«Qualcosa non va?» chiese nuovamente.
Fissai prontamente i miei occhi in quelli di Carlos.
Taylor sventolò le mani davanti a sé «Sì! Non preoccuparti, è tutto a posto.»
Quasi non udiì quel che disse, troppo impegnato a non distogliere lo sguardo dal suo. Il primo che lo avrebbe distolto avrebbe perso. Funzionava così.
Era una legge naturale quà dentro.
Abbassarlo sarebbe stato come perdere. Ed io non perdevo mai.
«Taylor!»
Dopo aver udito quella voce, Carlos smise di guardare me, per guardare Chiara.
Decisi di andarmene da lì e di fare ritorno dentro.
Taylor Vega (POV'S)
Erano quasi le 22:00.
Eravamo tutti dentro, lo spazio non era granché.
Io ero chiusa in un angolo. Mi stavo agitando, era inutile continuare a dirmi di dover rimanere calma, perchè non stava funzionando.
Decisi di uscire a prendere aria non potendone più di restar lì.
Appena apriì la pesante porta notai che stesse piovendo. Faceva piuttosto freddo 'sta sera. Mi strinsi nelle spalle, non avevo pensato di mettermi addosso una felpa più pesante.
Sentiì tossire qualcuno proprio di fianco a me.
«Ma chi diavolo sei?!»
«Solo Maick.» disse venendo in seguito verso la luce «Non volevo spaventarti.»
Tirai un grosso sospiro di sollievo.
‹Stai diventando troppo ansiosa.› -mi disse.-
Io «È che non ti avevo notato quà al buio.»
«Colpa mia.»
Controbattei «Bé, avrei dovuto notare comunque un lumino sospeso per aria.» mi riferiì a ciò che teneva in mano.
Maick buttò fuori il fumo «Può darsi. Ma io sono una persona silenziosa, quindi...»
Cambiai discorso «Come mai sei quì?» ‹Mah! Sta solo fumando...› -capiì tardi che la mia fu una domanda sciocca.-
Per l'appunto, Maick, alzò la sigaretta e mi rispose «Sto fumando.»
Osservai meglio quel che teneva in mano e puzzava più del normale «Ma è una canna! Sai cosa succede se ti beccano!?» esclamai.
Rise con leggerezza «Non preoccuparti. È erba medica. Quá dentro lo sanno, la uso come calmante. Ormai non mi dicono niente.»
Dopo che mi spiegò potei tirare un sospiro di sollievo «Ho capito.»
Rimasi a fargli compagnia. Così decisi di accucciarmi contro la parete.
La porta si spalancò, fecero capolino due ragazze.
Prima che si richiudesse sentiì dire da una guardia «Avete cinque minuti!»
In effetti fra non molto avrebbero spento le luci.
«Tu come stai?»
«Mh?» dissi distrattamente per poi girare la testa verso di lui.
Maick chiarì «Insomma, sei quà fuori, rannicchiata per il freddo contro il muro, e non stai neanche fumando.» in seguito aggiunse «Ti offrirei una sigaretta ma io non ne fumo.»
«Oh.» esclamai «Non preoccuparti.» nascosti le dita ancora tremolanti.
Lui « Mmh...»
Io «Che c'è?»
«Come stai?» mi rifece la domanda.
Anche se non colsi il motivo del suo volermelo ridomandare gli risposi distogliendo lo sguardo «È tutto okay...» poi gli chiesi a mia volta «E tu? Come stai?»
«Male.» rispose tranquillamente con un'alzata di spalle.
«Perchè?» chiesi con dispiacere.
«Non c'è un motivo, è così e basta.»
Si fece un paio di tiri di seguito.
Continuò a parlare «Non lo dico per far sì che qualcuno si preoccupi per me, solo che non riesco a mentire.» mi guardò «Come fai tu, del resto...»
Rimasi sbigottita «Come?» non capiì a cosa si stesse riferendo.
I suoi occhi neri si inchiodano nei miei «Vedi, non puoi dirmi di star bene. Sei uscita per prendere aria perchè dentro forse ti sentivi soffocare?» ‹Ma come–..› «Soffrire d'ansia sociale non fa sentire bene.»
Molti ti guardavano ma pochi riuscivano a vederti. E lui era uno fra questi.
Lui «Scusami, delle volte divento piuttosto invadente col mio analizzare gli altri. Non volevo metterti in imbarazzo.»
Sventolai una mano davanti al viso «Oh, no, no. Figurati.»
Non era la classica persona che si lasciava sfuggire i dettagli. No. Lui li afferrava e li analizzava.
Era di poche parole. Non ne sprecava. C'erano ben poche persona che erano in grado di farlo.
Maick riprese a parlare «Sai... Ci sono alcune persone che con un solo sguardo capiscono e poi ce ne sono altre che invece non lo capiscono neanche se sei tu stesso a dirglielo. Esiste anche una terza categoria di queste, ovvero quelle a cui non gli interessa come stai davvero ma te lo chiedono perché così si fa. Quando inizi una conversazione è la prima cosa che domandi, ma mai nessuno vuole sentire la vera risposta, oppure, non gli importa davvero.»
Fu la conversazione più lunga che gli avevo sentito fare fin'ora.
«E tu come fai a dirlo?» gli chiesi soltanto.
«Mi piace categorizzare le persone.» mi rispose mentre guardava altrove.
Giocai con le dita, mi persi un attimo nei miei pensieri e poi dissi la mia «Sì, hai ragione. Ma perchè dire la veritá a chi te lo chiede?» dopo che ebbi catturato la sua attenzione continui a parlare «Se una persona te lo chiede, ed è una tra le poche che gli potrebbe importare sul serio, se tu gli rispondessi in negativo si preoccuperebbe. O no?»
«È normale.»
«E perchè dovrei fare preoccupare quel qualcuno?»
Guardò davanti a sé, fiagò, poi disse «Ti fai troppi problemi per gli altri.»
Appoggiai il mento sulle ginocchia «Può darsi...»
«Però c'è da dire che tu non abbia tutti i torti...»
Tirai su il mento.
Questa volta Maick mi guardò dritto negli occhi «Però una persona che vuole fingere di star bene finge al meglio, anche davanti a due occhi quando glielo si chiede.» mi guardò attentamente «E tu, non l'hai fatto.» ed aggiunse in fine «Ed è egoistico. Perchè le persone, se non sono stupide, se ne accorgono.»
‹Io... sarei... un'egoista?›
Non avevo mai preso in considerazione tutto questo.
Era vero che non nascondevo di stare male delle volte, ma forse... volevo solo che qualcuno se ne accorgesse da sé.
Maick «Non volevo che te la prendessi sul personale–..» lo interruppi «No, tranquillo, hai ragione tu. È la realtà.»
Nessuno disse più niente.
Fra non molto saremmo dovuti rientrare.
Mi sorse una domanda in testa «E tu perché dici di stare male senza saperlo?»
Mi guardò in modo attento «Non ho un motivo, ormai è una "abitudine", se così si può dire. Un po' come la tua. Vero?»
Cercai di scrutare ciò che racchiudevano i suoi occhi.
«Sì.»
Terminammo il discorso.
Spalanco gli occhi.
‹No!›
Li richiudo. Li riapro.
‹No no no no!›
Li chiudo ancora, li strizzo. Ma, riaprendoli, non cambia niente.
«No!» grido.
Mi dimeno. Le cinghie sono ben strette, liberarsene così è impossibile.
I miei occhi continuano a vagare per questa stanza dalle pareti logore.
«Perchè non riesco a svegliarmi?! Voglio svegliarmi cazzo!»
All'improvviso si odono dei passi.
Mi blocco, 'sto zitta. Tendo le orecchie. Faccio silenzio per capire se ho sentito male oppure no.
Non si ode più nulla. Era solo l'immaginazione.
‹Grazie al cie–..› -non finisco di formulare il pensiero.-
Noto delle dita fasciate da un guanto in lattice spuntare dall'entrata, fanno capolino, lentamente.
«No...» comincio a frignare.
Vedo solo la mano. Si è fermata. Rimane lì, sullo stipite.
«Weeeiiilaaaà?» dice.
Picchietta le dita sullo stipite della porta. Quel ticchettio, mette ansia.
«Ti va»
Si allunga sempre di più...
‹No!› -inizio ad agitarmi sul lettino.-
«se»
Ora comincio ad intravedere il suo polso.
‹Devo andarmene! Devo svegliarmi!› -un suono animalesco mi raschia le corde vocali.-
«ci divertiamo»
Poi, intravedo il braccio.
‹Sta entrando.› -penso con fervore.-
«insieme?»
È entrato.
Sto tremando. Cerco di tirarmi su ma sono ancorata a questo stramaledetto letto!
Odo i suoi passi, si fa sempre più vicino.
Distolgo lo sguardo, una luce fortissima mi acceca!
«Allora...» comincia a dire «Che si fa oggi? Vediamo vediamo vediamo.» lo sento frugare in giro.
Continuo a non vedere niente.
Lo sento. Lo sento che si sta avvicinando...
Continuo a tirare strattoni, quasi mi si spezzano i polsi dalla forza che ci sto mettendo. Sto continuando a prendere delle zuccate ma mi importa ben poco.
All'improvviso la sua testa ricopre la luce.
«Aaaaaaah!» grido.
Il suo viso non riesco ancora a vederlo in modo nitido.
Lui «Bene, e adesso?» mi mette davanti al naso uno strano arnese «Che si fa?»
Comincio ad avere degli spasmi, il mio tremore mi scuote ogni nervo ed ogni centimetro del corpo.
Lui parla ancora «Ti avevo avvertita di starmi lontana oppure no?»
Mi sforzo di guardarlo in viso.
«Aron?!» mi tirai su di scatto.
Ormai era mattina, saranno state le 10:00. Decisi di alzarmi e di chiamare una guardia.
Avevo due occhiaie sotto agli occhi che avrebbero potuto battere tranquillamente quelle di Valak. Questo fu ciò che pensai dopo essermi guardata allo specchio, facevo davvero paura oggi.
Non avevo dormito più dopo quel sogno.
Oltre a ciò, avevo pure il nervosismo a mille. Non dormire portava anche a questo.
Sapevo già che oggi non avrei sopportato niente e nessuno.
Un ragazzo mi venne addosso.
Lui «Scu–..» «E che cazzo!»
Avevo già detto che la mia solita soglia di sopportazione era altamente bassa oggi?
Christian Jay (POV'S)
Stavo facendo scortare quì il detenuto 6 0 9.
Bussarono, li feci entrare. La prima cosa che notai fu il suo sguardo furioso.
Lo lasciarono da solo con me.
Nicolas «Allora Christian? Scommetto che non mi hai fatto venire quì per dirmi personalmente che mi farai uscire da quel buco di cella oggi stesso.» cominciò a parlare.
«Sta' zitto.» lo ammoniì.
Feci il giro della cattedra con un sorrisetto quasi perfido ben stampato all'angolo delle mie labbra.
Mi sedetti, lui rimase in piedi.
Misi due dita sotto al mento dopo essermi appoggiato col gomito sulla scrivania. E lo osservai.
«Be'?!»
«Lo sai che» cominciai a dire «quelle manette ti donano proprio?»
Nicolas mi osservò in modo alquanto sospetto «Cos'è, è? Mi hai invitato quì per potermi infastidire in santa pace?»
«Praticamente.»
Lui «Tśh!»
Si mise poi a camminare in giro per la stanza.
«Si può sapere cosa vuoi oppure–..» «Sappiamo che i detenuti evasi da Boston sono due.» lo interruppi, cominciando a parlare «Uno sei tu, mentre l'altro...»
Nicolas in tutta risposta fece un verso «Ancora con questa storia?!»
Mi alzai dalla sedia per poi mettermi davanti alla sua figura «Oggi potrai uscire ad abbronzarti.»
«Oh! Grazie!»
Sembrò tirare un sospiro di sollievo, ma decisi di strapparglielo via subito.
«E d'ora in poi verrai tenuto d'occhio h24.»
Scattò con il viso verso il mio.
Nicolas «Come hai detto?»
Aron Jhones (POV'S)
«Hey tu, guardia da strapazzo.» dissi rivolgendomi a James.
Lui non mi degnò di uno sguardo.
«Non ci senti?»
Mi lanciò un'occhiata di sbieco «Se vuoi essere calcolato da me parla con rispetto.» ‹Ma chi pensa di essere?!› -mi chiesi con parecchia irritazione.-
«Devi portarmi da Christian.»
Non mi degnò di una risposta neanche questa volta.
‹Adesso basta.›
Lo afferai per la manica, tempo due secondi mi ritrovai inginocchiato ai suoi piedi in una posizione scomodissima! Mi voleva rompere il braccio per caso?!
Lo guardai dal basso verso l'alto. La sua espressione tranquilla mi diede ancor di più sui nervi se possibile.
Cercai di dimenarmi ma fu inutile, mi teneva ancora saldamente in quella posizione.
Che cosa aveva praticato in accamedia? Sessioni di krav maga? Gare di arti marziali miste?
Come mi ero potuto far mettere sotto da un tipo del genere?
«Lasciami!»
‹Io questo lo ammazzo!›
James mi disse «Guarda che più ti muovi e più ti fai male...»
«Lasciami che così ti faccio fuori!»
‹Smettila di attirare l'attenzione su di te!› -mi riprese. Come se già non ce l'avessi addosso!-
Smisi di muovermi come un'anguilla. James aspettò qualche secondo e poi mi mollò, finalmente!
Gli puntai un dito contro «Tu...!»
«Ora potresti chiedermelo con più gentilezza?»
‹Gentilezza?! È già tanto che non mi metto a tirare giù la parete usando la tua testa! Pezzo di stronzo...›
«Portami da Christian e basta.»
Mi girai con ogni nervo che si agitava dentro al mio corpo.
Christian Jay (POV'S)
*toc toc*
Io «Avanti.»
Dopo aver udito bussare James fece capolino nella stanza.
Nicolas sghignazzò «Scommetto che è proprio da lui che mi farai perseguitare.»
Non gli diedi retta.
«Il detenuto 6 0 6 è venuto da me, vuole parlarti.»
Nicolas commentò «Ma tu pensa! Chissà di chi, mi chiedo...» ‹Non gli dare retta non gli retta non gli dare retta...› -contrassi la mandibola.-
Poi parlai a James «Va bene, portalo pure quì.»
Attesi la sua entrata.
James «Ed eccoci quà.»
Gli venne rifilata un'occhiataccia da parte del nostro simpatico detenuto.
Io e James ci guardammo in modo complice, ci saremmo rivisti più tardi. Lo salutai e rimasi da solo con Aron.
Chiuse la porta.
Lui «Che razza di problemi ha quello stronzo?!» sbraitò inferocito.
Non capiì «Cioè?»
«Prima ero temuto ed ora?!» sembrò parlare da solo «Assurdo! Ma che ca–..» «Sei venuto quì per sfogarti?»
Aron posò gli occhi sulla mia figura «No.»
Io «E allora che–..» mi interruppe «Il punto è che Nicolas è ancora quà ed io non ce la faccio più a non prenderlo a pugni.»
Lo guardai in modo incredulo ‹Vuole scherzare?› «Non ce la fai più?!» iniziai ad agitarmi «Sono io che non ce la faccio più! Tutte le sacrosante volte devo correre a vedere che non vi stiate ammazzando o che tu non ti stia mettendo nei guai!»
Aron si mise una mano sul petto «Hai idea–..» «No!» lo interruppi «Sei tu che non hai idea dello stress recatomi!»
«Come?! Bé ma sono io che mi devo sorbire la sua faccia di merda ogni giorno!»
«Come io mi devo subire il suo comportamento!»
Avevamo entrambi il fiatone.
Aron si mise a sedere.
‹Lo sapevo...› -pensai.- «Ero certo che mi dovessi dire qualcosa di serio.» mi sedetti di fronte a lui «Non sei il tipo da volere farsi portare quì solo per lamentarsi.»
«Già.» tagliò secco.
Nicolas Kepler (POV'S)
Finalmente mi avevano fatto uscire!
Dopo aver mangiato mi ero avviato direttamente in cortile avendo bisogno di godermi dell'aria fresca.
‹Ti stanno osservando.› -mi fece presente, ma già lo sapevo. Mi ero stato annunciato chiaramente.-
Era James e ne ero più che certo.
Dovevo solamente cercare di comportarmi in modo normale. Non avrei dovuto destare alcun sospetto.
Christian Jay (POV'S)
«Se sai di lui devi dirmelo.»
Di che cosa stava parlando?
Prima che potessi chiedere spiegazioni disse «Claus.» ‹Ma–..› «È evaso anche lui?»
Mi lasciò di stucco.
Aron si protese verso di me «E vedi di non mentirmi...»
«No.»
‹Mi ha chiesto di non mentirgli...›
Lui «No?»
‹E tu l'hai appena fatto.›
«'No', che cosa, Christian?»
Strinsi in modo impercettibile la stoffa dei pantaloni «No. Insomma, non devi preoccuparti.»
Non disse nulla, si alzò dalla sedia ed usciì dalla stanza.
Non gli avevo mentito.
Alla fine, non era stato ancora provato niente. Non avevamo ancora ricevuto alcuna chiamata. Né alcun avvertimento. Né qualche segnale.
Però... Nicolas era quì. Lui ce l'aveva fatta ed era impossibile che avesse fatto tutto da solo.
Se Aron avesse solamente sospettato delle mie idee sarebbe potuto succedere il finimondo, lo conoscevo. Con tutta sincerità non ne avevo minimamente la voglia.
Avevamo appena smesso di farci la guerra, non mi andava di doverne cominciarne un'altra.
Nicolas Kepler (POV'S)
«Uff...» sbuffai sonoramente.
Mi accesi una sigaretta.
Notai più in là una figura ombrosa e familiare. Si trattava di Carlos, il mio compagno di cella.
Stava parlando con una ragazza.
«Non puoi continuare a comportarti come se mi odiassi...» le disse.
-Dopo aver spostato lo sguardo su di lei pensai- ‹Chi è quella nanetta bionda con un culo da paura?›
Lei «Si può sapere cosa vuoi?»
Me ne andai, dovevo smettere di farmi gli affari loro visto che avevo già i miei a cui pensare.
21:48
Mi trovavo già nel letto.
«Vedi di muoverti!»
Udiì la porta della cella venire aperta. Voltai il capo verso di questa, perchè Steven lo aveva accompagnato? Dopo che lo spintonò in malo modo la richiuse prontamente.
Osservai Carlos. Una cosa mi saltò all'occhio, le sue mani.
Rimase in silenzio mentre era girato di schiena ed io non volli cercare di aprire una conversazione come mio solito.
«Com'è che ti chiami?» mi chiese senza girarsi ‹Ora vuole fare amicizia all'improvviso?› «Nicolas, giusto?»
«Sì.»
«Bene.»
Mi tirai su a sedere.
Carlos «Ti dirò una cosa.»
«Co–..» m'interruppe «La prossima volta che le guardi il culo non ci sarà più nessuno che potrà pronunciare il tuo nome.» ‹Ma che cazzo...?›
Gli dissi anziché rispondergli «Scommetto che sei pieno di amici.»
Il mio compagno di cella si girò verso la mia figura «Non sto scherzando...» aggiunse poi «Nicolas.» scandì il mio nome. ‹Wow, è proprio un simpaticone...›
«Perlomeno mi hai parlato. È un buon punto.» continuai a non rispondere ai suoi avvertimenti.
Carlos «Vedi di non irritarmi che non è giornata.»
«Sì, pieno di amici...» commentai, ma lui mi sentì.
Sbuffò sonoramente «Ma dovevo finire con un Dylan come compagno di cella?!» ‹Cos–..› sembrò parlare da solo.
La conversazione si chiuse lì.
Mi rimisi nella posizione di prima e poi udiì dei passi.
«6 0 9.» venni chiamato ‹Steven?› «Vieni un attimo con me.» ‹Che vuole?›
Gli avrei risposto che non avevo voglia, nonostante non mi sarei potuto sottrarre, se solo non mi avvesse sentito chi condivideva la stanza con me.
Lo seguiì.
«Ti stanno seguendo.» disse.
«Lo so...»
Steven mi si avvicinò «Domani dovrebbe venire a trovarti, probabilmente la mattina presto, quindi fatti trovare sveglio. E se non domani allora sarà dopodomani.»
«Okay.» risposi soltanto.
Steven «Vedi di fare attenzione.»
Sbuffai «Sì.»
«Dico sul serio. Se dovessero–..» «Lo so.» quasi ebbi l'impulso di alzare gli occhi al cielo.
«Perfetto.»
Mi riportò in dietro.