«Daaaiiiii, guadda cosa so farre!»
Si mise il bicchierino sulla testa e cercò di tenerlo in equilibrio.
«Nno! I-io ti bbatto.» dissi «Guaaada quì, guarrda!»
Tomás quasi si mise le mani fra i capelli, gli avevamo già rotto tre bicchieri.
Avevamo bevuto parecchio. Tipo tre bottiglie di rum. Eravamo marci come spugne, ubriachi ed idioti, e stavamo ridendo molto. Tutti stavano ridendo nel guardarci. Sarà stato proprio un bello spettacolo a vederlo da fuori, stavamo attirando così tanto l'attenzione facendo i pagliacci che quasi non stavano più prestando attenzione neanche alla band che stava suonando.
Nicolas «Guadami guadami!» si mise in ginocchio sullo sgabello rischiando di ammazzarsi «Orra shno il più grosho dei due!»
Risi, risi così tanto da farmi sputare dappertutto quello che stavo bevendo.
‹Il controllo, èh?› -mi rimbeccò.-
«Brutti coglioni cosa state combinando si può sapere?!» una bionda tutta pepe entrò a far parte della mia visuale «Vi ho chiamato ma non rispondevate ed ora ho capito perchè!»
Nicolas aprì le braccia come se volesse darle un mega abbraccio dalla sua posizione precaria.
«Carooool, cia–.. Aiah aiah aiah aiah!» si lamentò.
Mentre lo teneva per l'orecchio gli ringhiò addosso «Ora-andiamo-a-casa.»
Sbuffai come un cavallo «Ooooh! Che guasta–.. Aiah aiah aiah aiah!»
Fu imbarazzante. Ci stava trascinando fuori dal locale da cui ero sempre stato rispettato per le orecchie, come si faceva coi bambini pestiferi.
Carol si mise a braccia conserte «Voi due siete incredibili! Non vi si può lasciare soli un attimo che combinate qualcosa. O combinate casini, o discutete, o vi ritrovate così!» ‹Sembra una mamma arrabbiata.› -sghignazzai.- «Che cosa c'è?! Lo trovi divertente?!»
«Sssì.» allungai di molto la s.
Nicolas mi tirò qualche gomitata complice «Non è carrina quado fa cossì?»
Fece per afferrarlo ma lui sguizzò giù e nel farlo finì col sedere per terra senza riuscire a rialzarsi.
«Adesso basta!» sbraitò lei «Ce ne andiamo a casa!»
Chiamò un taxi.
La mattina mi fu assai difficile aprire gli occhi e mettermi a sedere senza volare per terra da quanto la testa mi stava dando dei capogiri.
Quando vidi l'orario sul mio rolex, le 09:57, mi ributtai a peso morto sul cuscino. Mugugnai qualcosa e sbuffai, sapevo che mi sarei dovuto teoricamente alzare.
Qualcuno iniziò a bussare con veemenza alla mia porta. ‹Se è Nicolas lo ammazzo...› -misi il cuscino a coprirmi la testa.-
«Aron!» mi chiamò «Alza il culo!»
‹Questa ragazza è un incubo.› -pensai frustrato.-
L'avevamo conosciuta solo quattro mesi prima, e a pensarci adesso, la cosa fu esilarante.
...FLASHBACK...
«Non sappiamo più che pesci pigliare Aron!» continua a dire Nicolas.
Stiamo camminando. La pioggia mi annebbia la vista, ci troviamo in una strada qualche isolato fuori da Torreòn.
Parla ancora «Che cosa possia–..» «Sh!» metto una mano fra me e lui.
Mi guarda interdetto «Mi hai appena fatto 'sh'?!»
«Stai zitto. Ci stanno seguendo, non li senti i passi?» gli faccio presente.
Nicolas si ferma, non sento più i suoi passi dietro ai miei «Ma cosa stai dice–.. Okay.» dice «Ho sentito qualcosa.»
«Cammina.» gli intimo.
Quando svoltiamo l'angolo mi accosto dietro al muro e gli faccio fare lo stesso.
Lui «Hey, potevi dirmelo anziché farmici sbattere contro la schiena accidenti a te!»
Rimaniamo in attesa della sua comparsa. Passano due minuti e nessuno arriva.
‹Sarà stata solo un'impressione?›
Ci guardiamo e poi gli faccio un cenno. Quando mi affaccio, noto una persona a terra.
«Aron!» mi ferma « Che vuoi fare?»
Lo guardo «Non vedi che è a terra?»
«E se fosse una trappola?»
-Sbuffo- ‹È sempre il solito fifone.›
‹Sei tu che sei sempre il solito "mi butto e vedo come va".›
Ci avviciniamo con attenzione. Non si muove. Così, il mio compare si accuccia e gli scosta il cappuccio.
«Una ragazza?» esclama.
In un attimo, ha una pistola puntata in fronte.
«Io da oggi lavorerò con voi.»
‹Cosa?› «Cosa?» dico io.
Guardo Nicolas, lui guarda me. Scoppiamo a ridere all'improvviso.
Questa dice «Smettetela!»
Mi abbasso alla loro altezza ancora con le risa' ad accompagnarmi.
«Perdonaci, bionda. Non siamo proprio i classici gentiluomini che aiutano la prima donzella in difficoltà che passa per strada.» le faccio presente.
Nicolas si tira su in piedi.
«Fermo!» lo segue con l'arma «Stai fermo!»
E lui le dice «Scusami, non riesco a prenderti sul serio se rimani lì così.»
In quattro e quattrotto si rimette in piedi. Ci guarda, arresa, e mette via la pistola giocattolo.
«Come l'avete capito?» ci chiede.
Sospiro «C'è una gran bella differenza fra una pistola vera ed una finta.» le spiego «Ma ci hai provato.»
Nicolas «Bene.» mi mette una mano sulla spalla -Ed io penso- ‹Levati.› -ma lui non coglie, o forse sì, ma fa finta.- «Allora ci si vede! È stato un piacere.»
Ci voltiamo.
«Voi avete bisogno di me!»
Mi rigiro verso la sua figura ora ansimante per lo sforzo di quel tono usato. Tiene i pugni stretti lungo i fianchi, la bocca semiaperta, ed il suo sguardo... È fermo, sicuro di sé. Un tipo di sguardo che non ammetteva repliche. Solo per questo, decido di starla a sentire.
«E per quale motivo dovresti esserci utile?»
Lei, ghigna.
«Due parole.» segna con le dita «'Claus'. 'Jhones'.»
...FINE FLASHBACK...
Quella notte non chiesi spiegazioni, mi voltai e basta, dicendole di seguirci. E la mia scelta fu una scelta giusta.
«Jhones, alza il culo!»
Dato che non aveva la minima intenzione di smetterla mi dovetti alzare ed usai tutta la volontà che in quel momento non avevo. Quando spalancai la porta la vidi con una gamba a mezz'aria.
«Sei pazza?!»
«Oh.» la rimise giù «Quindi sei sveglio.»
Mi pasticciai la faccia. ‹Sì, è un dannato incubo.› -confermai.-
Annunciò «Ho alcune informazioni importanti che vi devo comunicare.»
Carol era bella quanto irritante ed era anche molto brava a carpire informazioni senza lasciare tracce dietro di sé. Astuta ed intrigante, erano gli aggettivi che più le si addicevano, e li sapeva usare bene.
Mi sveglia in un attimo.
«Nicolas si trova già di là.»
Misi giusto una maglia addosso e li raggiunsi.
Carol si fece sentire «Nicolaaaas!»
‹Ma perchè con questi due mi sembra sempre di trovarmi all'asilo?›
Varcai la soglia del salotto, dove cavolo erano?
Si udirono dei rumori di pentole in cucina.
Mi diressi a passo svelto proprio in quella stanza «Se state giocando con le padelle io vi–..» ma mi fermai. ‹Ma dannazione!›
Quando feci capolino nella nostra spaziosa cucina vidi che la pentola stava andando a fuoco.
«Che cazzo state combinado?!»
Li raggiunsi svelto e buttai il tutto dentro al lavandino dopo aver aperto l'acqua.
Esasperato, esclamai «Si può sapere cosa-diamine-è-successo?!»
«È che–..» Nicolas fu interrotto «Lui si ostina a voler cucinare!»
Gli riservai uno sguardo torvo «Ti ho già detto di non provarci più! Perchè è così che va a finire!»
«Ma volevo fare i pancakes!» si giustificò.
Carol «Be', non provarci più!»
Dopo altri cinque minuti di battibecchi, ed una colazione che poi preparò Carol perchè secondo Nicolas: 'le cose si affrontano a pancia piena', fummo finalmente seduti sul divano in salotto.
«Okay, ho una cosa che dovreste vedere.»
La nostra ragazza ci distribuì dei fogli.
«Che cosa dovrebbe essere?» chiese l'altro mentre se lo stava rigirando fra le mani.
«Dati.»
Carol confermò «Esatto Aron.»
Nicolas «Dati?» ‹Ma come faccio a lavorare con un cretino del genere?› -mi chiesi con l'esasperazione nelle vene.-
«Qualcuno ci sta rubando i lavori e mettendo i bastoni fra le ruote.»
«Qualcuno di astuto.» guardai il foglio con attenzione «Qualcuno che non lascia tracce.»
«In pratica un fantasma?» chiese l'altro.
Gli diedi una pacca sulla spalla «Allora non sei davvero così idiota, bravo!»
Mi tirò una brutta occhiata «Come dici brutto str–..» «Ragazzi.» ci ammonì Carol, ricominciando poi a parlare «Non esistono informazioni su di lui. Né questo, né alcun aggancio, né contatti, né i luoghi, né i movimenti.»
Misi un dito sotto al mento e cercai di capire «Non fa errori.»
«No.»
«E come lo hai scoperto?»
«Non l'ho scoperto io.» puntò il dito su Nicolas «Ma lui.»
-Girai la testa di scatto sulla sua figura- ‹Ma come...?› Prima che potessi dire qualcosa mi precedette «Sono molto bravo a tenere i conti e visto che sono io ad occuparmene me ne sono accorto, nonostante il suo lavoro pulito.»
Mi balenò una "certa idea" in testa «Vuoi dire che ci sta fottendo i nostri soldi?!»
Carol «Sì.» ‹No.› «Proprio così.»
«Stiamo scherzando?!» mi alzai in piedi con uno scatto.
Nicolas mise una mano a tenersi la fronte «Se non abbiamo i soldi siamo privi di protezione. Se non abbiamo protezione non possiamo muoverci. Se non possiamo muoverci siamo fuori.» disse «Se dovesse accadere...»
«Saremmo fottuti.» digrignai i denti.
«Morti.» Carol non indorò la pillola «Ecco, semplicemente morti.»
«Chi cazzo potrebbe volerci far fuori così?!» esclamò Nicolas che già stava girando per la stanza come una trottola.
«Qualcuno che ce l'ha con noi.» fu Carol a parlare.
Ci fermammo tutti, come in un freeze.
«Claus.» dissimo all'unisono.
Buttai i fogli atterra e li calpestai.
‹Cosa si prova ad avere il proprio incubo che torna dagli inferi?›
-Digrignai i denti- ‹Taci. Maledetta.›
Ma la voce aveva ragione, perchè lui, lo era. Lo era sempre stato. Come il tipico mostro che si nascondeva sotto al tuo letto per ricomparire giusto quando pensavi che tutto fosse passato. Era vero. Era un incubo. Ma non il mio. Perchè il mio vero incubo, ero io stesso, e nessun'altro.
Aveva ragione, ma al coltempo sbagliava.
Carol «Un solo contatto appare.» ruppe il silenzio «Ed è di un certo–..» «"Li ossur"...?»
«Ho già sentito quel nome, da' quà.» quando gli strappai i fogli dalle mani si lamentò ma me ne fregai altamente «Tempo fa ho sentito parlare di un idiota che scriveva al contrario il suo nome.»
«'Il russo'.» constatò Carol.
Non serviì neanche che parlassi, bastarono gli sguardi.
Nicolas «Ti farò avere un incontro.»
«No.» lo fermai «Non sarai tu a farlo.»
«Come scusami?» ‹E figurati se non si metteva a ribattere!›
«Sarà Carol a occuparsene questa volta.»
Nicolas inarcò un sopracciglio «Sono io che organizzo i possibili incontri! È il mio cazzo di lavoro, sono bravo a farlo e tu mi stai dice–..» «Nicolas, calmati.» gli intimò lei, poi, guardò proprio me «Perchè vuoi dare l'incarico a me?»
‹La risposta non le piacerà.› -e ne fui certo.- «Perchè sei una donna.»
Mi guardò male «E con questo?»
«Sei brava ad usare il tuo fascino e sai farti rispettare, con ciò scommetto che accetterebbe di buon grado.»
Incronciò le braccia al petto «Stai cercando di allisciarmi?»
«Non servirebbe.» le dissi «Perchè è una cosa che farai, che tu voglia o non.» e sapeva che non avrei ammesso repliche.
Le fuoriuscì dalle labbra un verso frustrato «Perfetto! Amo essere usata.»
Più tardi, dopo aver fatto mandare alcuni a fare le ronde in giro per controllare la situazione mi ritrovai al solito posto.
«Ciao Tomás.» lo salutai e lui ricambiò col sorriso.
Mi andai a sedere su uno dei tavoli e rimasi in attesa.
Fernando, uno dei miei capodecina, si sedette davanti a me ‹Due minuti e cinquantasei di ritardo.› -sì, avevo tenuto il conto.- «Salve signore.» salutò «Non pensavo che scendesse in campo.»
«Non mi piace starmene seduto su una sedia.»
«Sì, lo so.»
«Qualcosa di nuovo?»
Mise alcuni plichi davanti ai miei occhi «Le zone sono ancora coperte, ma c'è qualcuno che sta cercando di spodestarla nella parte est.»
Sbuffai «Saranno ancora quegli stolti del gruppo dei Faller.»
Ad un tratto, mi domandò «Posso dirle una cosa da parte mia?»
«Certo.»
Incrociò le mani fra di loro «È pericoloso per la sua posizione farsi vedere così in giro.»
«Non me ne sono mai preoccupato troppo.» risposi. ‹E quà sbagli.› -mi disse la ragione- ‹E lo sai.›
Fernando mi lanciò uno sguardo preoccupato «Siamo in una situazione precaria.»
Mi aveva stancato. Stava parlando troppo.
«Trova quegli idioti, tanto sappiamo dove si nascondono.» dissi mentre mi ero già rimesso in piedi «E quando lo avrai fatto, chiama Rodoh, e sbarazzatevene.»
Feci qualtro altro giro e poi me ne tornai a casa verso le 20:00 di sera.
Premetti il pulsantino e dopo aver constatato chi fossi fecero scorrere la porta automatica.
Questo palazzo era munito della miglior sicurezza della zona.
Quando si aprirono le porte dell'ascensore pigiai in seguito il tasto dell'ultimo piano, il 50°. Avevamo un attico con vista sulla città.
Ne avevamo fatta molta di strada nonostante fossimo "nuovi". Ma certe fame te le portavi appresso ovunque ed anche se avessi voluto non avrei potuto smettere e non non l'avevo neanche mai preso in considerazione a dirla tutta.
Mi buttai sul divano.
‹Ora ho tutto. Soldi, una bella casa, un "lavoro".› -dissi nella mente- ‹Ma manca qualcosa.›
‹Perchè lasci fuori le persone ed i sentimenti che potrebbero darti.›
E non seppi se fu davvero la mia coscienza o se fu la voce fastidiosa che mi parlò.
Se eri sempre vissuto in un modo, non potevi smettere di farlo. Sarebbe stato come dover abbandonare il proprio modo di essere.
La porta venne aperta.
Nicolas annunciò «Io stasera voglio la pizza.» ‹Ma pensa sempre al cibo questo quà?› -lo guardai con una smorfia.- «Cosa c'è? Scusa se sono stato abituato ad anni di cibo orribile e ora ho sviluppato un certo amore verso tutto quello che è commestibile!»
Distolsi lo sguardo dalla sua figura fastidiosamente irritante.
«E poi è sempre meglio affrontare i problemi a pancia piena al posto di farlo a pancia vuota, così non si può seguire la pancia nelle scelte di cui si ha fame.» ma faceva sul serio?
Lo guardai stralunato «Cos'è una tua specie di motto?!»
«Sì.» -Mi schiaffai una mano in faccia- ‹Non ci credo. Fatelo stare zitto. Vi prego.›
Tornai con lo sguardo sullo schermo spento sperando che ignorarlo sarebbe servito a farlo sparire.
Nicolas riprese a parlare «Passando a cose più serie» ‹E meno male!› «la nostra ragazza è riuscita a farti avere un incontro.»
Scattai con lo sguardo sulle loro figure.
Lui disse «Domani, alle 20:00. Dovrai spostarti a Durango, nella città di Nazas.» mi mise sotto al naso l'esatta indicazione «Quì.»
«Non c'è di che.» commentò Carol.
«Perfetto.»
«Ah, e, Aron.» Carol si voltò per un attimo verso di me prima di sparire «Nicolas verrà con te.»
Esclamai «Come?!»
«Lui sa esattamente come arrivarci.»
Ovviamente, dovette dire la sua «Neanche a me piace l'idea di dover affrontare un viaggio solo noi due. Tranquillo.»
Con la mia solita frustrazione addosso, mi alzai ed andai ad ordinare le pizze.