io «Lo sai benissimo di cosa parlo.» gli dissi «Nicolas. Da quanto si trova quì?»
«Da un po'.» ammise.
«Da un po'?!» ripetei con un tono di voce più alto.
Christian si girò prontamente verso di me «Non urlare. Abbassa la voce.»
«E voi non avete fatto niente?!» continuai, senza dargli ascolto.
Christian mi prese da parte.
Io «Allora?!»
«Ascolta–..»
Cominciò a raccontare, spiegandomi la situazione.
Io poi dissi «E come ha fatto?!»
«Non lo so, è furbo, lo sai.»
Mi spuntò un sorrisetto a fior di labbra «Certo.» e aggiunsi «Più di voi.» lo scherniì, li scherniì tutti quanti, dal primo all'ultimo, con tre sole parole.
Non rispose.
«Dovrai cercare di rimanere calmo.» fu ciò che disse.
«Rimanere calmo?!»
-Strabuzzai gli occhi- ‹Mi prende per il culo?›
Christian sospirò «Sì. Devi cercare di non peggiorare la tua situazione attuale.»
«Come se fosse facile. Con quel suo–..» continuò per me «..–Sorrisetto da presa per il culo. Sì, lo so.»
«Tśh.» scossi la testa.
Lui «Non devi fare il suo gioco.» mi mise una mano sulla spalla ed io osservai il tutto con astio «Devi batterlo in furbizia, fino al giorno–..» lo interruppi «In cui mi manderete a morire.» lo guardai dritto negli occhi «Giusto? No?»
Scostò la sua mano, smise di guardarmi in faccia. Si astenne dal rispondermi.
‹Mhmh.› -quasi mi venne da ridere, ma non lo feci.-
Era proprio vero, non potevi sfuggire al passato quando faceva ritorno.
Taylor Vega (POV'S)
Ero rimasta quì seduta, su questa panchina quasi per l'intera giornata.
La sua struttura scricchiolò. Mi voltai, ritrovandomi un paio d'occhi azzurrissimi osservarmi.
Mi alzai.
Dylan «Aspetta.»
‹Cosa vuole?› -mi chiesi.-
Io «Cosa c'è?» lo guardai da sopra la spalla.
Si accese una sigaretta.
«Come te la passi?» ‹Ma qual è il suo problema?› probabilmente notò la mia espressione, così aggiunse «Dopo l'altro giorno, dico.»
«Se questo è il tuo modo per chiedere scusa devi lavorarci parecchio...» gli feci sapere imbronciata.
Dylan non rispose alcunché, si mise semplicemente a sbuffare.
Non capivo proprio il suo comportamento. Perchè si era seduto quì? I suoi modi di fare non avevano alcun senso.
«Sai... Ho un certo interesse per le pazze.»
Se ne venne fuori, così, d'improvviso.
Io «Come...?» ne rimasi sbigottita, totalmente.
Sbuffò.
‹Qual è il suo stramaledetto problema?!› -mi chiesi completamente senza né parole né spiegazioni sensate.-
Quando si fu alzato in piedi si allontanò.
Dylan Parker (POV'S)
«A chiedere scusa fai schifo, fattelo dire.» ovviamente non poté mancare il commento di Maick. ‹E quando mai...› -sbuffai in automatico.-
«Non volevo scusarmi.» mi misi sulla difensiva.
Maick «Ah no?» mi osservò quasi divertito.
Risposi con una semplice alzata di spalle.
Io «Cosa devo dirti–..» «Scusarti. E per cosa?»
‹Questa voce la conosco...›
Mi voltai.
Avevo chiaramente fatto centro.
Quella voce l'avrei riconosciuta ovunque. Così tagliente, fredda e scontrosa, sopratutto quando era con me che parlava. Il suo odio nei miei confronti era più che palese.
Non era mai stata un tipo socievole, simpatico o espansivo, ma si poteva dire che a me riservava sempre e solo il peggio del peggio del suo caratteraccio. Dagli sguardi che mi aveva sempre dedicato, al modo di parlare.
Le cose erano cambiate parecchio.
Chiara «Y con chi?» chiese in seguito.
Entrambe mi stavano guardando. Mentre io scostai il mio di sguardo.
«Per niente. E con nessuno.» tagliai corto, rispondendo ad entrambe.
Martina riprese a parlare «Ah no?» ‹Mi sta trafiggendo...› -commentai.-
La guardai per un solo attimo «No.»
«Qualcosa mi dice che hai combinato qualcosa.» si intromise Chiara, il suo istinto colpiva nel segno, come al solito.
Maick mi venne in aiuto «Be'... Lo conosciamo, ne combina sempre qualcuna.»
Martina «Maick.» lo richiamò «A chi dovrebbe chiedere scusa?»
«Alla pazza...» dissi a bassa voce, perso fra i miei pensieri.
Chiara «Como?»
Spalancai gli occhi, mi ero fatto sentire. ‹Sei un idiota.› -mi insultò.-
«Alla ragazza che si trova nella cella A1.»
Non ero stato io a dirlo.
Mi girai verso Maick! Odiavo il suo stupido senso di giustizia ed il suo non saper tenersi le cose.
Lui «Scusa.» ‹Ma 'scusa' un cazzo!› -gli feci intendere con lo sguardo.-
E adesso come avrei potuto tirarmene fuori?
Chiara ancorò la stoffa della mia maglia tra le sue dita. Le sue iridi scure mi stavano bruciando.
Era sempre stata una persona protettiva con chi considerava amico, non se ne faceva di problemi. Nonostante la sua statura era sempre intenta a proteggere tutti quanti.
La cosa non le pesava per niente, anzi.
Tendeva ad attaccare per prima. Non aveva alcuna paura.
Chiunque le si parasse davanti, se riusciva a farla arrabbiare o se sbagliava in qualcosa, sapeva che non poteva sfuggire al suo caratterino focoso.
Lei «Habla Parker.»
L'unica cosa che le dissi era che l'avevo beccata nel reparto doccie, che aveva sbagliato giorno, ed in fine «–..Ero insieme a Maicol.»
Bastò pronunciare solo l'inizio del suo nome per farle mollare la presa da me e per dirigersi come una furia verso i ragazzi che si trovavano dall'altra parte del cortile.
‹E adesso cosa faccio?! Quella si sta dirigendo come una furia verso di loro! E se... e se–.. Ah! Maledizione, maledizione. Accidentaccio! Devo muovermi, non starmene quì a pensare. Shit!› -mi riscossi.- Decisi di andarle a dietro.
Chiara gli era praticamente davanti «Tu, maniaco de mierda!»
Davanti a lei gli si piazzò Carlos.
‹Oh no. No no no no no! Quà va di male in peggio!› -misi le mani fra i capelli.-
Rimasero a fissarsi.
Lei «Spostati.» gli intimò.
«Cosa sta succedendo?»
Martina puntò il dito nella direzione di Maicol.
Anche lei in fatto di protezione non scherzava. Soprattutto, se la persona in questione era un'amica di Chiara.
Nonostante tutto si vedeva chiaramente che teneva a lei.
«Il tuo amico...» disse solo.
-Lo guardai per un attimo- ‹Scusa...› -cercai di riferigli con lo sguardo.-
Carlos «Cosa?»
Maicol si fece avanti «Io–..» non fece in tempo a dire niente.
Chiara dopo essersi diretta verso di lui gli tirò un pugno dritto sullo stomaco! Ovviamente non l'aveva minimamente scalfito. Era stata così veloce che avevo notato il tutto all'ultimo momento!
«Sei una mierda! Che hai fatto?! È?!» gridò.
Stavamo attirando l'attenzione.
Carlos l'alzò da terra «Smettila.»
«No me debes tocare!» ‹Certo che quando è arrabbiata crea una lingua tutta sua, mista fra l'italiano e lo spagnolo.›
Lui le disse con tono fermo «Finché non ti calmerai non ti metterò giù.»
Chiara «Aaah! Maldito!»
Continuò ad agitarsi come un'anguilla.
Maick si fece sentire «Perchè non cerchiamo di calmarci tutti quanti?!»
Maicol se ne stette in silenzio.
-Volsi lo sguardo in giro- ‹No, eddai!›
Taylor «Chiara, ma cosa–..» poi notò Maicol, bloccandosi.
Chiara «Taylor!» poi si rivolse a Carlos «Mollami!»
Lui la mise giù.
Chiara si girò verso di lui come una furia e dopo avergli puntato il dito contro lo avvertì «Non mi devi tocare mai più. Claro?!»
Rimase a guardarla. Anche quando si fu ormai voltata.
‹Per lui non è cambiato niente.› -mi toccò pensare.-
Chiara «Vamos.»
Prese Taylor a braccetto e s'allontanò da noi.
Mi arrivò una spallata. E ovviamente, di chi si sarebbe potuto trattare? Di Martina.
«Mi odia proprio.» commentai.
Carlos e Maick dissero «Ma dai?» -Li guardai facendo una smorfia- ‹Si sono messi d'accordo?›
Già che c'ero aggiunsi, tornando a guardare nella direzione in cui era sparita «Sì. Ma più del solito...»
Maick «Lo sai che mese è?»
«Cosa c'entra?»
«Non puoi non ricordartelo.» mi rimproverò.
La risposta mi trapassò il cervello come un fulmine a ciel sereno.
Io «Oh...»
‹Ora ricordo. Come ho fatto a scordarmelo?›
‹Ricordi tutto di tutti, ma non le tue stesse colpe.›
Taylor Vega (POV'S)
21:00
Mi strinsi nelle braccia, faceva freddissimo 'sta sera.
Ero in cortile.
Per fortuna la storia dell'allarme antincendio era stata accantonata. Non si era trovato nessun colpevole.
Dopo un paio di settimane di pressing alla fine non avevano capito come fosse potuto accadere o chi potesse essere stato. A quale scopo poi? Non era capitato nulla, alcuna fuga, piano di ribellione, o quant'altro. Quindi alla fine ci avevano lasciati stare.
Erano arrivati alla conclusione che probabilmente la causa fosse stata un semplice guasto.
Era tornato praticamente tutto alla normalità.
Notai qualcuno, stava fumando una sigaretta. Era buio pesto. Non riusciì a capire chi fosse.
Mi avviai verso di egli ‹Che hai in mente?› -mi chiese.- «Scusa...?» cercai di attirare la sua attenzione.
«Sì?»
Io «Avresti una sigaretta?»
Questo «Tieni.» me la "porse", tra virgolette, perchè me l'aveva lanciata anziché allungarmela.
La presi al volo senza neanche sapere come «Beh grazie...»
Rimasi ad osservarla.
‹E adesso?›
‹Sei stupida?›
Io «Emh, avresti l'accendino?»
Il ragazzo mi disse «E poi? Vuoi anche che te la fumi?»
La sua doveva essere una battuta?
Alla fine me lo diede, dopo averlo preso me lo rigirai fra le mani.
Come si accendeva 'sto coso?
Incastrai la sigaretta fra le labbra ma subito dopo la tolsi iniziando a sputacchiare del tabacco.
«L'hai messa al contrario.» mi illuminò.
-Arrossiì- ‹Che sciocca.-
Questa volta la misi diritta. Appena feci girare la rotellina lasciai cadere l'accendino per terra, mi ero scottata. Sembravo proprio un'imbranata.
Il ragazzo sbuffò sonoramente.
«Da' quà.»
Alla fine fece lui al posto mio e dopo me la porse.
La presi fra le dita e in un modo alquanto impacciato aspirai. Iniziai a tossire come una forsennata, neanche il tempo di finire di fiagare!
Lui ridacchiò «Mi fai morire Taylor.»
‹Come?› -pensai con ancora la sensazione del fumo in gola.-
Venne di più verso la luce, per quanta ce ne fosse, e potei capire di chi si trattasse realmente.
«N-Nicolas?»
Cercai di inalare dell'aria pulita.
Nicolas mi chiese «Da quand'è che fumi? Non lo ricordavo.»
«No... Volevo solo provare.» ammisi.
Mi dedicò un sorriso «Sì, si era capito.»
Io «Ah sì?» ‹Beh, vedi tu!› -si aggiunse.-
«È un classico.»
Fiagò ancora, ne restavano ancora un paio di tiri. Io invece osservai la mia ormai mezza consumata. Me la rigirai fra le dita.
«Guarda, così.» mi fece vedere.
Me ne porse un'altra perchè la mia oramai si era trasformata in cenere, quasi mi bruciai persino le dita.
E così iniziò la mia lezione sull'imparare a fumare una sigaretta. Dopo qualche minuto e colpi di tosse vari, se non infiniti, capiì più o meno come farlo, o come non morire nel tentativo di fare un singolo fiato.
Io «Ti ringrazio per la lezione.»
Risi brevemente e lui mi seguì.
Rimanemmo in silenzio per qualche attimo, avevo in mente alcune cose e non riuscivo a togliermele dalla testa. Lo guardai di sottecchi. E se ne accorse.
«Che c'è?» mi chiese.
Mi torturai la dita, presi coraggio «Non ho ancora capito cosa tu ci faccia quì, in questo carcere...»
«Be'» si appoggiò alla parete «sono stato arrestato e mi hanno portato quì.»
«Mhmh.»
‹Me lo ha detto, insomma, è ovvio.› -parlai tra mé e mé- ‹Ma allora perchè non mi convince?›
«Nicolas.»
«Sì...?»
«Le prese per il culo non mi piacciono.» lo guardai dritto in faccia.
Buttò la sigaretta per terra «Certamente.» ‹Che gli piglia?› «Ci si vede.»
Rimasi da sola.
Solamente la mia figura, nel buio, con il lumino che tenevo fra le dita a lasciar individuare la mia posizione.
Buttai fuori il fumo. Osservai quella nuvoletta vagare sopra di me fino ad espandersi, per poi dissolversi nell'aria. Questa immagine mi rilassò.
Provavo una sensazione fastidiosa in gola e la lingua mi pizzicò, ma sarebbe stata solo una questione di abitudine. I polmoni sembravan che bruciassero.
Non ci feci caso. Molte cose oramai in me bruciavano.
Fiagai ancora, l'ultimo, riempendomi i polmoni di questo "nuovo ossigeno". Un ossigeno malato, incatramato.
«Cosa cazzo stai facendo si può sapere?»
Trasaliì!
Mi girai verso la figura in questione.
Era buio, molto buio, la luna questa sera non illuminava il cielo. Però quegli occhi li avrei sempre riconosciuti. Anche nel più tetro dei luoghi.
Io «Come?»
«Da quando le bambine si mettono a fumare?»
«E da quando i bruciati si permettono di fumare?»
Gli avevo risposto a tono. Mi ero stancata di farmi mettere i piedi in testa in continuazione, di star zitta, e di subire in silenzio.
Aron «Come hai detto?» strinse i denti.
‹Non sono più quella che puoi calpestare. È terminato il tempo di fare la persona che tace e guarda a terra.›
«Ho detto quel che ho detto.» dissi autoritaria.
Mi ero ripromessa almeno di provarci e di non badare al costo delle conseguenze.
«Cosa stracazzo stai facendo?!»
Mi si era avvicinato. Potevo percepirlo.
Ne rimasi perplessa, risposi «È solo una siga–..» «Non me ne può fregare minimamente di quello che ti fumi o non ti fumi.» mi interruppe per dirmi ciò ‹E figuriamoci.› «Sto parlando di quello là.» sembrò indicare col dito la direzione in cui era scomparso Nicolas.
Io «Aaaaah! Ecco.»
«Cosa!» sbraitò.
Incrociai le braccia fra di loro «Sai...» cominciai a dire «Non capisco il motivo per cui ti dia fastidio.»
Parve spalancare gli occhi «Fastidio...?»
«Sì. Fastidio.» insistetti.
Aron si lasciò sfuggire una delle sue classiche risatine sarcastiche «Ti piacerebbe...»
«Che?» questa volta fui io a ridermela.
Eravamo gli unici ancora fuori.
Lui «Devi stargli lontana.» tornò al discorso principale.
Rimasi ad osservare la sua figura. Lo guardai male, ma egli di certo non avrebbe potuto notarlo.
«Non p–..»
Fermai la mia stessa frase e decisi di cambiarla completamente.
«A te sono stata vicina.»
«E con questo? Che c'entra? Ma poi chi te l'ha chiesto?» ‹E figuriamoci se non rispondeva in questo modo.›
Io «Niente. Era solo per ricordartelo.» feci spallucce.
«Quindi? Con questo?» chiese.
«Come lo sono stata a te, anche quando mi era stato proibito, non vedo perchè non dovrei farlo con lui.»
Alzò le braccia al cielo «Oooh certo!» io non capiì «Mi ero scordato che fossi una bimba ribelle.» ‹Che ha detto?› «Quindi è per questo?»
«No!»
Aron insisté «E allora?! Per cosa?!»
«Perchè è un mio amico.» strinsi le mani a pugno.
‹Ne sei così sicura?› -mi mise la pulce nell'orecchio.-
‹Lasciami stare.›
«Un amico!»
Rise. Si mise a ridere.
«Ma sentitela!»
Continuò a schernirmi. Ma del resto, da lui che mi sarei potuta aspettare? Non aveva fatto altro. Fin dal principio.
Poi sembrò smettere di ridere,mi disse «Certo che sei stupida lo sai?» ‹Ma come si permette?!› prima che potessi rispondergli aggiunse «Pensi davvero che possa essere tuo amico?»
«E perchè no?!» gli chiesi con nervosismo.
Aron parve rimanere ad osservarmi prima di dirmi «Non ti capisco proprio.»
«Tśh!» commentai «E con ciò? Che vorresti dire, è?»
«Che sei un'inguaribile stupida.»
Alzai le braccia e poi le feci ricadere sui fianchi. Non potevo crederci!
«Sei venuto quì per insultarmi? Per deridermi?! O cos'altro!?»
«No.» rispose.
Io «E allo–..» mi interruppe «Smettila con questa tua bontà. Dovresti davvero smetterla.»
Lo guardai. ‹Con questo cosa vorrebbe intendere?› -mi chiesi con una forte irritazione addosso.-
Era l'unica cosa pura di me stessa che mi rimaneva e lui mi stava intimando di liberarmene.
Poi continuò ed io lo lasciai fare «È da stupidi pensare di poter trovare del buono in tutti.» ci osservammo «Perchè spesso in realtà non ce n'è.»
Come avrei potuto rispondergli? Ma forse capiì.
Mi spuntò un sorrisetto sghembo a fior di labbra, quasi impercettibile «Ah sì? E di chi è che staresti parlando, mh?» mi ci avvicinai «Stai parlando di te, o di lui?»
Gli occhi di Aron parvero brillare nel buio. Non riusciì a comprendere quel barlume, non ne fui proprio in grado.
Perchè ora rimaneva zitto? Non aveva più niente da dire all'improvviso?
Quel suo mutismo mi stava regalando una strana sensazione. Una sensazione che non riuscivo proprio a comprendere.
Era diventato strano. Così, d'improvviso.
«Pff...» spinse fuori dalle labbra.
Notai che voltò il capo in un'altra direzione.
‹Questo suo status silenzioso non è proprio da lui.›
«Non sei nessuno.»
Percepiì quel suo sguardo perforante di nuovo addosso.
Ero davvero stata io a parlare senza neanche rendermene conto? Ma da quel suo modo di guardarmi, sì, fu chiaramente così.
Lui «Come?»
«Non sei nessuno» rincarai «per dirmi quello che devo o non devo fare.»
Qualcosa cambiò.
Me lo sentiì, a pelle. E anche nell'aria. Sopratutto in quest'ultima.
Non seppi il perchè ma deglutiì in automatico.
Fece schiantare il palmo aperto contro la parete dietro di me.
Si era avvicinato, troppo. Avevo il suo respiro addosso. E forse anche la sua furia.
«Hai ragione.» disse con voce roca.