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Chapter 7 - VII° io proteggo te e tu proteggi me

Percorsimo qualche metro.

Mi misi a ridere, non riusciì a fermarmi.

Mi guadagnai un'occhiata stranita «Che ti prende?»

«È che sei buffo quando pensi di difendermi.»

Lui mi tirò una certa occhiata «E questo che vorrebbe dire?»

«Niente di che.» feci spallucce.

Pensavo che la conversazione si fosse chiusa, invece non fu così «È inutile che ti trattino ogni volta in questo modo... Come se tu fossi il criminale più pericoloso del mondo!» ‹Mi prende per il culo?› -mi chiesi.-

Risi di gusto «Pff, come se tu non tendessi a fare lo stesso.»

Fermai il passo e non sentendomi più camminare si voltò.

Dissi «Adesso non serve che mi regali la tua pietà.»

Ripresi il cammino, lasciandolo in dietro.

Quando fummo arrivati lui bussò. Appena la porta fu aperta entrammo. Sapevo già cosa mi aspettava, era così ogni volta. Mi presero con la forza e mi misero seduto. A loro non poteva importare che avessi o non avessi le manette, facevano sempre così.

Che senso aveva tenersi delle guardie del corpo quì? Come se fosse già facile varcare la soglia della porta precedente e attraversare il lungo corridoio senza essere beccati.

«Toccatemi ancora e vedrete!» li minacciai e loro in tutta risposta si misero a ridere.

Decisi di lasciar perdere, sapevo perfettamente cosa mi fosse 'spettato altrimenti.

...FLASHBACK...

Subisco un'altra botta.

«Allora?!»

Continuo a non rispondergli.

«Ci penso io spostati.»

«Prego, fa' pure.»

Sono ben legato a questa stupida sedia e 'sta sottospecie di bavaglio mi da un gran fastidio, ora capisco cosa provano i cavalli quando gli viene messa la briglia.

Cosa ci faccio in questa vecchia parte della struttura? Non sembra neanche far parte di una prigione.

Non mi piace.› -penso.-

Mi si avvicina con la pastiglia in mano, quella "per il mal di testa".

«Perchè non prendi quello che ti diamo?!»

Non rispondo, continuo solo a guardarlo in cagnesco.

«Decidi di fare così?» dice.

Mi tira giù il bavaglio, cerco di sgranchirmi la bandibola ma non faccio in tempo. Mi prende per il mento e mi fa aprire la bocca con la forza! Tento di divincolarmi ma non mi molla. Me la infila in gola. Sto per vomitare ciò che non ho mangiato, lo sento. Ho potuto sentire le sue mani schifose toccarmi l'ugola.

«Visto? L'hai presa.» sorride divertito.

Inizio a tossire come un dannato!

Figlio di puttana.› -lo guardo con odio.-

«Assicurati che l'abbia davvero buttata giù.»

«Ma gliel'ho ficcata in gola!»

«Assicuratene!»

«Che palle...»

Per fortuna sono riuscito a non buttarla giù e a tenerla in bocca quanto bastava per farla sciogliere, ma già lo immaginavo che avrebbe detto di controllare, ed io questo ho sperato. Appena mi arriva abbastanza vicino gli sputo tutto addosso!

«Che schifo mi è finito negli occhi!» si lamenta.

Mi metto a ridere!

«È quello che ti meriti...» dico con astio.

Arriva l'altro che mi prende per i capelli e mi tira indietro la testa.

«Queste sono le medicine che ti vuole rifilare il tuo paparino, quindi non prendertela con noi.» quel che dice mi rimbomba in testa.

Prima di lasciare la presa tira su il ginocchio e mi colpisce dritto sul naso!

«Andiamo, lo verremo a prendere più tardi.»

Vanno via.

Mi lasciano così, non permettono neanche che io mi pulisca.

Mi iniziare a girare la testa... La scuoto, devo riprendermi, non posso svenire. Continuo ad osservare i miei pantaloni ormai macchiati di rosso.

Serro gli occhi, non voglio guardare. Sento una rabbia cieca farsi spazio in me, sto tremando a causa di essa.

In che cazzo di carcere sono andato a finire?›

...FINE FLASHBACK...

Scossi la testa.

Devo smetterla con queste immagini.›

Certe cose non le puoi dimenticare.›

Se gli avessi detto qualcosa sicuramente sarebbe capitato il solito menù.

Litigio.

Incazzatura.

Il coso che dava la scossa elettrica.

Le botte.

Sangue che colava.

Urla.

Nervi che saltavano.

Un tranquillante.

Dormire.

Risvegliarsi in isolamento.

Solamente per questo lasciai stare, non mi andava proprio.

Volevo cercare di impazzire il meno possibile.

Oh, ma tu lo sei già.›

Egli «Ragazzi.»

Calò un silenzio tombale nella stanza.

Quanto non mi sei mancato gran figlio di puttana.›

Avevo gli occhi puntati nei suoi, nessuno dei due osò abbassare lo sguardo. Pensava di mettermi sotto? Non ci sarebbe riuscito, né ora né mai. I suoi occhi color grigio tempesta mi scrutarono. La sua postura ed il suo sguardo non erano cambiati di una virgola. L'unica cosa che era cambiata era data dagli anni che aveva accumulato. Non lo vedevo da molto tempo e avrei preferito che fosse così per tutto il resto della mia vita.

«Sapete perchè siete quì?»

«Che domanda...» non riusciì a non commentare.

Continuò a parlare senza farci caso «Come altre volte vi siete messi le mani addosso–..» «È solo per questo che ci hai chiamati entrambi?» Christian lo interruppe. ‹A quanto pare è più impaziente di me.›

In tutta risposta lo fulminò con lo sguardo «No. Ti vedo impaziente è? Bene, allora arriverò subito al nocciolo della questione.»

Incrociò le dita sulla sua bella scrivania per poi far ricadere il suo sguardo su di me.

«Verrai trasferito.»

La gola mi si seccò.

Christian «Come?!»

«Non lo voglio più tenere quì.»

«Sai che si trova quì perchè con tutti i crimini commessi se fosse stato messo in qualche altro carcere lo avrebbero condannato praticamente a morte!?» Ah perchè quì non è così devo dire...› -pensai senza proferire parola.-

Senza essersi degnato di dargli una risposta cambiò discorso «Oltre a questo... Quante volte vi devo dire che non dovete attirare l'attenzione su di voi?!» ecco che ci eravamo arrivati!

'Sta volta decisi di prendere parola.

«Dopo tutto questo tempo che non ci vediamo inizi già ad urlare senza neanche salutarmi?»

Il suo sguardo freddo ricadde prontamente su di me. ‹Ops.› -me la risi.-

«Come scusa?»

Sembrava rabbia quella nella sua voce?

L'unico che riusciva a scatenare quei suoi sentimenti repressi ero io, ci ero sempre riuscito, e ci godevo sopra da morire.

Mi misi più comodo.

Parlai «Sei proprio un uomo di merda, lo sai?»

Mi arrivò un colpo dritto allo stomaco, mi piegai in due.

Christian «Fe–..» «Zitto.» tuonò.

«Che bravi che sono i tuoi cagnolini...» dissi con un fil di voce.

Udiì un passo, mi aspettai il secondo colpo.

Egli «Aspettate fuori.»

Senza dire né se né ma fecero come gli era stato detto.

«Addestrati alla perfezione.» feci un riferimento alla frase che avevo detto il minuto precedente.

Si alzò dalla sedia rimanendo in piedi.

«Dovreste solamente ringraziarmi entrambi se vi trovate quì.» poi puntò esclusivamente me «Soprattutto tu!» ‹Io devo ringraziarlo?!›

Prima che potessi rispondergli per mandarlo al diavolo parlò Christian al posto mio «Ringraziarti...?»

«Sì, ringraziarmi.» restò della sua idea.

Christian gli si avvicinò, la sua espressione era un misto d'emozioni contrastanti «E per cosa?! Per essere in questa situazione di m–..» lo interruppe «Sì e non dovresti avere di che lamentarti!»Che coraggio, pensa di essere un paladino anziché il direttore di un carcere.› «Cresci ragazzino.»

«Tśh.»

Dopo si rivolse a me «Tu invece sei solo un fallimento, in tutti questi anni non hai fatto altro che peggiorare!»

Feci una smorfia divertita «Eeecco perchè mi hai fatto chiamare, non sapevi più con chi sfogarti!» lo presi in giro.

Christian alzò un braccio verso di me per fermarmi e gli chiese poi «Mi dici a cosa serve tutto questo?!»

«Serve a fargli capire ciò che è.» ‹Uff, ancora?› -mi chiesi annoiato.-

Commentai poi «Dimmi qualcosa che non so.»

«Più che dirti che sei uno stramaledetto danno per la società odierna–..» «Detto da te non me ne può altamente fregare.» gli feci sapere dopo averlo interrotto.

«No? Perfetto.»

Con le mani dietro la schiena cominciò a camminare per la stanza.

Che diavolo sta facendo?› -mi chiesi.-

«Allora...»

Continuò a girarmi in torno. Cercava di farmi innervosire? Perchè se era così, ci stava riuscendo benissimo.

«Non ti dirò ciò che disse la tua adorata madre.»

Mi sembrò di percepire come una scossa lungo tutta la spina dorsale.

Appena feci per alzarmi mi sentiì tirare per le spalle. ‹I suoi due cani da guardia sono tornati a quanto pare.› -e probabilmente erano già stati preparati all'evento.-

Christian «Cosa stai dicendo?» si rivolse a lui.

Il mio campo visivo venne oscurato dalla sua visuale. Quanto odiavo quando si metteva a guardarmi dall'altro verso il basso, soprattutto quando io non potevo fare nulla, a parte osservarlo.

«Lei ha sempre detto la stessa cosa, sai?»

Mi misi ad urlare «Che cazzo stai blaterando?!»

Mi si avvicinò al viso ‹Se non si allontana gli spacco la bandibola con una testata.› e mi disse «Ho saputo che negli ultimi tempi non ha fatto altro che odiarti a morte e oltre a questo, a quanto pare, avrebbe preferito che tu non fossi mai–..»

Christian iniziò a strattonarlo per la giacca dopo essergli andato contro!

«Devi chiudere quella bocca!»

I due uomini dietro di me gli andarono adosso per toglierglielo dalle grinfie!

Venni mollato.

Avrebbe preferito che non fossi mai nato.›

Le voci attorno a me divennero un suono ovattato. Mi persi per un attimo nel vuoto più totale, spegnendomi. Era come se qualcuno avesse schiacciato il tasto off.

Le sue parole continuarono a rimbombarmi nella mente senza lasciarmi via di fuga.

No, non è possibile. Mente.›

D'improvviso il mio sguardo calò su di lui, insieme alla mia ira.

Christian «Sei un bastardo!»

Continuò ad insultarlo mentre veniva tenuto da entrambe le guardie. Mentre riacquistavo l'udito le immagini mi sembrò di vederle ancora a rallentatore. Lui che urlava, che si divoncolava, ma che non riusciva a libersi di loro. Ci rividi me stesso. Potevo vedere la sua rabbia fuoriscire da ogni poro. Avrebbe voluto davvero andargli addosso ma continuava a venirgli impedito. Non faceva altro che gridare parole su parole e frasi su frasi colme d'odio, ma si sarebbe disperso tutto nel vento, come sempre.

«Sei un fottuto bastar–..»

*sciaff*

Gli tirò un sonoro schiaffo.

Senza neanche sapere come mi ritrovai già con le mani attorno al suo collo.

«Aron!»

Udiì solo il mio nome venire urlato, poi nient'altro.

Sembrava che ci trovassimo soltanto noi due in questa stanza.

I miei occhi nei suoi, i suoi occhi nei miei. Senza distrazioni alcune.

Non udivo niente, non percepivo nulla di ciò da cui ero attorniato. Ero troppo impegnato a volermi godere questo momento fino all'ultimo istante. Momento, in cui lui avrebbe esalato il suo ultimo respiro.

Sembravo trovarmi in un mondo tutto mio, dove nessuno a parte me sarebbe potuto accedervi. Parve quasi che non mi stessero tirando per le spalle, o che mi stessero cercando di tirare via tentando di evitare che non gli spezzassi il collo durante l'atto. Erano perfettamente a conoscenza che non avrei mollato la presa neanche se mi avessero tranciato uno dei due arti. Anzi, probabilmente se fosse stato così non avrei fatto altro che stringere più forte.

Non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare.› -lo pensai talmente intensamente che mi parve di dirlo ad alta voce.-

Avevi promesso che non avresti più ucciso.›

...FLASHBACK...

«Perchè l'hai fatto?!» continua ad urlarmi contro.

Sposto il mio sguardo su di lei, ho la vista ancora annebbiata.

Le sue parole mi colpiscono ma non mi arrivano. Ormai niente mi arriva più.

Non riesco più a sentire i sensi di colpa per ciò che faccio. Ma sopratutto, la cosa più spaventosa, è che non lo capisco. È come se avessi l'anima ancorata a qualcosa di oscuro.

«Mi ascolti quando ti parlo?!»

Mi ha rotto il cazzo.› -penso.-

Io «Devi lasciarmi stare!»

Prendo un bicchiere e lo spacco contro il mobile e quest'ultimo mi taglia le dita. Gocce rosse cadono sul pavimento.

...FINE FLASHBACK...

Riuscirono a tirarmi via!

Mi buttarono a terra, percepiì un dolore atroce alla testa. L'avevo sbattuta?

Non vidi altro che un sacco di figure sfocate passarmi davanti agli occhi ed andare di quà e di là. I suoni, i colori, le voci, tutto tornò quasi alla normalità.

Mi sembrò di rialzarmi dal pavimento ma non fu più che una questione di qualche attimo.

Notai un uomo che teneva in mano qualcosa. Riconobbi subito cosa fosse. Mi divincolai, cercai di non farmela mettere. Non ero un paziente di un ospedale psichiatrico!

Ma non ebbi scampo. Io, non avevo mai avuto scampo.

Mi arrivò come uno scossone che mi passò per tutto il corpo, e poi, tanti altri. Quegli aggeggi facevano un male atroce.

Tutto cominciò a rallentare, mi sembrò di cadere a terra. Iniziai a non vedere e a non sentire più nulla.

Feci semplicemente ritorno nel buio, il luogo a cui ero più abituato.

Apro gli occhi.

‹Dove mi trovo?› -mi chiedo.-

Richiudo subito le palpebre, sono rimasto accecato! Mi metto una mano davanti al viso. Questo calore che percepisco sulla pelle è il sole?

Riapro gli occhi, li sbatto per abituarmi alla luce. Dopo aver tolto la mano da davanti alla faccia mi ritrovo ad osservare una vasta distesa color del mare. Decido di alzarmi e di mettermi seduto.

Finisco per toccare l'erba con le dita.

Respiro quest'aria pura.

Profuma così tanto di libertà.

«Non mi sembra vero, com'è possibile?» dico ad alta voce.

Non mi trovo più in carcere.

Riapriì gli occhi di scatto, una luce mi accecò.

Quindi non è stato un sogno.› -pensai.-

Mi tirai su a sedere.

La testa mi doleva da morire, girava tutto. Non mi sarei dovuto muovere così in fretta.

Feci per mettermi una mano sulla testa, ma mi fu impedito.

Ero talmente intontito che non riuscivo ancora bene a capire in quale situazione mi trovassi realmente.

Come se fossi bloccato fra realtà e fantasia.

Trascorse qualche minuto.

Devo solo aprire gli occhi, alzarmi e andarmene da quì.› -mi dissi.-

Appena riusciì a riacquistare la maggior parte dei miei sensi capiì il perchè del mio impedimento, la causa era la camicia di forza che avevo indosso.

-Potei ben capire dove mi trovassi in realtà- ‹L'isolamento.›

Non ero proprio scappato da nessuna parte.

«Aron!»

Christian venne verso di me.

«Ti sei svegliato finalmente.» mi disse.

Non gli risposi, me ne rimasi in silenzio.

Mi sedetti meglio. La schiena già mi doleva! Queste stupide celle non avevano né un letto né una finestra. L'unica cosa confortevole di cui erano munite era la pavimentazione rivestita in gomma. Erano stanze nulle, che non sapevano di niente.

Christian «Hai idea ora di quanto ti faranno stare quì?» ‹Già non sopporto più la sua voce.›

«Sono resistito un mese, quin–..» m'interruppe «Questa volta è un po' diverso.»

«Come se non lo sapessi.» replicai.

Si sedette di fianco a me.

Ma sta bene?› -mi chiesi stupidamente visto il suo comportamento insolito.-

Non fece altro che restare a guardarmi.

Lui «Perchè lo hai fatto?»

Non ero proprio dell'umore per fare del sarcasmo, così gli risposi «Perchè soltanto io posso metterti le mani addosso.»Stai per arrossire?› -ma che diamine diceva questa adesso?!- sbuffai.

Christian scoppiò a ridere di cuore «Wow!» commentò poi.

«E poi lo sai come la penso.» aggiunsi poi rovinando l'atmosfera.

Christian roteò gli occhi «Sì, "io non so difendermi".» virgolettò.

Annuii «Esattamente.»

Tornò serio «Hai idea di quanto tempo ti terranno quì questa volta?» fece una pausa ma io non gli risposi «Probabilmente quel che basta da farti andare completamente fuori di testa!»Oh, ma io sono già un fottuto pazzo Chri. Che è, non lo sai?› -dissi, ma lo feci rimanere solo un pensiero.-

Io parlai «Non dovresti farmi da balia.»

Fece una faccia contrariata «Ooooh, tu invece puoi farlo e metterti nei guai a causa mia invece?!»

«La mia situazione è ben diversa dalla tua.» gli ricordai.

«Ma–..» stette per dire, ma poi decise di fermarsi.

Mi sorse una domanda in mente, così decisi di porgergliela «E tu perchè hai reagito così invece?» ero proprio curioso.

Fu solo un attimo, ma i suoi occhi che si distolsero dai miei li notai «Perchè è impossibile che sia così.»Lo so che mi stai mentendo.› «E perchè non è giusto.» si alzò dal pavimento.

«Non ostinarti a difendermi. Perchè non ne ho bisogno.» gli dissi volendo essere chiaro.

Mi guardò senza dire più niente.

Aprì la porta, prima di andar via si girò un'ultima volta dicendo qualcosa.

Pensa che non lo abbia sentito...› -parlai tra mé e mé.-

Sorrisi appena.

Mi posizionai meglio contro al muro e chiusi gli occhi per potermi riposare.

«Anche io voglio proteggerti, pur se a modo mio...»