Ambra «Andiamo no?»
Mi venne un dubbio.
«E come facciamo?»
Chiara «No è así difficile.» sventolò una mano davanti al viso. ‹La fa troppo facile.› -commentai nella mia testa.-
Ambra aggiunse «Le poche guardie presenti non possono tenerci d'occhio tutti.»
«Esattoo!» nello stendere il braccio facendo poi l'okay col pollice la sua mano mi arrivò proprio davanti alla faccia.
Io dissi «O-okay, se lo dite voi...»
Chiara si volle togliere un dubbio «Ma por qué non la hai portata con tigo?»
«Se l'avessi messa in tasca si sarebbe sciolta...»
«Uff, dai, dobbiamo fare in fretta.» commentò Ambra in uno sbuffo.
Ci guardammo in giro e facendo finta di niente ci incamminammo. Colsimo subito l'occasione appena la guardia si voltò! Chiara ci fece segno con la mano di muoverci. Ambra era la più lontana, una guardia la stava osservando! Avevano notato qualcosa? Così, Chiara, le fece segno verso di egli. Lei dopo essersi stampata un sorriso sul volto si avvicinò alla guardia carceraria.
‹Che ha intenzione di fare?› -mi chiesi senza capire.-
Probabilmente Chiara notò la mia espressione, disse «Está usando il vero fascino di una mujer. Su mente.»
La osservai mentre gli disse qualcosa e dopo avergli fatto un sorriso continuò a camminare come se niente fosse fino a giungere a noi, probabilmente se non avesse fatto così ci avrebbero scoperto.
Fummo dentro.
Giunsimo davanti la mia cella praticamente senza alcun problema.
Io «E ora?»
Senza avere bisogno di una risposta la ragazza con la pelle ambrata si tirò su le treccie con una mano e con l'altra si mise a trafficare fra i capelli tirando fuori delle forcine fatte in ferro.
Dopo aver chiesto all'altra di controllare il corridoio adiacente iniziò a trafficare con la serratura, solo che ebbe qualche problema ad aprirla. Ci provò per più volte. Come già mi disse poteva succedere che questo metodo non funzionasse.
Se le mise in tasca e ne tirò fuori altre due sempre tramite la sua chioma. Quante ne aveva in testa? Ci riprovò e per fortuna ci riuscì! Dopo averla aperta si diedero il cambio, lei aspettò fuori.
Mi avvicinai al letto e infilai la mano dentro la fodera del cuscino. Dopo averla tirata fuori praticamente integra, gliela porsi.
Chiara «Mmmmmh...»
Se la rigirò fra le mani.
«Da quanto sei laureata in medicina?» mi sorse questa domanda in modo spontaneo.
Chiara mi osservò, stava per mettersi a ridere? «Oh, ma yo no soy laureata in medicina.»
«Ma–..» ‹Ma come?›
Lei «Tengo 18 años, non ho neanche fatto in tiempo a entrare all'università.»
«E allora come–..» non mi fece terminare «Pero ne so quanto la gente che si è già laureata. Mi è siempre interessato lo estudio médico, ma anche la chimica!» ora potevo capire.
Sorrisi «Quindi avresti voluto laurearti esattamente in...?»
«Farmacologia.» -riusciì solo a pensare- ‹Wow.› «Più specificatamiente nel branco farmacocinetico e farmacodinamico.» ‹Oddio...› -sì, esatto, non ci stavo capendo molto.-
«Interessante.» mi limitai a commentare.
Si rigirò fra le mani più e più volte quella pastiglia «Di cierto no è comune.»
«No?»
«Assolutamente no.»
Così le chiesi «Ed è una cosa buona? O è una cosa cattiva?»
«Vedi, potrebbe anche esere "normale" dar delle medicine a los reclusos. Ma no se il carcere o el carcerato non è munido di un medico de base.» mi spiegò.
Continuò ad ispezionarla. Non ebbe neanche bisogno di sbriciolarla dato che si era scheggiata da una parte, così, prima di passare il dito sulla superficie di essa lo bagnò e solo dopo averlo fatto se lo mise in bocca. Si passò la lingua sulle labbra e poi sputacchiò in giro. Ma cosa combinava?
«Da quanto la prendi?»
«Non lo so, da sempre credo.»
La avvicinò ancora di più al viso, sembrò che stesse usando una lente d'ingrandimento anziché il suo solo occhio.
«Cúante volte te la danno?»
«Non c'è un giorno specifico.»
Mi lanciò uno sguardo.
«Ya non va bene.» ‹Ma che vuol dire?› -pensai.-
Le chiesi «Perchè?»
«Porqué alcune medicine no possono esere date cuando gli gira a ellos, porqué potrebbero causare un grave daños.» non ebbe finito «Y éste non la ho mai vista y me preocupa.»
Non sapevo cosa pensare.
Chiara mi disse poi «Sai per caso come se llama?»
«Non lo ricordo.»
Me la rimise in mano.
«Appena avrai informacioni vieni da me.»
Acconsentiì.
Non tornammo tutte insieme, io rimasi indietro.
Mi trovavo ancora dentro la stanza.
Volendo mettermi la felpa addosso iniziai ad aprire i cassetti e a cercarla.
Tirai verso di me, aprendolo, non ci trovai la felpa.
-Era una vecchia foto- ‹Non ricordavo fosse quì e neanche di averla.›
La tenni per il bordo, fra il pollice e l'indice sinistro. Rappresentava me e mia madre. Sorridenti, gioiose, felici. Era una giornata di Primavera, quel giorno avremmo dovuto piantare i fiori che ci avevano spedito, avevamo un bel giardino e lei amava la floricultura. A ripensare al nostro ultimo incontro mi sentiì male. Era probabilmente l'unico effetto personale che avevo.
Usciì da lì.
‹Non ci devo pensare!›
‹Lo sai che non è possibile?›
‹Ohssì che lo è!›
‹Ci stai già pensando. Lo sai?›
‹Ora la pianto.›
‹Forse se ci pensi potresti darti delle risposte. Ti farebbe stare meglio. Non credi?›
‹E che risposte dovrei darmi?!›
‹Magari potrebbe essere un metodo conveniente.
‹No, non devo. Fine.›
‹Allora perchè stai piangendo per la malinconia?›
‹Io non sto–..› -mi toccai la superficie della guancia con le dita.-
Era bagnata da lacrime calde.
Andai contro a qualcuno!
«Scusa.» dissi subito senza neanche far caso a chi potesse essere.
Mi fermò per la spalla.
«Novellina!» ‹Ma proprio lei mi dovevo beccare?!› -mi voltai notando che si trovasse assieme ad una ragazza.- «Non mi sembravano scuse sincere.» così cercai di sorpassarla, ma mi fermò di nuovo «Hey! Ti sto parlando.»
La ragazza dai capelli argentati da cui era affiancata le disse «Rose, ha chiesto excusa.»
Lei «Umber, ci vediamo dopo.»
«Rose–..» «Ti ho detto che ci vediamo dopo.» non le permise di aggiungere mezza parola.
Rimase ferma, ma poi se ne andò ‹Be', grazie mille!› -dissi nella mia testa.- così decisi di insistere «Ti ho già chiesto scusa.»
«Sai, non mi sei sembrata davvero risentita.»
«Smettila.» le dissi con voce che sapeva di pianto, ‹Accidenti a me!› mi trovai con le spalle al muro.
Rose fece un sorriso divertito «Hai paura–..» «No–..» «O ti manca la mamma?!» come aveva appena detto?
La guardai male e le risposi in modo rude «No.»
«Uuuuh!»
«Asc–..» mi interruppe «Cos'è questo sguardo da cane rabbioso? Ho fatto centro per caso?»
Non la guardai in faccia, decisi solo di avanzare.
«Dove credi di andare?!»
Appena fui di fianco a lei mi ancorò per il braccio, me lo strinse. Senza che facessi neanche in tempo a dire mezza parola mi ritrovai contro la parete. Di nuovo. Solo che questa volta lei mi era davanti alla faccia e non avevo via di fuga. Entrambe le sue mani erano appoggiate di fianco alla mia testa.
Ero in trappola.
«Che intenzioni hai adesso?»
Lei «Mmh.» mi regalò un mezzo sorriso più che divertito «Pretendo le tue scuse.»
«Ma te l–..» «Nel modo che dico io.»
Mi sentiì ancora più bloccata «Cosa intendi dire?»
«Voglio che ti inginocchi e che mi chieda scusa.» ‹Ma cosa sta dicendo?!› si allontanò e si mise a braccia conserte, aspettando.
Mi scostai dal muro.
Rose «Allora?»
Misi le mani sulle gambe e con un inchino alla cinese le dissi «Scusa se ti ho urtata.» -dopo essermi rimessa diritta la guardai negli occhi.- ‹Non mi inchinerò mai a te.› feci ancora una volta per andarmene e le voltai le spalle.
Ad un certo punto mi sentiì strattonare per i capelli.
...FLASHBACK...
Il dolore è insopportabile!
Continuo a gridare «Lasciami!»
Mi trovo ancora in ginocchio.
Il tizio con il camicie bianco non mi ascolta.
Perchè mi deve prendere per la cute?
Invece che ascoltare le mie urla continua a guardarmi senza alcun risentimento.
Mi sussurra «So che questo è il tuo punto debole, non trovo altro modo per farti fare quello che voglio e per fare in modo che tu stia ferma.»
...FINE FLASHBACK...
‹Perchè ho questi ricordi?!›
Percepiì uno spostamento d'aria e prima che potessi alzare completamente la testa mi arrivò un calcio nello stomaco che mi fece piegare in due!
Fui a terra.
‹Perchè deve fare così male?› -il dolore non stava passando.-
Mi ritrovai un paio di scarpe proprio davanti al naso. A fatica feci forza con le braccia, ritrovandomi a quattro zampe.
«Devo dire che questa posizione ti dona.»
Più passi continuavano a riecheggiare nella struttura, ma nessuno di questi si fermava.
Alzai la testa e mi ritrovai a guardarla dal basso verso l'alto.
Rose «Dai, ora devi solo dire: 'scusami'.»
‹Vaffanculo.›
Poi lo ridissi a bassa voce, strinsi i denti.
Ridacchiò «Come hai detto?»
Strinsi i pugni.
‹Vaffanculo.› -pensai più forte.-
Tornai con gli occhi dentro ai suoi.
«Vaffanculo!»
Si abbassò alla mia altezza, il suo risolio era scomparso.
Mi chiese in modo rude «Come hai detto?» ‹Vuole davvero che glielo ripeta?› -mi chiesi divertita.-
Mentre mi tenevo lo stomaco con una mano usai un piede come punto d'appoggio.
Io «Non ho la mimina intenzione di prostrarmi a te, quindi puoi andare a fare in culo.»
Ormai mi ero quasi rimessa diritta.
Scattò verso di me!
«R-rose... A–..» non riuscivo a parlare!
Il suo sguardo era mutato completamente.
Puntai i piedi ma non riusciì a toccare il pavimento.
Potei notare le vene gonfie della sua mano.
Non riuscivo a deglutire, tanto meno a spiccicare parola. La mia schiena era premuta contro il muro. La testa mi doleva, probabilmente, per la botta appena presa.
Non mi stava ammazzando, ma ogni secondo che passava riuscivo ad inalare sempre meno ossigeno e non avere punti d'appoggio mi stava provocando un dolore atroce a tutte le articolazioni. Sembrava come se tutto il mio corpo fosse diventato un macigno attaccato alla mia testa.
La vista iniziò ad offuscarsi.
‹Non riesco a parlare, non riesco a fare niente...› -riuscivo solo a pensare.-
Potevo udire sempre più persone addentrarsi nel corridoio.
‹Perchè-nessuno-muove-un-dito?!›
Rose «Tu–..»
Serrai le palpebre.
‹Dopo ciò che ho fatto, è davvero così che morirò? Avrei preferito osservare il cielo mentre chiudevo gli occhi anziché uno stupido soffitto. Certo che il karma è crudele.›
«Che cazzo stai facendo?!»
Le loro parole mi arrivarono lontane.
Mi sentiì cadere.
Rose Valentine (POV'S)
Non facevo altro che fare avanti e in dietro.
‹Che cosa hai fatto?!› -continuava a rimbombarmi in testa.-
Mi trovavo in cortile, non avevo fatto altro che fumarmi una sigaretta dietro l'altra.
Jampier «Sei impazita all'improvviso?!» ‹Cosa vuole questo adesso?›
Gli rifilai uno sguardo di fuoco, doveva lasciarmi stare! «Vattene.»
Il tizio coi capelli rasati non si mosse di un millimetro «Ora sei nei guai.»
Se ne andò via lasciandomi da sola.
‹Perchè ho perso così tanto il controllo?!›
‹Perchè la rabbia è una brutta bestia.›
Taylor Vega (POV'S)
Avevo appena riaperto gli occhi.
«Stai bene?» probabilmente era la frase che mi stava ripetendo da due minuti buoni senza aver avuto la ben che minima risposta.
Deglutiì.
«Devo portarti a fare vedere.»
«No!» scattai.
Il ragazzo dalla pelle color del cioccolato mi diede uno sguardo che non capiì «Come no?»
«No.» mi misi seduta meglio «Davvero.» ‹Dovresti!› -ma anche lei ci si metteva?-
Sospirò pesantemente «Come vuoi... Anche se dovresti...»
Aspettò giusto il tempo che mi rimettessi in piedi e poi s'incamminò verso la sua meta.
‹Non gli hai neanche detto grazie!›
-Me ne resi conto poco dopo- ‹Oh no, che maleducata!›
A passo svelto mi inoltrai nel corridoio adiacente.
Ma dov'erano finiti tutti? Non c'era più nessuno.
«Si signore!»
Appena udiì una voce che man mano veniva verso di me mi nascosi dientro l'angolo del muro.
‹Vattene!›
‹Sì, forse sarebbe meglio che me ne...-›
«È? Oh, certo. È rinchiuso.» i pensieri mi si bloccarono ‹Ma che fai?› -mi chiese. Non potevo andarmene.- «No, no. Non si deve preoccupare. Non lo sa, se lo sapesse si precipiterebbe.» non capivo di chi stesse parlando «No che non abbiamo esagerato!» mi affacciai giusto per osservare meglio il suo viso e potetti notare solo che stesse facendo un mezzo ghigno, per quanto potessi vedere qualcosa da questa angolazione ‹Bastardo.› -non seppi perchè ma m'invase una certa rabbia.- «Certo, starà lì per quanto desidera.» lo disse in un modo che non mi piacque «Ah–.. Oh, sì.» ‹Sì, cosa?› «Allora andrò a vedere come sta.»
Mentre lo disse si iniziò ad allontanare!
Le gambe avevano già cominciato a camminare senza che glielo avessi chiesto.
‹Dove cavolo vuoi andare?!›
Ero perfettamente consapevole che se mi avesse vista mi avrebbero massacrato.
Non fece altro che svoltare di quà e di là! La meta per arrivare fino a quella cella probabilmente era situata ben più lontano dalle altre, dove lo avevano messo? Stavo rischiando tantissimo non essendoci posti per nascondersi.
«-..naah, tutti i detenuti sono già nelle loro celle.» ‹Questo è quello che credi tu coglione.›
Si fermò ed io feci un balzo in dietro.
«Okay, a più tardi.»
Eravamo arrivati?
Infilò un qualcosa nella serratura, era diversa da tutte le altre. Era una porta fatta in metallo senza alcuna sbarra laterale ed era munita solo di uno sportello. Qualche secondo dopo iniziò a scorrere e lui entrò dentro.
Era questo l'isolamento, quindi.
‹Devi pensare a dove nasconderti!› -mi riscosse.-
In punta di piedi mi avvicinai.
«Ciao stronzo.»
Me la filai dall'altra parte passando velocemente davanti alla porta.
«Come stai?» rise. ‹Ha pure il coraggio di prenderlo in giro?› -queste persone facevano schifo.-
Sentiì che lo salutò di nuovo, diamine, stava per uscire di già?!
Mi guardai freneticamente in giro e scorsi che la cella lì affianco fosse aperta. Mi ci infilai dentro!
Mi affacciai e vidi che lui se ne stava andando, peccato che oltre a ciò udiì il cigolio della porta. Prima che si richiudesse mi fiondai verso di essa e dopo esserci passata a pelo fui dentro!
Cercai di far riprendere il mio povero cuore che batteva all'impazzata.
Lo avvistai, girato di schiena.
«Cosa cazzo vuoi ancora Jo?»
Sobbalzai!
Pensava che fossi qualcun'altro? ‹Beh, vedi un po' tu.› -mi riprese.-
Non risposi, troppo impegnata ad osservare questa stanza nulla.
Aron «Allo–..»
-Appena posai lo sguardo su di egli ebbi un colpo al cuore- ‹Come-lo-hanno-conciato?!›
Mi stava guardando, o così pareva.
Era pieno di lividi ed aveva anche qualche graffio sparso per il volto. Gli avevano spaccato probabilmente il labbro e si intravedeva ancora del sangue secco all'angolo della bocca. Aveva anche un taglio diagonale e profondo che gli partiva dal sopracciglio sinistro e arrivava fin sotto l'occhio. Per l'appunto quello non lo teneva aperto. Comunque, per il resto, non era senz'altro messo meglio. La prima cosa che mi era saltata all'occhio era stato proprio il suo viso.
‹Non posso crederci.› -a confronto, l'altra volta, non era stato nulla di che.-
Aron «Tu-cosa-ci-fai-quì.»
Aveva ragione, cosa facevo quì io?