19 maggio 1536
Mi sveglio. Apro gli occhi e la luce del sole quasi mi acceca, cosi mi copro gli occhi e mi alzo dal letto. Vado verso la finestra e posso vedere che fuori è una bella giornata, con un sole caldo che illumina e un cielo limpido. Potrei anche sorridere davanti a questa visione, se fosse un giorno come altri e io una donna come le altre. Ma nessuna delle due eventualità è reale, poiché oggi non è un giorno come gli altri e io non sono una donna come le altre. Io sono Anna Bolena, figlia di Thomas Bolena, conte del Wiltshire, un tempo anche marchesa di Pembroke e Regina d'Inghilterra e Irlanda, e oggi è il mio ultimo giorno in questa terra, poiché dopo questa mattina io sarò già tornata dal signore onnipotente.
Le mie dame mi preparano i vestiti per l'ultima volta, accompagnando i loro movimenti con dei pianti silenziosi. Nel mentre io mi penso, e alla mente mi tornano subito i ricordi di quando arrivai alla corte d'Inghilterra. Arrivai alla corte inglese per sposare un mio cugino irlandese, molto più vecchio di me ma cortigiano del re. Il matrimonio però non fu mai celebrato, poiché mio padre lo annullò. Venni introdotta al re in occasione di un masque in onore del re. Lì incontrai il mio primo amore, Henry Percy. Aveva tutto quello che cercavo in un uomo. Era ricco, potente e molto gentile sia con me che con la servitù. Ci frequentammo in segreto, poiché il mio rango non era abbastanza elevato per poter frequentare ufficialmente un uomo come lui. Purtroppo il nostro legame venne forzatamente spezzato, e così io persi il mio primo amore.
Successivamente fui corteggiata dal re in persona, re Enrico. Iniziò a mandarmi regali, a scrivermi lettere e mi offri persino la posizione di favorita. Ma non potevo accettare, poiché la mia posizione a corte sarebbe stata precaria fino a che lui fosse rimasto sposato, e la mia reputazione ne sarebbe uscita irrimediabilmente lesa. Proprio come accadde a mia sorella Maria, che per un po' di tempo era stata l'amante del re di Francia, Francesco. Al suo ritorno la sua reputazione da sgualdrina del re la precedette, e venne additata da tutti come "la grande prostituta". Inoltre, il re era ancora sposato con Caterina d'Aragona, figlia di Ferdinando sovrano d'Aragona e Isabella sovrana di Castiglia, i più grandi monarchi europei. la regina però era oramai in età avanzata e non era più in grado di dare un erede al re, poiché il loro unico discendente era una femmina. Dissi perciò al re che non sarei diventata sua a meno che lui non mi avesse fatto regina, così che la mia reputazione a corte non fosse lesa.
Inizialmente chiese al papa di rendere nullo il matrimonio tra lui e Caterina, ma quando il papa rifiutò la sua richiesta, Enrico separò la chiesa d'Inghilterra dal dominio del Papa e si proclamo capo supremo della chiesa d'Inghilterra. Per quel che mi riguarda, fui io a spingerlo a prendere questa decisione. Da tempo il clero si era approfittato della buona fede dei suoi fedeli per aumentare il suo potere, quindi con questo gesto l'Inghilterra era sotto la guida non del clero, ma direttamente del proprio monarca.
Così, le nozze tra me ed Enrico si celebrarono, ed io divenni regina consorte d'Inghilterra e Irlanda. Dalla nostra unione però non nacque il tanto sperato erede, ma una bambina dai capelli rossi, che chiamai Elisabetta. Questa nascita aveva profondamente deluso il re, che sperava di avere da me il tanto sperato erede, così io iniziai a cadere in disgrazia ai suoi occhi. Fui incinta altre due volte, ma sfortunatamente persi subito i miei figli, e ciò non fece altro che allontanarmi dal re, che nel frattempo si era già invaghito di una mia dama, Jane Semyour. Mi fece in seguito accusare di vari crimini, tra cui l'adulterio, l'incesto e la stregoneria. Io non fui mai infedele a sua maestà, e mai avrei praticato peccati così gravi come l'incesto, crimine che mi avrebbe allontanata da Dio e mi avrebbe condannata all'inferno. Provai a difendermi, ma fu tutto inutile. Fui giudicata colpevole, e rinchiusa nella torre di Londra, in attesa della mia esecuzione.
"mia signora" mi dice una dama, destandomi dai miei pensieri. Mi preparo, nel silenzio più solenne, e aspetto. Poco dopo, una guardia entra nella mia stanza. "sua maestà, è giunto il momento" dice con tono apatico, mentre le mie dame si sistemano brevemente. Due guardie mi scortano fuori dalla torre, e finalmente sento di nuovo il calore del sole, dopo mesi rinchiusa in quella torre. Mi incammino verso quello che sarà il luogo della mia esecuzione. Mentre cammino, guardo brevemente il paesaggio intorno a me, cercando di imprimere nella memoria tutto ciò che i miei occhi riescono a scorgere. Le case, le mura, i sassolini per strada, gli uccellini sugli alberi. Dopo questa mattina, tutto questo sarà scomparso ai miei occhi.
Arriviamo al luogo, e vedo che davanti al ceppo vi sono presenti numerosi uomini, pronti per assistere all'esecuzione "della strega che ha sedotto e maledetto il re", come dicevano ai tempi della mia incoronazione. Raggiungo il boia, e subito lui si inchina. "La prego di perdonarmi, sua maestà" dice, e io annuisco con la testa. Dopo di che mi rivolgo al pubblico e inizio a parlare.
"Buon popolo cristiano" esordisco "sono venuta qui a morire secondo la legge, poiché dalla legge sono stata condannata a morte, e quindi non mi opporrò. Non sono qui per accusare alcuno, né per dire niente a riguardo delle accuse e della condanna a morte, ma per pregare Dio affinché salvi il re e gli consenta di regnare a lungo su di voi, perché mai vi fu un principe più dolce e misericordioso di lui" e nel mio cuore penso veramente quello che dico, perché io amo e amerò sempre quel re che mi ha conquistata e ha amata, sebbene per pochi attimi. continuo "e con me egli è sempre stato un sovrano buono e gentile. E se qualcuno interverrà nella mia causa, io gli chiedo di giudicare al meglio E così prendo congedo dal mondo e da tutti voi, e desidero vivamente che tutti voi preghiate per me. O Signore, abbi pietà di me, a Dio raccomando la mia anima" e mi metto in ginocchio.
il boia mi benda, e poco dopo sento delle esclamazioni dalla folla, ma non riesco a capire il motivo. Sento il boia dire "ragazzo, portami la spada" e mi volto verso la sua voce. La mia vita mi passa davanti agli occhi un ultima volta, poi il nulla mi pervade. Così cessa la mia esistenza. A questo punto ho solo una preghiera: ti prego, Signore onnipotente, tu che tutto senti e tutto vedi, fa che possa rincontrare mio fratello nel tuo regno, e godere insieme a lui della tua infinita bontà, così che io possa davvero essere la più felice