Le ore seguenti passarono piuttosto veloci.
Chiara «Taylor!»
Si diresse verso di me.
«Domani dovrei veder una mia vecchia conoscienza asì da farme dire de màs su quelle pastiglie blu.»
...FLASHBACK...
Sono seduta per terra.
Stringo le gambe piegate con entrambe le braccia, sospiro e poi poggio la fronte su di esse.
‹Lo hai fatto di nuovo.›
‹Non voglio.›
‹Ne hai bisogno.›
‹Non ne ho bisogno!›
Tiro su di scatto la testa.
Osservo attentamente il pavimento piastrellato color bianco sporco.
‹E adesso? Che gli dirai?› -continua a stressarmi.-
Le mie pupille si fermano su ciò che ho ridotto in semplice polvere blu.
...FINE FLASHBACK...
Mi riscossi.
-Ebbi una fitta- ‹Dannazione.›
Sarà stata più o meno una settimana che non le prendevo più.
«Hei...?»
Mi richiamò.
«Tú stai bene?» disse in seguito.
«Sì... E tu invece? Ti hanno fatto male?» indicai il suo stomaco riferendomi alla manganellata che si era presa qualche giorno prima.
Mi regalò un sorriso «Oh! Sì, non preocuparti.»
«Bene, meno male...» poi mi venne spontaneo chiederle «Perchè ve ne siete interessate in questo modo?»
«A que?»
«Le pastiglie.»
Non rispose subito «È que soy interessata al argomento. Ambra lo sabe, così quando mi ha parlado di questa cosa mi ha incuriosita y yo volevo vederce più chiaro.» poi aggiunse «Es esto lo unico motivo.»
«Sì. Ho capito.»
Rimanemmo ancora a far due chiacchiere e poi ci salutammo dicendo che ci saremmo viste l'indomani.
La giornata trascorse in fretta e la mattina del giorno dopo non tardò ad arrivare.
19:45
Enrico «Come mai 'sta faccia?»
Sobbalzai. Ero sovrappensiero, non l'avevo nemmeno notato arrivare.
«Che fine avevi fatto?» mi chiese.
‹Se solo ne avessi la minima idea...› -dissi nella mia testa.- «Ho avuto qualche "problemino".»
Enrico ridacchiò «Ho sentito della rissa. Le voci corrono sai?»
«Oh, lo so.» commentai.
Lui «Che ne diresti di accompagnarmi a fumare una sigaretta?»
«Perchè no.» acconsentiì.
Ci diressimo verso l'uscita.
«Dove state andando? Dovete aspettare almeno che siano le 20:00 per uscire.» ci mise al corrente una delle guardie.
Feci di tutto per non alzare gli occhi al cielo.
Arrivarono le 20:00.
Alcuni com'era solito venivano scortati dalle guardie e tenuti d'occhio in modo costante. Altri non volevano alzarsi e così venivano tirati su con la forza.
Ogni giorno ce n'era una diversa.
Come avevo fatto fino ad ora a non notare tutte queste persone?
Prima di uscire chiesi un favore ad Enrico «Ascolta mi presteresti della moneta?»
Lui si frugò nelle tasche «Tieni.» mi diede l'euro.
Io gli dissi «Tu intanto vai pure. Io ti raggiungo subito.» mi diressi poi verso le macchinette ‹Ho bisogno di qualcosa per tenermi in piedi.› -non erano state giornate semplici.-
Udiì dei rumori e in seguito delle voci.
«Devi essere punita! Ti è chiaro?!» disse una guardia a voce piuttosto alta.
Mi affacciai.
Quella era la ragazza che mi aveva difeso!
‹A detta sua così in teoria non sarebbe.›
‹Sì, sì, quel che è.›
Lei «Lasciami.» lo avvisò a denti stretti.
‹Devo fare qualcosa.›
Mi accucciai e andai a nascondermi dietro a delle sedie. Non che fossi innotabile, ma essendo impegnato con lei non mi avrebbe mai vista.
Mi guardai attorno, non c'era nulla da poter usare come diversivo.
Ci riflettei.
Il mio sguardo si posò in seguito su delle sedie impilate tra loro che si trovavano affianco alla parete davanti a me dall'altro lato della stanza. Sembravano essere piuttosto in bilico.
La guardia in questione la stava cercando di trascinare via.
‹Accidenti!›
Con un solo scatto mi lanciai verso di queste e le urtai, caddero come previsto, provocando un gran bel baccano.
Questo «Cos'è stato?!»
Si udirono i suoi passi riecheggiare, si stava avvicinando. Per fortuna avevo avuto la prontezza di allontanarmi velocemente tornando a nascondermi in seguito dov'ero prima.
Mentre la guardia era girata dall'altra parte mi feci notare dalla ragazza e con un gesto della mano le feci segno di seguirmi. Appena mi ebbe raggiunto la presi per il polso e iniziammo a correre!
«Hei! Dove sei andata?! Torna quì!»
Purtroppo anche lui fu abbastanza veloce e mentre noi stavamo scappando per il corridoio affacciandosi notò che non fosse da sola e che qualcuno l'aveva aiutata.
«Tornate quì! Subitooo!»
Non potevamo fermarci.
Nonostante la situazione mi scappò una risata, trovai la cosa piuttosto divertente.
Lei «Si può sapere cos'hai da ridere?!» mi chiese col fiatone.
Svoltammo un altro paio di volte.
Mi vennero in mente le doccie, così fu lì che decisi di dirigermi.
L'avevamo già seminato senza chissà quale fatica. Ripresimo fiato.
Strisciai lungo la parete finendo poi per sedermi a terra. Sentivo i polmoni andarmi a fuoco!
«Me la sarei cavata comunque, ma lo hai fottuto per bene.» commentò. ‹Dovrebbe essere un complimento?›
Voltai poi lo sguardo verso di lei.
Era mezza piegata, poi si tirò dritta e si stiracchiò. Fece un lungo sospiro per poi guardarmi anch'essa.
Non ce la feci. Mi misi a ridere di gusto.
Cominciò a dire «Che–..» ma non riuscì a restare seria a lungo nemmeno lei «E va bene. Te lo concedo.»
Non dissimo più nulla.
Lei «Io vado.» fermò il passo «Gra–..» «Non devi.» la interruppi.
«Mh?» mi lanciò un'occhiata diffidente «Usi i miei metodi adesso?»
«No.» feci spallucce «Non devi davvero.»
Non mi rispose.
Presi nuovamente parola «Sai...»
«Mh?»
«Assomigli proprio a una rosa.»
Le scappò una mezza risata «È un modo per dirmi che sono bella quanto questa, o perchè sono altrettanto pungente?» mi regalò un'espressione diverita.
Chiusi le palpebre per un attimo e compiaciuta le dissi in seguito «Intendo più la seconda.»
«Oh, bé.» sembrai attirare la sua attenzione.
«Sei così piena di spine che avvicinarti sembra impossibile.» continuai «E non è male come protezione sai.»
«Come protezione?» mi osservò con entrambe le sopracciglia inarcate.
«Sì.»
Lei «Stai cercando di usare la metodologia dei miei discorsi o qualcosa del genere?»
Ridacchiai «Qualcosa del genere.»
Non mi disse niente.
«Sofia.» si presentò. ‹Lo sapevo già.› -avevo sentito quando quella guardia aveva pronunciato il suo nome.-
Osservai la sua mano protesa davanti al mio viso. Gliela afferrai e nel mentre ne approfittai per tirarmi su in piedi.
«Taylor.»
Sorrisi compiaciuta.
La scostò poco dopo «Bene, allora ci vediamo in giro!»
Non feci quasi in tempo a risponderle.
Be', infondo era già tanto se si era presentata di sua spontanea volontà.
Rimasi solamente io.
Tornai in cortile.
‹Enrico mi starà sicuramente cercando. Poverino!› -era passata almeno mezz'ora da quando gli avevo detto che lo avrei raggiunto subito dopo.-
-Poi sopraggiunse la mia parte di coscienza femminista- ‹Ricorda: falli sempre aspettare!›
Dopo aver fatto una smorfia rassegnata scossi la testa.
Lo notai ad una decina di metri da me, stava parlando con un tizio.
«Oh, allora sei viva!» esclamò mentre si dirigeva verso di me.
Io gli dissi «Sì, scusa. Ho avuto un imprevisto.»
«Mh. Ho capito.» in seguito tirò fuori una sigaretta dal suo pacchetto «Vuoi?»
«Oh, no. Grazie. Non fumo.» la schifai.
Non avevo mai fumato e sicuramente non avrei cominciato adesso.
«Magari la signorina preferisce questa...» si avvicinò a noi un ragazzo ‹Ma sta bene?› -mi venne spontaneo domandarmi.- non sembrava avere una bella cera.
Mi mise la sigaretta davanti al naso.
Cominciai a tossire come una forsennata «M-ma che cavolo è?!»
Questo «Ma come cos'è! È una canna ovviamente!» ‹Come?› -come aveva fatto a portare della droga quì dentro?-
Enrico «Dacci un taglio!» gliela rancò di mano e questa finì a terra.
«We! Ma cheffai?!» si apprestò a raccoglierla.
Misi una mano davanti alla bocca.
Il ragazzo era ancora piegato su di sé. Probabimente ciò che notò l'attimo dopo furono un paio di scarpe nere invadere la sua visuale.
Alzò la testa, sbiancando.
La guardia si accucciò e dopo averla raccolta esclamò «E questa? Che cosa sarebbe?» la osservò meglio ‹È impossibile che non se ne sia accorto.› «Ditemi... a chi appartiene?»
Io «Emh–..» «Che succede?» ne arrivò un altro.
-Dopo che ebbe posato lo sguardo su di me pensai spontaneamente- ‹Dove l'avrò già vista 'sta faccia da stronzo?› -era difficile scordarsela.-
«Guarda quà.» gliela porse quello più anziano fra i due.
Gli diede un'occhiata veloce «Mmh... Bene bene.» ‹L' ha capito subito.› «A chi appartiene?»
Il ragazzo stette per dire qualcosa «M–..» «Forse a te!? Vero?!» prese poi Enrico per il colletto.
«No!» ebbi una reazione spontanea.
Il mio sguardo ricadde per un singolo attimo su quello del detenuto in questione. ‹Terrorizzato.› -fu il mio pensiero descrittivo.-
Mi morsi il labbro inferiore.
La guardia mi si avvicinò e con un ghigno chiese «Allora lo chiederemo alla signorina. Di chi è?» me la mise davanti al naso ed io lo arricciai.
Mentre dissi quel che dissi, 'sta volta non lo guardai «È sua.» lo indicai con l'indice.
«Oplà! È tua néh? Lucas?» gli si avvicinò.
Il presunto Lucas «T-ti prego... Non lo farò più. T-te lo-lo giuro! Lo giuro!»
Enrico mi avvicinò al suo fianco.
‹Che cos'ho fatto?!›
«Calmati.» mi sussurrò.
La guardia più giovane lanciò un'occhiata a quell'altro che però non la ricambiò.
Egli «Accendino.»
Enrico lo osservò.
«Accendino, ho detto.»
Alla fine glielo porse.
‹Che vuole fare?› -non riusciì a capire.-
Questo se la portò sino alle labbra e con il pollice diede vita alla fiammella.
Io «Macché...»
Fiagò, riaccendendola.
Poi puntò lo sguardo in quello del detenuto e gliela allungò «La rivuoi?»
«Ma–.. È vietato.»
«Oh! Giusto. Hai ragione!»
L'altro se n'era andato nel frattempo.
Non feci in tempo a tirare un sospiro di sollievo che lo buttò per terra!
Sobbalzai.
Mentre teneva la canna fra le labbra con entrambe le mani cercò di spalancargli la bocca.
«Aprila!» gridò.
Mi copriì gli occhi coi palmi delle mani.
«Apri 'sta cazzo di bocca!» continuò a gridare.
Il ragazzo ormai in lacrime, lo fece, non avendo una scelta alternativa.
Sbirciai tra le dita.
Gliela infilò in gola «Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!» e lo obbligò a masticare.
Non riusciì più a guardare.
Dagli angoli dei miei occhi cominciarono a sgorgare spontaneamente delle lacrime calde.
Ciò che si udiva in quell'istante per tutto il cortile erano soltanto le urla e le continue esclamazioni del detenuto che diceva: 'brucia'.
Christian Jay (POV'S)
Ci trovavamo nella saletta.
«Sì può sapere perchè avete chiamato anche me?»
Marco e Samuele non dissero niente, continuarono a fare solamente ciò che stavano già facendo prima che entrassi io.
Attesi ancora un paio di minuti.
‹Non ho più intenzione di star quì a perdere tempo.› -già mi ero stufato.-
Poi entrarono in quel preciso istante.
«Era ora.» commentai.
Erano Jo e Liamh.
Jo «Per quale motivo lui è quà si può sapere?!» esclamò altamente irritato.
Samuele gli si avvicinò «Perchè dovresti ben sapere anche tu che è lui il dirigente.» ‹Se fosse seriamente così molte cose andrebbero diversamente quì dentro.› -pensai con rammarico.-
«'Sta zitto. Sei solo il vice commissario.»
Lui gli gli rispose «Sarò anche di vari gradi più in basso dei vostri, ma ricorda che lui» mi indicò «è più in alto pure di voi.»
Marco «Okay! Adesso basta. Siamo quì per cose ben più serie, non per litigare.»
Sospirai spazientito «Commissario, che è successo?»
Marco chiamò Fedrick, uno fra i più anziani quà dentro «Potresti spiegare cos'è successo?»
Lui vuotò il sacco.
Strinsi il bordo del mobiletto dove si trovava la macchina per il caffè. ‹Devi calmarti.› -mi suggerì.-
«Gliel'hai fatta mangiare... accesa?» chiesi retoricamente.
Jo non rispose.
Mi diedi lo slancio per rimetterti dritto.
«Prenderò gli adeguati provvedimenti.»
Feci per uscire da quà.
Marco «Contiamo su di lei.» mi mise una mano sulla spalla.
Mi diressi fuori da quella stanza, mi stava iniziando a mancare l'aria. Mi fermai e appoggiai i palmi delle mani sul muro. Strinsi la mano in automatico e tirai un pugno contro di esso. Fu un gesto spontaneo. Non ne sentiì il dolore. Si era udito solamente un crack, se mi fossi rotto qualcosa in questo momento non ne avrei potuto avere idea.
‹Contano su di me.› -me lo ripetetti forte e chiaro.-
Senza che l'ordine fosse quasi stato ordinato dal mio cervello feci schiantare ancora una volta le mie nocche contro la parete.
«È fastidioso, vero? Scommetto di sì.» ‹Che cazzo vuole ora? E che ci fa quì?› «Durante gli anni ho cominciato a capirti, ma sopratutto, a conoscere il tuo senso di... giustizia.» sembrò pronunciare l'ultima parola con derisione.
«Dimmi cosa vuoi e vattene.» gli dissi a denti stretti, così stretti, che si sarebbero potuti rompere da un momento all'altro.
Steven mi si avvicinò di più «È difficile dover fingere davanti a tutti che in realtà ci stiamo comportando regolarmente vero?» e aggiunse «Quando poi, così, non è affatto.»
Il tempo del mio respiro aumentò ancor più di prima, rendendo il suo ritmo chiaramente udibile.
Steven «Ricorda una cosa. Se dovessero scoprirlo, sarebbe un problema.»
«Silenzio.»
«Perchè se così dovesse essere saremmo tutti finiti, tu compreso. Anzi...» mi passò dietro «Tu, soprattuto.»
Me ne partì un altro. Un altro, e poi, un altro ancora.
‹È una cosa troppo grande.›
‹Lo hai sempre saputo.› -poi aggiunse- ‹Ma non ti sei tirato indietro.›
‹Non ho avuto scelta!›
Misi le mani fra i capelli.
Chiara Silver (POV'S)
Era mattina, volevo sbrigare questa cosa il più in fretta possibile.
Giulio mi avvisò «Muoviti niña.» ‹Siempre con esto nomignolo.› -commentai.-
Questa vecchia guardia mi chiamava sempre così. Non usava né numeri, né il mio nome. Solo un tenero soprannome. Ed io, sorridevo ogni volta senza farmi notare.
«Me chiamerai así ancora para quanto?»
«Fino a che non crescerai, ovviamente.» mi prendeva sempre in giro per l'altezza!
Ridacchiai.
Quando spostai la sedia stridette e provocò un rumore alquanto fastidioso. Mi ci sedetti quasi a peso morto, provocando altrettanto frastuono.
Si notava che non ero per niente felice di essere quì?
Una guardia «Oh, allora!»
L'avevo voluto fare sia per un'amica, sia per la mia stramaledetta curiosità che non mancava mai. Solo per questo.
«Hei, hermana.»
Non alzai subito lo sguardo, ma se volevo liberarmene in fretta avrei dovuto smettere di perdere tempo «¿Estudias todavía medicina verdad?» chiesi se la studiasse ancora.
«Sì.»
«Bueno.»
Frugai nelle tasche. Gli porsi il biglietto.
«¿Lo conoces? El nombre.» gli domandai.
Lo lesse «Retsulc.A...?»
«Sì.»
«No, nunca.» rispose «¿Esto tuve que buscar?» chiese se fosse quello per essere sicuro.
«Sì, esto.»
Gli avevo già accennato che avrebbe dovuto farci delle ricerche, ma a quanto pare non aveva raggiunto ancora alcun risultato.
Io «¿Puedes hacerlo?»
«Puedo probar.»
Mio fratello osservò il nome scritto nel biglietto.
«El color es azul, ¿no?» più che azzurro, era blu, ma non glielo dissi.
«Sì.»
Lui «No es común. Es extraño, muy extraño.»
Non gli dissi nulla.
Sapevo già di mio che non era un qualcosa di comune oltre ad essere alquanto strano come aveva detto.
Ma se addirittura lui non l'aveva mai sentita nominare probabilmente non era più in commercio. Se così fosse stato, la situazione sarebbe stata più grave di quel che avevo previsto.
‹Esperamos lo mejor.› -e avrei dovuto davvero sperare per il meglio.-
«Hágamelo saber para carta.» mi alzai dalla sedia dopo aver detto ciò.
Preferivo che me lo avesse fatto sapere in seguito via lettera, così da non doverlo rincontrare.
Mark «Chiara.»
«Che vuoi?»
Lui mi ricordò «Sabes que no hablo bien italiano...»
«No me interéssa se non parli biéne l'italiano!» gli risposi mischiando ancor di più le due lingue tra loro.
Sospirò.
‹E ora mollame.› -pensai indispettita.-
«¿Cómo va aquí? ¿Estás bien?»
Mi misi a ridere. Voleva davvero sapere come me la stavo cavando quà dentro?
Lo guardai dall'alto in basso.
Io «Mi prendi per il culo?»
...FLASHBACK..
Lo rincorro.
«¡¿A dónde quieres ir?!» gli grido a dietro.
Mio fratello non risponde, continua a dirigersi verso l'auto.
Lo richiamo «Mark!»
«Dime.»
«No puedes ir con ellos, ¡son mafiosos!» cerco di convincerlo a non dare aiuto a quelle persone pericolose.
Mark mi fa segno di abbassar la voce.
Mi si avvicina e mi mette entrambe le mani sulle spalle. ‹Esto sguardo no mi piace.› -penso.-
«Es solo un trabajo...»
«¡No me mientas!»
«Es la última vez. Te lo aseguro.» ‹'È solo un lavoro','sarà l'ultima volta'.› - diceva sempre così, ma così poi non era mai.-
Perchè non riesce a comprendere che è finito in un brutto giro?
Lui «Quédate aquí, ¿de acuerdo?» mi sta davvero chiedendo di restare quì? «Esta vez hablo en serio. Escucha.» ‹Sabe benisimo anche lui que alla fine no lo ascolterò y che lo seguirò.›
Stacca la presa dalle mie spalle e si allontana.
‹¡No tienes que seguirlo!›
‹Fatti gli affari tuoi!›
Gli vado dietro.
...FINE FLASHBACK...
Quasi mi venne da ridere.
Non lo vedevo da tre anni. Adesso gli importava? Be', era tardi.
Mark si alzò in piedi «Quiero saber cómo estás.»
Lo spintonai.
«Dopo avermi lasciata en la mierda–..» fermai le mie stesse parole, non ne valeva né la pena e né lo sforzo. ‹Tanto non avrebe capito.› -aggiunsi.-
Lo lasciai lì. Senza parole, senza poter ribattere e soprattutto senza che mi potesse fermare.
‹Proprio como ha fatto él quel día con me.›
Avevo proprio bisogno di distrarmi.
Notai una capigliatura color azzurro. Mi diressi verso di lei e in seguito mi appoggiai alla parete lì affianco,non dovevamo farci notare.
«Chiara.»
«Hai il solito?» le chiesi.
Lei «Sì. Vieni.»
Dopo esserci dirette nei bagni lo tira fuori.
Maria «È cioccolato, black, dulceațâ!» aprì l'involucro e la avvicinò al mio naso «Annusa.»
Ne inalai il profumo «No è quello dell'altra volta. Sembra davvero bueno dall'odore, sabes?»
Lo tirò fuori e dopo averle dato i soldi me lo diede.
Tirò fuori una sigaretta «Questa te la offro io.»
Io «Oh, va bene.»
Iniziò a prepararla. In un attimo fu pronta. La accese, fece un tiro, poi un altro ed in fine me la passò.
Maria prese parola «Quindi che ti succede?» la guardai, non capendo «Sai, ormai mi considero una tua amica oltre che il tuo rifornitore.»
«Mhmh...» scenerai.
Rimase in attesa.
«Mah, nada. No preoccuparti.»
Fu la sua volta di mugugnare «Mmmh...»
Non ci dissimo più granché.