La pioggia è smisurata, mi dissero, ma io piuttosto direi, la pioggia è piuttosto morta, tutte quelle goccioline il cui odore costantemente mi macchia i capelli mi fanno sapere di cadavere.
Cammino attraverso una strada deserta, soltanto un'alquanto deplorevole luce di qualche lampione arrugginito mi fa vedere ciò che ho davanti: nulla.
Non appena i miei passi echeggiano attraverso quel marciapiede vecchio e bagnato, tutto a un tratto scorgo un pacchettino, ne scarto la fetida fasciatura e svelo qualcosa di minuscolo, magari una di quelle cose che i vivi usano per annotarsi la vita, semmai ne hanno una, anche se rimango perplesso, il contenuto è misterioso, ma da quel che riesco a capire è la storia di un dio e di una dea, che nel voler imitare la perfezione della natura crearono qualcosa di ancora più perfetto, l'unione dell'essenza di lui e lo sprizzo vitale di lei combinati e intrecciati l'un l'altro con il loro respiro originò un essere il quale ben presto si fece senziente e iniziò subito a mormorare la lingua dell'universo, una lingua che poteva essere compresa da ogni essere vivente, dal momento che esso era al di sopra di tutto, persino al di sopra del dio e della dea.
Una storia alquanto interessante oserei dire, ma vi è un grave errore: quest'essere non è perfetto, egli deve ancora conoscere il tutto del vuoto e dello spazio.
Richiudo la quanto meno pallida pergamena e mi dirigo verso il quanto meno corroso palazzo, le fessure sono minuscole e sembrano osservarmi, riesco a sentire la presenza stessa del tempio.
Mi addentro all'interno, nulla a parte il vuoto circonda la mia mente, è tutto alquanto cupo, ma anche alquanto entusiasmante, si può perfino percepire la vuotezza portata dal tempo.
Nel mentre che vedo le illustrazioni, noto che mi sono famigliari, riconosco l'enorme massa corporea dipinta al centro della stanza, probabilmente utilizzata per qualche specie di rituale o raduno, e al centro vi è un oggetto alquanto singolare, sulla superficie vi sono incise le stesse lettere che ho visto su quel pezzo di carta, forse erano le stesse parole, per lo meno riconosco alcuni simboli, ma ora non devo distrarmi, così svelo il quanto meno decrepito affare e finalmente, posso prendere ciò che stavo cercando: qualcosa.
Nel mentre che sento una corrente molto forte avvolgermi odo anche un tuono venirmi addosso, il bagliore è insuperabile, il rombo delicato, pareva che mi stesse cullando, il mio corpo si rende meno teso.
Mi acciglio, si crea un ronzio tutto attorno, è doloroso per il mio udito preciso, ma poi scompare, strano.
Mi dirigo immediatamente verso l'uscita di questo quanto meno deprimente posto, sono sopravvissuto a qualunque cosa fosse, posso proclamare di essere l'essere originario, perfezione e conoscenza scorrono in me, il mio cuore non pulsa, il mio cuore è l'impulso stesso dell'universo.
Posso riunirmi al creatore originario, no, posso diventare il perfetto autore il cui eterno credo resterà, al di sotto dell'onere, al di sopra della polvere della terra, nel mezzo del vuoto.